«Troppi ciclisti bianchi, il Tour de France è razzista»

Di Mauro Zanon
25 Luglio 2023
Il giornale progressista Libération critica la Grand Boucle perché «non rappresenta la diversità della società francese». A quando la richiesta di quote?
Tour de France 2023
Da sinistra, ma Maglia Verde Jasper Philipsen, la Maglia Gialla e vincitore del Tour 2023 Jonas Vingegaard, la Maglia a Pois Giulio Ciccone e la Maglia Bianca Tadej Pogacar sul podio a Parigi (foto Ansa)

Parigi. La centodecima edizione del Tour de France, la più importante gara ciclistica del mondo, si è conclusa domenica con la passerella trionfale del danese Jonas Vingegaard, che ha schiacciato la concorrenza e bissato il successo dello scorso anno. Tutti gli articoli della stampa francese si sono concentrati sull’analisi e il commento della talentuosa performance di Vingegaard, tranne uno: in un articolo di Libération, il quotidiano della sinistra progressista francese, la Grand Boucle viene accusata di “razzismo”.

Tour de France e ciclismo in generale sono «razzisti»

«Pourquoi le peloton français est-il si blanc?», si chiede indignata Libération, ossia perché il gruppo dei corridori francesi è così bianco? «Difficile non notarlo. Nonostante il ciclismo sia uno sport sempre più globalizzato, il gruppo che attraversa valorosamente l’Esagono da tre settimane è essenzialmente bianco. Tutti i francesi lo sono», scrive scioccato il quotidiano della gauche, prima di chiedersi: «Com’è possibile che una disciplina popolare – per il numero di telespettatori (France Télévisions batte ogni record), per i tifosi sul ciglio delle strade, per l’utilizzo quotidiano della bici per piacere o per andare a lavoro – possa a tal punto non rappresentare la diversità della società francese? Perché i Nacer Bouhanni (ciclista francese di origini algerine, ndr), i Lorrenzo Manzin (corridore francese originario della Réunion, ndr) e i Kévin Réza (ciclista su strada transalpino con radici nella Guadalupa, ndr) sono così pochi?».

Libé ha interrogato alcune persone che lavorano nel settore ed è giunta alla conclusione che il Tour de France, e il ciclismo in generale, sono razzisti. «La bicicletta è culturalmente bianca», afferma con toni apodittici Jean-René Bernaudeau, dirigente sportivo ed ex ciclista su strada francese, che dal 2000 è direttore generale del team TotalEnergies. «Non ho paura di dirlo: si percepisce che il ciclismo ha voglia di restare bianco», ha aggiunto Gilbert Rousseau, presidente del club Jeunesse Cyclisme d’Orléans sull’isola di Saint-Martin, nel mar dei Caraibi. L’uomo ha la fama di scopritore di talenti. È lui che ha scovato Taky Marie-Divine Kouamé, pistard francese e campionessa del mondo su pista nel 2022 dei 500 metri a cronometro.

«Bisogna dire la verità, essere franchi: ci sono delle squadre francesi che non vogliono mettere i neri al centro della scena», accusa Rousseau. Eppure proprio nel ciclismo su strada la diversità è evidente. È così, secondo il talent scout, perché «il risultato è chiaro. Il migliore è quello che fa il miglior tempo, non è nascosto, non è soggetto a interpretazione». C’è chi è più ottimista, come Marie-Françoise Potereau, vicepresidente della Fédération française de cyclisme: «Forse è il mio carattere ottimista e savoiardo, ma la diversità ce l’abbiamo già nelle competizioni in Bmx e su pista. La strada sta intraprendendo la stessa via».

A quando le quote di diversità nel ciclismo?

Per Libération, invece, «tutte le spie sono rosse», non c’è speranza per il Tour de France: rimarrà uno sport razzista, praticato dai bianchi. La Saint-Michel-Mavic-Auber 93, squadra maschile francese di ciclismo su strada, attiva nel professionismo dal 1994, costituisce l’emanazione agonistica della società ciclistica Auber 93 ed è basata nel sobborgo parigino di Aubervilliers. Nel comune la diversità etnica è tanta, ma la «squadra è 100 per cento bianca», scrive sconsolata Libération, secondo cui non c’è una volontà da parte degli alti dirigenti di andare a cercare ciclisti che non siano bianchi.

«È incredibile. Durante i tour della Martinica, della Guadalupa, di Saint-Martin, terre dove il ciclismo è importante e amato, i giovani brillano ma non c’è nessuno per venirli a scovare», ha dichiarato a Libération Gilbert Rousseau. Di questo passo, presto, avremo persone che reclameranno le quote “diversità” nel ciclismo o che, come il sindaco verde di Lione Grégory Doucet, vorranno cambiare radicalmente il Tour de France perché “maschilista e inquinante”.

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