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Toccafondi: «Mai più passaggi kafkiani per i fondi alle paritarie. Primo passo verso una vera parità scolastica»

«A partire dal 2015 e per gli anni successivi gli istituti paritari potranno finalmente fare affidamento su di una dotazione certa». Intervista al sottosegretario all'Istruzione

Matteo Rigamonti
28/11/2014 - 3:00
Politica
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Fondi certi e in tempi brevi alle scuole paritarie. È stato approvato dalla maggioranza l’emendamento alla Legge di Stabilità 2015 che prevede di ricondurre al Miur tutto il fondo per le scuole paritarie. Pari a 472 milioni di euro l’anno. «Sottraendolo», ha precisato il primo firmatario Gian Luigi Gigli, capogruppo di Per l’Italia alla Camera, «alle necessità di pareggio di bilancio delle regioni, che avrebbero potuto destinarlo secondo altri ordini di priorità, come è già successo in passato». Oltretutto, il reintegro non avviene più solo per l’anno in corso, ma «a partire dal 2015» e anche, dunque, per gli anni 2016, 2017 e 2018. «Così gli istituti paritari potranno finalmente fare affidamento su di una dotazione certa», spiega a tempi.it il sottosegretario all’Istruzione Gabriele Toccafondi. «Una dotazione certa sia perché le scuole non correranno il rischio di ricevere i fondi ad anno scolastico già iniziato sia perché potranno programmare le spese e gli investimenti con maggiore serenità, facendo affidamento su una prospettiva pluriennale».

Sottosegretario, cos’è cambiato?
Che fino all’anno scorso parte dei fondi destinati alle scuole paritarie arrivavano soltanto verso aprile, maggio inoltrato; con questo emendamento, invece, c’è maggiore certezza sia di ricevere i fondi subito, sia di ricevere la stessa cifra di anno in anno, senza il timore che questa possa essere in alcun modo “tagliata”, ritardata la sua erogazione o possa restare imbrigliata nei vincoli del Patto di stabilità.

Come è stato possibile?
L’emendamento unifica due voci di bilancio attraverso le quali i fondi sono erogati. La prima voce era già in capo al Miur che li erogava direttamente alle scuole attraverso gli Uffici scolastici regionali; la seconda voce prevedeva, invece, passaggi kafkiani e tortuosi. I fondi, infatti, transitavano dal Miur, attraverso un decreto interministeriale, alla conferenza Stato-regioni; poi, se tutto andava bene (cioè quasi mai), serviva il via libera della Corte dei conti, e il Miur li faceva arrivare alle scuole attraverso le Regioni. Abbiamo individuato una soluzione tecnica migliore e non sarà più così.

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All’appello, però, mancano ancora 28 milioni. Perché?
È vero, mancano ancora 28 milioni a raggiungere la dotazione di 500 milioni di euro. Se vogliamo dirla tutta, anni fa, quell’importo ammontava addirittura a 530 milioni; e potrebbero dunque, mancare ancora ben più di 28 milioni all’appello. Tuttavia, reputo un buon segnale che in Parlamento si sia verificata la disponibilità, da parte della maggioranza e di parte dell’opposizione, a trovare una soluzione al problema più urgente. Faremo il possibile, ma finora non è stato possibile trovare una copertura finanziaria ai restanti 28 milioni di euro.

I presidi delle scuole paritarie sostengono che, lievitando le tasse e i costi delle utenze, ci sarebbe bisogno di ben più di 500 milioni di euro. Secondo alcuni ci vorrebbe un fondo da almeno 750 milioni. È un sogno irrealizzabile?
C’è anche chi auspica che il fondo sia raddoppiato, portandolo a una dotazione di 1 miliardo di euro, e non è detto che abbia tutti i torti. Ma per farlo occorre un lavoro. Oggi abbiamo dato risposta all’emergenza, che non è poco; da domani cominceremo a ragionare su come arrivare a una reale parità scolastica in Italia, perché questo è il vero tema di fondo.

Con le charter schools si può arrivare alla parità scolastica?
Ci sono molteplici strumenti che potrebbero essere utilizzati: per esempio, c’è il modello del voucher o “buono scuola”, che in alcune regioni d’Italia ha già dato ottimi risultati; ma si potrebbe anche pensare a detrazioni fiscali o al modello francese dove è lo Stato a farsi direttamente carico delle spesa per gli insegnanti. Nessuno ha una soluzione già pronta in tasca, ma è indubbio che di tutto ciò dobbiamo tornare a discutere. Ed è una questione, anzitutto, di carattere culturale ancor prima che normativa ed economica.

In Italia c’è ancora chi ha paura della scuola paritaria?
A chi ha un’immagine distorta della scuola paritaria ricordo sempre che tra i 13 mila istituti che esistono in Italia ci sono anche 3 mila asili comunali, che se dovessero chiudere rappresenterebbero un costo enorme per la collettività. E tra le scuole paritarie ce ne sono tantissime gestite da cooperative di genitori ed ex insegnanti. Se qualcuno non le conoscesse, telefoni pure o vada a visitarle. Vedrebbe coi suoi occhi i sacrifici che fanno per restare aperte. Sono pochissimi i “diplomifici” in Italia e se qualcuno ne dovesse trovare uno, non tema di denunciarlo alle autorità competenti.

La Corte europea ci ha appena bacchetto chiedendo l’assunzione dei precari con tre anni di supplenze. C’era da aspettarselo?
È la conferma che l’Europa a volte è miope. Vede solo alcune cose, ma non ne vede altre. L’Italia, per esempio, viene da anni in cui si è fatto pochissimo per garantire un’effettiva libertà di scelta educativa. Eppure questa libertà è uno dei pilastri sui quali si fonda l’Unione Europea.

Qualche giorno fa si è riacceso l’allarme sui cosiddetti “libretti dell’Unar”, che costringerebbero le scuole a insegnare l’ideologia gender in classe. Un’interpellanza parlamentare ha chiesto al governo di rispondere. Lei cosa dice?
Il vero tema è che nessuno può permettersi di entrare nelle scuole senza il consenso dei genitori. E non è il ministero dell’Istruzione a dirlo, ma sta scritto nella Costituzione della Repubblica italiana, che all’articolo 30 riconosce l’inviolabilità del patto educativo tra familiari e insegnanti. Se poi, l’Unar, che, vale la pena ricordarlo, è l’ufficio che si occupa di tutela nei confronti delle discriminazioni razziali, debba veder o meno aggiornato il suo mandato e i suoi compiti, di quello è bene che ne discuta l’aula del Parlamento.

@rigaz1

Tags: buono scuolaGabriele Toccafondilibertà di scelta educativamiurpatto educativoscuola pubblicaScuole Paritarie
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