Te Deum laudamus per gli appunti che hanno scosso la Cina. E la mia vita
Articolo tratto dal numero di dicembre 2020 di Tempi. Questo contenuto è riservato agli abbonati: grazie al tuo abbonamento puoi scegliere se sfogliare la versione digitale del mensile o accedere online ai singoli contenuti del numero.
Nell’autunno del 2018 sono andata in pensione. Ho cominciato a ricevere un assegno mensile, ho potuto riposarmi e stare a casa a leggere e a scrivere, coltivare i fiori, viaggiare. Sono passati 40 anni dalla riforma della Cina [di Deng Xiaoping] e la vita materiale delle persone è costantemente migliorata: sommando la pensione ai proventi delle mie pubblicazioni posso passare gli ultimi anni della mia vita in modo sereno. La vita sembrava essere proprio come me l’ero immaginata: libera e tranquilla, senza fattori di incertezza che la disturbassero. Nella bella stagione insieme ai miei amici viaggio e raccolgo materiale per i miei prossimi lavori. Tutto filava liscio come l’olio, lavoravo, ero contenta e la vita sembrava procedere senza imprevisti.
Poi, improvvisamente, è arrivata la catastrofe. Nel 2020, senza preavviso, la mia città, Wuhan, si è trovata sotto l’attacco del nuovo coronavirus. Ci siamo risvegliati nel panico e abbiamo scoperto che un virus era penetrato nelle nostre vite. E tutto è diventato sconosciuto, ogni cosa è divenuta incerta. La morte si aggirava come uno spettro per le vie della nostra città. II 23 gennaio, per contenere l’epidemia, il governo di Wuhan ha annunciato il lockdown. Io vivo in centro e insieme ad altri 9 milioni di cittadini di Wuhan mi sono ritrovata rinchiusa nella mia città.
Nulla è andato come previsto
Da quel momento la vita è divenuta incerta, come se una spada pendesse sulle nostre teste. Non sapevo se mi sarei infettata, se si sarebbe infettata mia figlia appena rientrata da un viaggio in Giappone, e se si sarebbe infettato mio fratello maggiore, che vive nella zona della città più colpita dal contagio. Soprattutto non sapevamo se saremmo stati abbandonati al nostro destino: giravano voci che per contenere la diffusione del virus Wuhan sarebbe stata separata dal resto della Cina e lasciata morire. Voci davvero spaventose. Noi ci interrogavamo a vicenda e ognuno ripensava in quali posti era stato, poi teneva il conto delle date, sapendo che ogni giorno che passava si riducevano le possibilità di essere stato infettato.
Due giorni dopo l’inizio del lockdown c’è stato il Capodanno lunare. Il primo giorno del nuovo anno, il direttore della rivista letteraria di Shanghai, Raccolto, mi ha cercato e mi ha chiesto se potevo scrivere un “resoconto del lockdown”. Wuhan in quel momento era ancora in una fase di nervosismo, guardavamo attoniti alcune famiglie venire distrutte in un attimo. Eravamo tutti come pulcini spaventati e anch’io non ero nello stato d’animo giusto per scrivere. Poi ho cambiato idea e ho pensato di prendere qualche appunto perché forse in futuro avrei potuto scrivere qualcosa. Da quel giorno, il terzo dopo il lockdown, ho iniziato a tenere nota di quello che accadeva.
Quando ho scritto sulla mia piattaforma Weibo le prime annotazioni, non sapevo assolutamente quello che sarebbe successo poi. Il mio unico progetto era segnarmi qualche appunto per scrivere un articolo in futuro, tutto qui. E poi, pensavo che la pandemia sarebbe durata una quindicina di giorni. Non potevo prevedere che il virus sarebbe stato così violento da far durare il lockdown per 76 giorni. A Wuhan nel primo periodo dell’epidemia la situazione era tragica, ogni volta che ci giungeva notizia di una nuova vittima ci riempivamo di tristezza. Perciò, annotavo le vittime tra i miei conoscenti e tra quelli dei miei amici. Prendere appunti era il mio modo di ricordarli. Ovviamente, ho anche rivolto alcune critiche al ritardo con cui il governo [ha affrontato la situazione] nei primi momenti, ho espresso le mie opinioni e ancor più ho fatto un appello affinché si assumesse le sue responsabilità. Forse è per questi contenuti che dopo circa dieci giorni la mia piattaforma Weibo è stata chiusa.
È successo proprio il giorno della morte di Li Wenliang. Nel mio cuore sono cresciute una rabbia e una indignazione senza precedenti, così ho deciso di continuare a scrivere le mie annotazioni. Ho chiesto alla mia collega scrittrice Er Xiang di prestarmi il suo profilo pubblico di Wechat e aiutarmi a pubblicare. È andata così, un giorno dopo l’altro. E un giorno, qualcuno mi ha detto che ogni sera una gran quantità di lettori leggeva i miei post. Così tanti che andavano oltre la mia immaginazione.
Stupore e preoccupazione
Poiché io pubblicavo sempre il mio resoconto dopo la mezzanotte, molta gente aspettava ad andare a dormire, riusciva a prendere sonno solo dopo aver letto i post. Altri si alzavano la mattina presto e la prima cosa che facevano era leggere i miei post. Le mie note hanno così raggiunto decine di milioni di lettori e tantissimi le condividevano, così che alla fine venivano lette da centinaia di milioni di persone. Ero sbalordita e anche preoccupata. Non lo avevo assolutamente previsto.
Un giorno, un lettore entusiasta ha raccolto i miei contributi e li ha chiamati “Il diario di Fang Fang”, nonostante il mio intento iniziale non fosse quello di scrivere un diario. Ma poiché era un resoconto giorno per giorno ho accettato questo modo di chiamarlo. Mentre l’impatto del diario diventava sempre più grande, le case editrici cinesi e internazionali mi hanno cercata per pubblicarlo. Intanto la città di Wuhan ha corretto gli errori del primo periodo nella gestione dell’epidemia: le misure prese erano sempre più adeguate, inoltre è accorso in nostro aiuto personale medico da tutto il paese e ha messo l’epidemia rapidamente sotto controllo. Nel mio diario ho raccontato il processo con cui gradualmente l’epidemia veniva riportata sotto controllo.
Quel senso di incertezza è lentamente cominciato a rientrare. Ma ancora, in modo del tutto inaspettato, le forze dell’ultrasinistra che anni fa avevano attaccato violentemente il mio romanzo Sepoltura morbida si sono riunite in gruppi e hanno iniziato ad attaccarmi crudelmente. Diffondevano dicerie su internet, Weibo e Shouqian, proclamando pubblicamente che quello che scrivevo erano tutte voci e falsità, che raccontavo solo le notizie negative, il lato oscuro della società, che non elogiavo i capi del partito, che mi opponevo al governo e così via. Nel clima politicamente corretto di oggi, questo tipo di accuse è gravissimo qui in Cina. Non avendo altra scelta, ho continuato a scrivere e a replicare alle accuse.
Gli attacchi continuano
Dopo aver scritto per 60 giorni, l’epidemia a Wuhan è migliorata molto e i cittadini si sono ripresi dalla tensione e dalla paura iniziali. Il lockdown non era ancora finito, ma la città non era più del tutto chiusa. Io ho smesso di scrivere i miei post. Il giorno in cui ho smesso, il governo di Wuhan ha annunciato la fine del lockdown.
Nel mio diario, molte volte ho fatto appello al governo perché si assumesse le sue responsabilità per la diffusione della pandemia. Purtroppo su questo fronte non ci sono stati progressi. Dopo che ho smesso di scrivere, gli attacchi delle forze di estrema sinistra nei miei confronti sono diventati sempre più ignominiosi. Soprattutto dopo che è uscita la notizia che il mio diario sarebbe stato pubblicato all’estero, sembravano aver trovato un varco attraverso cui attaccarmi e da qui hanno innescato un sommovimento ancor più ampio. In quel momento la pandemia in Occidente ha cominciato ad aggravarsi e dall’estero sono cominciate ad arrivare critiche alla Cina. Attraverso la manipolazione dell’estrema sinistra, le critiche nei miei confronti si sono evolute in attacchi violenti su internet.
Nel nome del patriottismo hanno messo in atto ogni tipo di spedizione punitiva nei miei confronti. Qualcuno è corso nella città dove risiedo ad appendere dei dazibao; altri invitavano gli esperti di arti marziali di Wuhan ad aggredirmi; altri ancora hanno proposto di organizzare squadre per venire a uccidermi; c’è chi ha diffuso la voce che un certo scultore volesse realizzare una statua a mia immagine inginocchiata insieme al più infame traditore della storia della Cina. E poi ancora una miriade di insulti, voci e false accuse sono state disseminate su internet contro di me.
Cosa ho fatto per meritarmelo?
E da questa massa informe si è sollevata un’onda nera che ha travolto anche coloro che mi hanno difesa. Da allora anche il loro destino è incerto. Così hanno causato un grande strappo tra i cinesi. Nessun gestore di internet ha fermato tutta questa violenza in rete contro di me, mentre le mie spiegazioni ragionevoli sono state cancellate a più riprese. Ma che cosa ho fatto io [per meritarmi tutto questo]? È solo perché mi sono ritrovata chiusa in una città a documentare 60 episodi di vita nell’area colpita dall’epidemia.
Questi abusi su internet hanno reso la mia vita ancora più incerta di quando il coronavirus infuriava a Wuhan. Non so se il governo deciderà di punirmi severamente, o fino a quando questi attacchi violenti continueranno, non so se potrò continuare a pubblicare le mie opere e se dopo la pubblicazione all’estero del Diario di Wuhan i funzionari stabiliranno che sono una “traditrice”. Chissà che in futuro non arrivino perfino a togliermi la pensione, a colpirmi con attacchi “patriottici” quando uscirò di casa, magari l’estrema sinistra inciterà qualcuno ad assaltare casa mia. Non so se i professori e studiosi rimasti implicati nella vicenda saranno puniti dalle loro università eccetera. La vita tranquilla che immaginavo d’un tratto è divenuta così instabile e turbolenta.
Il futuro del paese
Ora provo ancora più rabbia e indignazione che durante il primo periodo del lockdown. A rattristarmi più di tutto è il futuro della Cina. Non so se si ritornerà alla Rivoluzione culturale, se il controllo della libertà di espressione diventerà ancora più soffocante, se il paese in cui vivo andrà nella direzione opposta rispetto a una società civilizzata. Quando ho visto tutte quelle minacce malvagie dirette contro di me ho capito che l’agio e la pace che mi aspettavo erano finiti. L’epidemia ha cambiato tutto. Ha cambiato il mondo, ha cambiato la Cina e ha cambiato ogni singolo individuo fra noi. Ma girando, vedendo la città che canta e balla giorno e notte, lo spazio indistinto e sconfinato, è di nuovo come se nulla fosse cambiato.
In un batter d’occhio, è passato quasi un anno. Comunque vadano le cose, devo ancora avere aspettative verso il futuro, devo essere paziente, credere che in questo mondo ci sarà sempre la luce. Questa luce viene dal sole nel cielo, ma anche dal cuore degli uomini sulla Terra.
***
Fang Fang, autrice di questo articolo, è una scrittrice affermata, vincitrice nel 2010 del premio Lu Xun, il riconoscimento letterario più ambito della Cina (ha collaborato alla traduzione Chiara Piccinini)
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