Tutti contro la Germania, che con il mantra dell’austerità a oltranza sta dissanguando l’Europa
Quando il 7 novembre scorso la Bce presieduta da Mario Draghi ha tagliato il costo del denaro in Europa, abbassando il tasso di riferimento dallo 0,50 allo 0,25 per cento, alte grida si sono levate da tutta la Germania. Il banchiere italiano è stato accusato di favoritismo verso i suoi connazionali e gli altri euromediterranei a danno dei tedeschi. «Draghi ha abusato del sistema dell’euro fornendo denaro a buon mercato ai paesi dell’Europa meridionale, di quel genere che non avrebbe potuto reperire sul mercato», ha dichiarato Hans-Werner Sinn, uno dei più importanti economisti tedeschi, al Bild, il più diffuso quotidiano popolare del paese. Invece il settimanale finanziario Wirtscahftswoche ha definito la decisione della Bce «Un diktat da una nuova Banca d’Italia con base a Francoforte».
Meno di tre settimane dopo, le trattative per un governo di larghe intese a Berlino che duravano da oltre due mesi si sono concluse, e fra i provvedimenti concordati dai tre partiti che sosterranno l’esecutivo (Cdu, Csu e Spd) ce n’è uno che dimostra il profondo spirito europeista dei politici tedeschi e quanto poco essi si lascino condizionare dal favoritismo per i loro connazionali a danno di altri europei. Per coprire i costi dell’introduzione del salario minimo nazionale a 8,50 euro all’ora e dei 20 miliardi di investimenti infrastrutturali che saranno effettuati nel corso della legislatura, la Germania introdurrà una novità assoluta: il pedaggio autostradale. Che però non pagheranno tutti, ma solo i veicoli immatricolati all’estero.
Contro una simile politica discriminatoria interverrà l’Unione Europea con le sue procedure d’infrazione, hanno commentato molti. Beh, dipende da quanto saranno furbi i legislatori tedeschi. Un escamotage per imporre il balzello aggirando i regolamenti dell’Unione glielo ha suggerito il commissario europeo ai Trasporti in persona, Siim Kallas: si dovrebbe far pagare il pedaggio a tutti, poi in altra sede gli automobilisti e camionisti tedeschi potrebbero essere indennizzati con sconti sulla tassa di circolazione e altre cose del genere.
Kallas è finlandese, cioè originario di uno dei tre paesi strettamente alleati della Germania su tutte le questioni economico-finanziarie relative alla Ue. Per chi non ce l’avesse presente, i quattro cavalieri dell’Apocalisse dell’euro si chiamano Germania, Austria, Olanda e Finlandia. Che fare pagare il pedaggio agli autocarri italiani e francesi che trasportano merci in Germania ma non a quelli tedeschi sia una forma di concorrenza sleale, che equivalga a una reintroduzione dei dazi commerciali (la politica più antieuropeista che si possa immaginare), non passa per la testa né di Kallas, né dei critici teutonici che fanno le pulci alla Bce.
I tedeschi accusati di xenofobia autostradale faranno marcia indietro? È più facile che si mettano a bere più vino che birra. Prima e dopo le polemiche sul taglio deciso dalla Bce le politiche economiche di Berlino sono state il bersaglio delle critiche di mezzo mondo. Contro il surplus commerciale tedesco (che ha superato quello cinese!) non bilanciato da stimoli della domanda interna che accrescessero l’import hanno lanciato i loro strali non politici italiani populisti di destra o di sinistra, ma, nell’ordine: il ministero del Tesoro degli Stati Uniti, il Fondo monetario internazionale (Fmi) e il presidente della Commissione Europea Joao Manuel Barroso. Risultato: alzate di spalle e critiche rispedite ai mittenti.
«La Germania ha mantenuto un ampio surplus della bilancia commerciale attraverso tutta la crisi finanziaria dell’area dell’euro», hanno scritto gli americani in un rapporto semestrale. «L’anemico ritmo di crescita della domanda interna tedesca e la sua dipendenza dall’export hanno ostacolato il riequilibrio in un momento in cui molti altri paesi dell’eurozona si sono trovati sotto una forte pressione di ridurre la domanda e comprimere l’import al fine di promuovere l’aggiustamento». La crescita tedesca «continua a basarsi su un export superiore all’import e questo ritarda il processo di aggiustamento esterno dell’area dell’euro. Il risultato è stato una propensione deflazionistica per l’area dell’euro così come per l’economia mondiale». Deflazione vuol dire diminuzione dei prezzi causata dal crollo della domanda. Senza una domanda sostenuta il Pil non cresce, il gettito fiscale diminuisce e nei paesi indebitati il rapporto debito/Pil si degrada. Deflazione vuol dire che Spagna, Italia, Portogallo, Grecia e Irlanda andranno sempre peggio anziché sempre meglio.
Le indagini della Commissione
Due-tre giorni dopo l’Fmi ha dato ragione al Tesoro americano. Il vicedirettore David Lipton ha invitato la Merkel a ridurre il surplus della bilancia commerciale (188 miliardi di euro) per aiutare i partner dell’euro a ridurre i loro deficit. Il 13 novembre è stata la volta della Commissione Europea, che ha avuto l’ardire di annunciare un’indagine sul surplus di export tedesco, che potrebbe essere in violazione di norme comunitarie. Il surplus commerciale tedesco è stabilmente superiore al 6 per cento del suo Pil dal 2007.
In base a una norma varata nel 2011, la Commissione Europea ha il compito di controllare che i paesi membri non sviluppino squilibri economici destinati a creare problemi ai paesi membri. Fra gli indicatori da sorvegliare c’è il deficit di bilancio, che non deve essere superiore al 4 per cento, ma anche il surplus commerciale, se è persistentemente superiore al 6 per cento del Pil. «Dobbiamo esaminare ulteriormente e capire se un alto surplus in Germania è qualcosa che inficia il funzionamento dell’economia europea nel suo insieme», ha dichiarato pubblicamente Barroso.
Invece che scusarsi, i tedeschi hanno attaccato. Tanto che la decisione della Bce di ridurre il costo del denaro è stata presa a maggioranza, col voto contrario dei due rappresentanti tedeschi (uno dei quali è il capo della Bundesbank Jens Weidmann) e dei presidenti delle banche centrali di Austria e Olanda. Secondo loro il provvedimento è stato precipitoso, danneggia i risparmiatori tedeschi che incassano interessi sempre più smilzi e comporta il rischio di bolle finanziarie o edilizie in Germania. Delle tre critiche, l’unica sensata è l’ultima, ma è anche quella che dà meglio l’idea dell’egoismo teutonico: in un’unione monetaria di 17 paesi con politiche fiscali e tassi di inflazione diversi, è ovvio che la politica della Bce favorisce alcuni e penalizza altri.
Quel che Berlino lamenta oggi, è quel che irlandesi e spagnoli lamentavano prima del 2007. Ma allora i tedeschi non fecero certo pressioni per far rialzare i tassi d’interesse della Bce ed evitare le bolle edilizie che poi sono scoppiate in Spagna e Irlanda: ai tedeschi i tassi di Trichet stavano bene. Ora è il loro turno di fare fronte a politiche della Bce finalizzate a stimolare la crescita nei paesi dell’euro in difficoltà ma che potrebbero avere controindicazioni per la Germania. Ben più attrezzata di Spagna e Irlanda, sia detto per inciso, per evitare il formarsi delle bolle.
La seconda critica è ridicola: se gli interessi che i risparmiatori tedeschi incassano sono esigui, la colpa non è certo dei tagli di Draghi, ma del fatto che la Germania si è trasformata nel rifugio europeo dove i capitali sono al sicuro dalle tempeste del resto dell’eurozona. Tutti vogliono comprare titoli del debito tedesco, che di conseguenza dà interessi sempre più bassi. Se gli interessi sui bund decennali tedeschi stanno all’1,8 per cento (quelli italiani sono poco sopra il 4 per cento), la colpa non è certo di Draghi.
La prima critica è imprudente: più la Bce ritarda nel fare le cose di ordinaria amministrazione, come il taglio dei tassi, e più rischia di dover ricorrere alle misure non convenzionali; se i tassi fossero stati tagliati già nel 2010, oggi tutti in Europa starebbero meglio.
L’acquisto dei titoli di Stato
Le obiezioni austro-tedesco-olandesi scoloriscono di fronte ad alcuni dati obiettivi: l’inflazione media europea nel mese di ottobre è scesa allo 0,7 per cento, un tasso che muove in direzione della deflazione e che non offre nessuna speranza di ripresa alle economie indebitate del Sud Europa; la Bce d’altra parte per statuto è tenuta a perseguire con la sua politica monetaria un’inflazione “inferiore ma prossima al 2 per cento”. Con l’inflazione allo 0,7 per cento, la Bce ha non il diritto, ma il dovere statutario di intervenire. Su questi dati Weidmann e soci sorvolano.
D’altra parte i membri tedeschi del board della Bce erano contrari anche quando nell’agosto 2012 Draghi istituì le Outright Monetary Transactions (Omt), cioè l’acquisto diretto da parte della Bce di titoli di Stato a breve termine emessi da paesi in difficoltà macroeconomica grave e conclamata. Weidmann votò contro anche quella volta. Le Omt non sono mai state effettuate nella realtà, ma il loro semplice annuncio ha fatto di più per restringere gli spread fra i titoli di Stato del Sud Europa e quelli della Germania di quanto non abbiano fatto le sanguinose politiche di austerità sponsorizzate dalla Merkel e da Weidmann. Fosse stato per loro, milioni di italiani, spagnoli e greci adesso vivrebbero sotto i ponti.
Di fronte a questo panorama, i populisti alla Le Pen e alla Grillo propongono: usciamo dall’euro. Errore: la pagheremmo carissima; la vera soluzione è che siano i tedeschi e i loro scudieri a uscire dall’euro, creando una valuta più forte che automaticamente cederebbe quote di mercato dell’export internazionale ai paesi rimasti nell’euro. Non resta che fare il tifo per la Bce e per la Corte costituzionale tedesca.
La prima ha fatto sapere, attraverso un’intervista rilasciata dal suo economista capo Peter Praet al Wall Street Journal, che per difendere l’euro è pronta al “quantitative easing”, cioè all’acquisto di debito pubblico e privato e titoli di banche europee in gran quantità. Per il tardo autunno è prevista la pronuncia della Corte costituzionale tedesca sulle Omt, che hanno causato 35 mila ricorsi in Germania. In un caso come nell’altro, le decisioni potrebbero precipitare l’uscita tedesca dall’euro. Non sarebbe affatto un male.
Articoli correlati
15 commenti
I commenti sono chiusi.
I commenti sono aperti solo per gli utenti registrati. Abbonati subito per commentare!
Cari ragazzi, pro Germania o contro, prima usciamo noi Italiani dall’eurozona e meglio è, avremo dei problemi ma rimanere nell’eurozona senza ormai sovranità monetaria , sovranità politica e legislativa significa andare sicuramente verso il baratro.Ciascuno è libero di essere favorevole all’eurozona e al sistema imposto dalla troika, ma i toni apocalittici per un’eventuale di uscita dall’euro lasciamoli perdere, convincono sempre di meno, mentre è sempre più chiaro che ci siamo imbarcati in un’avventura scellerata assai vantaggiosa per alcuni ma devastante per la maggioranza, in tanti preferiamo tornare indietro.
Ps: Il sottoscritto era a suo tempo un’euroentusiasta.
Certo, ogni governo cerca giustamente di fare l’interesse del proprio paese anche in ambito comunitario.
Ma noi siamo sempre in cerca di un appiglio per non affogare e ce la prendiamo con gli altri che non ci lanciano ogni volta il salvagente.
Ma quando ci decideremo ad imparare a stare a galla? Senza aspettarci più nulla dalla classe politica.
“Quanto più gravi sono i problemi, tanto maggiore è il numero di inetti che la democrazia chiama a risolverli” G. D’avila
L’uscita della germania dall’euro?
Ma dico io per scrivere un articolo di approfondimento su temi economici non è più richiesto neanche un minimo di compentenza in materia?
Guardi che se ne parla in giro per l’Europa da più di due anni. Si legga il blog di finanza di Ambrose Evans Pritchard sul Daily Telegraph.
so che se ne parla sign. casadei, la notizia non mi è nuova e proprio per questo mi stupivo di come ci si possa augurare un’uscita dall’euro della germania.
Come lei saprà in un’unione monetaria come questa è necessario che la probabilità percepita dagli investitori dell’uscita di uno degli stati membri sia prossima allo zero, perchè loro ci speculano su queste possibilità.
Il terrore che la grecia potesse uscire ed il dissanguamento per evitarlo, Draghi stesso che appena un anno fa rimarca che “l’euro è un processo irreversibile” sono tutte azione volte a fare capire che è inutile scommettere su questo: siamo disposti a tutto purchè non accada.
E parlavamo della grecia, non della germania.
Se la germania esce dall’euro vuol dire che possono farlo tutte. Perchè non l’italia il giorno dopo, o la spagna, il portogallo… le stesse persone/istituzioni che dovrebbero garantire l’unità dell’euro potrebbero non essere al loro posto domani: non avrebbero più credibilità.
L’euro non sarebbe più un processo irreversibile, si potrebbe scommettere sull’uscita dei rimanenti stati membri e guadagnarci con buona probabilità una barca di soldi in breve tempo. E più sono a scommettere, più è alta la probabilità che l’evento si verifichi.
Probabilmente scommetterei contro io stesso a quel punto, dato che il mio stato sarebbe alle soglie del fallimento tanto varrebbe prendere quel che si può e metterlo al sicuro da qualche parte.
Le probabili conseguenze di un’uscita della germania dall’euro sarebbe le stesse di un’uscita dall’italia dall’euro: perchè augurarselo?
“Le probabili conseguenze di un’uscita della germania dall’euro sarebbe le stesse di un’uscita dall’italia dall’euro”. Nemmeno per sogno. Un’uscita verso l’alto della Germania e dei suoi tre scudieri dall’euro diminuirebbe automaticamente il vantaggio competitivo della Germania e migliorerebbe automaticamente il nostro. Aumenteremmo le nostre esportazioni verso la Germania e verso gli Stati Uniti immediatamente, senza massacrare ulteriormente i salari e le prestazioni sociali. Dentro l’euro c’è un disallineamento valutario tale per cui l’euro in Germania è sottovalutato del 20 per cento e in Italia sopravvalutato del 20 per cento. Non recupereremo mai un tale divario, qualunque governo che tenterà di farlo con la svalutazione interna finirà gambe all’aria. E intanto il disallineamento favorisce indebitamente le esportazioni tedesche.
si… questo senza occuparsi di tutto quanto ho scritto prima di quello che lei cita nel virgolettato.
Gli scenari di questo tipo non sono deterministici, ci sono plurime possibilità ognuna con una probabilità da valutare.
Io le dico che con la germania fuori, prima di arrivare a parlare di vantaggi competitivi ed esportazioni si devono tirare altri dadi, e molte facce d questi dadi -troppe- danno come risultato che l’euro non esiste più, siamo fuori anche noi e si verifica quello che lei riassume con “la pagheremmo carissima”.
Lei sarebbe disposto a correre un rischio del, diciamo, 30% di finire in default per ottenere vantaggi competitivi?
Io non me lo augurerei, magari perchè non ho il gusto del rischio.
Correre il rischio? Se l’alternativa è morire soffocati, come sta succedendo, sì. Il rischio del default è altissimo se usciamo noi dall’euro, molto più modesto se escono loro. L’uscita della Germania dall’euro non è la meno cattiva delle soluzioni solo in un caso: che la Germania accetti di mutualizzare il debito di tutti i paesi dell’euro. Una vera unione fiscale e bancaria sarebbe la soluzione meno rischiosa in termini economico-finanziari. Ma non sembra proprio che i tedeschi siano disponibili a questo. Perciò dico che l’unica soluzione resta la loro uscita. E’ il più grande degli speculatori, ma non vedo come si possa contraddire l’asserzione di George Soros: “O la Germania accetta gli eurobond, o esce dall’euro”.
L’alternativa è la politica.
La politica ha il dovere di trovare le strade riformiste che ci permettano di non dover mai correre quei rischi “modesti”.
Giusto una persona interessata (e senza scrupoli) come soros ci può raccontare che una situazione cosi assurdamente complessa abbia solo due possibili soluzioni.
Lui è il primo tra quelli che andrebbero a scommettere contro l’unione a quel punto (ricorda cosa fece con la sterlina?).
Grandi coalizioni di partiti europei che condividano una visione comune sul futuro dell’europa, questo ci si deve augurare. Quale visione poi dipende dalle proprie opinioni politiche.
E’ questo che mi auguro quando voto e quando penso al futuro, non che tutto sia deciso dall’azione di un altro paese le cui conseguenze ci sfuggirebbero dalla mani, mani che a quel punto potremmo usare solo per incrociare le dita.
Sono d’accordo con Lei , Prof. serve il ritorno della politica, ma servono formazioni e schieramenti politici nuovi che rappresentino realmente i loro elettori.Le attuali forze politiche nazionali ed europee (popolari, socialisti, liberali,ultrasinistra,ecc) hanno dimostrato la loro quasi assoluta sudditanza nei confronti del potere finanziario, quindi….
“Un’uscita verso l’alto della Germania e dei suoi tre scudieri dall’euro diminuirebbe automaticamente il vantaggio competitivo della Germania e migliorerebbe automaticamente il nostro.”
Ammesso e non concesso che, una volta svalutato del 20% l’euro “mediterraneo”, i tedeschi inizino improvvisamente a fare incetta di Fiat Multipla, resta il fatto che questo è un argomento contro, non a favore del fatto che la Germania possa decidere di uscire. Finché non converrà alla Germania, non ci sarà alcuna uscita dall’Euro. E alla Germania converrà solo se i paesi che importano prodotti tedeschi saranno messi così male da non importare più. In ogni caso pensare di risolvere il problema della competitività italiana ancora a livello puramente monetario, con quelle “svalutazioni competitive” che hanno tragicamente impedito lo sviluppo economico di questo paese (è di fatto una forma di protezionismo), facendo oggi a gara con Cina e USA, sarebbe l’ultima sigaretta prima della condanna morte definitiva.
Gentile Prof, rispetto assolutamente le idee del Prof.Draghi, ma innanzitutto nessuna unità monetaria è irreversibile, ma soprattutto un’affermazione del genere mi sa tanto di Unione sovietica o comunque di stato di fatto totalitario.Nulla è irreversibile !
…capito, ma perché dar retta a un signor nessuno come Ambrose Evans Pritchard?… maggiormente che scrive su un giornale inglese che mediamente sarà di tendenza super-massone? E quando vediamo che da noi anche i bocconiani sparano balle spaziali per fiancheggiare i poteri forti, come dico meglio qui:
http://lafilosofiadellatav.wordpress.com/2013/12/08/costi-del-non-fare-in-italia-900-miliardi-per-i-bocconiani-ma-il-problema-vero-sono-i-costi-del-fare-male/
E circa i presunti “esperti”, non ha detto nulla l’esperienza di Mario Monti alla presidenza del Consiglio?… Caro Casadei, in Italia la crisi c’era prima dell’Euro, c’è stata e c’è con l’Euro, e ci sarà anche dopo l’Euro. La crisi d’Italia è a monte della moneta unica, è antropologica.
Anzi, dirò di più: anche in Germania c’è la crisi, ed è antropologica, ma la differenza tra noi e loro è che le automobili belle che la gente vuole avere, anche se costano un sacco di quattrini, loro le sanno fare. Mentre noi abbiamo smesso di farle da un pezzo. Il nostro capitalismo, assistito dallo Stato, preferisce fare buchi in terra inutili come la TAV, piuttosto che rimboccarsi le maniche e ingegnarsi per fare automobili vendibili.
Il solito articolo populista antitedesco per coprire le proprie debolezze e pretendere che i tedeschi facciano gli interessi di italiani e greci invece dei propri. L’egoismo non è una categoria politica, tantomeno in democrazia. Naturalmente non dico che è giusto, ma è così e fare i moralisti non serve a nulla (da che pulpito, peraltro). Provate a chiedere al neosegretario leghista Salvini cosa ne pensa del fatto che sulla Salerno-Reggio Calabria, così come in tutte le autostrade italiane del meridione, non si paga il pedaggio. Scrivere che “fosse stato per loro (i tedeschi), milioni di italiani, spagnoli e greci adesso vivrebbero sotto i ponti” è una frase a effetto che starebbe perfettamente in bocca a Grillo, ma che non tiene conto del fatto che sotto i ponti noi italiani ci staremmo da quasi vent’anni, dato che l’entrata nell’Euro ci ha salvato da un default (e infatti almeno Casadei riconosce che uscire dall’Euro sarebbe una sciagura colossale). La realtà è che gli stati perseguono i propri interessi, anche gli USA che criticano la Germania sono molto interessati, perché non saprei come definire diversamente da “egoista” una politica monetaria come quella americana che droga il mercato per mantenere il dollaro debole e facilitare le esportazioni: esattamente come la Germania. Che nel paese di Buffalo Bill si dia del cornuto all’asino è esilarante, che addirittura lo facciamo noi italiani – con le esportaioni che sono attualmente la nostra ancora di salvezza – è drammatico. Qualunque quantitative easing dovrà prima o poi fare i conti con la struttura economica e sociale di un paese, con il cosiddetto “paese reale”. Altro che politiche monetarie.
Quindi Cisco che facciamo? Stiamo zitti e tiriamo avanti il carro a testa bassa come i muli finchè crolliamo ? Perchè ce lo chiede l’Europa o o ce lo chiedono i “mercati” come va di moda dire adesso?Inoltre la questione della moneta è fondamentale, nell’eurozona è in mano ad una Spa quasi del tutto privata come la Bce,assurdo!