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Svetlana, una vita spesa per i poveri e i disabili in Russia

A Karsun, paese di 7.000 anime della provincia di Ul’janovsk, Russia centro-meridionale, quella bella ragazza dagli occhi castani la conoscevano tutti. Svetlana Anur’eva, 19 anni, già da bambina ripete ai suoi che vuol fare la dottoressa «così vi curerò tutti!» – racconta la sorella El’vira. Giunta all’ultimo anno della scuola infermieristica, ha in mente di seguire i corsi per fare la dentista, ma poi preferisce medicina a Kazan’ dove potersi specializzare in futuro in ginecologia. La scelta non è casuale: nell’inverno dell’anno scorso ha dei forti dolori addominali che la costringono a recarsi all’ambulatorio di Karsun, da dove la inviano per una visita specialistica all’ospedale di Ul’janovsk. Qui le riscontrano una ciste ovarica.

Operata a febbraio, dopo quindici giorni di attesa trepidante arriva l’esame istologico. I medici la tranquillizzano: non c’è niente di anomalo, non si preoccupi, è tutto a posto. Non appena lasciato l’ospedale, Svetlana si immerge nuovamente nello studio, deve recuperare tutto quello che non ha potuto seguire, è preoccupata di aver perso lezioni importanti. Trova anche il tempo di dedicarsi ad attività extrascolastiche, e vince una sospirata borsa di studio. Circa un anno fa – racconta Ajgul’, sua compagna di studi e amica – all’istituto per infermieri era stata creata un’organizzazione di volontariato, e Svetlana era stata una delle prime ad aderirvi.

Dopo le lezioni, infatti, si mette a disposizione di chi necessita di assistenza medica di base. Racconta El’vira: «Sembra ancora di vederla arrivare trafelata a portare il tè a nostra madre, e poi via per fare un’iniezione o a consegnare la spesa a qualche anziano». Alla fine di marzo la sua salute inizia nuovamente a peggiorare, tornano gli stessi dolori addominali, ma non può recarsi all’ospedale di Ul’janovsk perché a metà aprile – nonostante le minimizzazioni delle autorità centrali – anche a livello locale scoppia l’epidemia di coronavirus, tutta la zona di Karsun finisce in quarantena, e la visita viene rinviata di un mese.

Così per il momento Svetlana può curarsi solo con gli antidolorifici anche se – ricorda la sorella – «si lamentava raramente e non faceva pesare di essere malata». La curva dei contagi intanto sale ininterrottamente in una provincia scarsamente abitata come quella di Ul’janovsk, dove vive un bel miscuglio di russi, tatari, mordvini e ciuvaši: «Così pochi abitanti e ci sono più contagi che nelle zone vicine», è perché «la gente se ne frega» – si lamentano alcuni sui social; «guardo dalla finestra e ci sono le mamme coi bambini che giocano con gli altri senza mascherina».

Insieme ai volontari della fondazione «Dari dobro», Svetlana acquista e distribuisce generi di prima necessità e medicine per gli anziani e i disabili di Karsun. A casa rientra raramente, quel tanto che basta per seguire la terapia della madre: «Non ammalarti, mi raccomando!». A inizio maggio, nonostante i contagi non accennino a diminuire, le autorità regionali allentano le disposizioni anti covid 19, e alla fine Svetlana riesce a recarsi all’ospedale, dove viene operata con urgenza e le vengono rimosse le ovaie. La prognosi però è infausta: tumore maligno di stadio avanzato. Il 22 maggio un nuovo ricovero, finché «non possiamo più aiutarla». Rientra a casa, è cosciente ma non può camminare. «Fino all’ultimo ha creduto che si sarebbe sistemato tutto – dice la sorella – Non ha smesso di sorridere. Ci diceva: “Non piangete, fra poco mi devo diplomare!”».

Svetlana Anur’eva è scomparsa il 31 maggio, accompagnata dall’affetto di tutta Karsun, e la sua testimonianza così semplice e spontanea è rimbalzata sui media federali. È la prima ad essere stata insignita, postuma, dell’Ordine di Pigorov, onorificenza istituita a giugno dal presidente Putin per i cittadini che hanno dimostrato particolare dedizione nella lotta contro la pandemia. Anche la scuola infermieristica dove ha studiato prenderà presto il suo nome.

«Ringraziamo di cuore tutti coloro che non sono rimasti indifferenti al nostro dolore. Persone di altre regioni della Russia hanno saputo di lei, molti ci hanno chiamato per farci le condoglianze. Questo non ha prezzo per la nostra famiglia», ha dichiarato El’vira.

Se l’esame istologico fosse stato eseguito correttamente e si fosse diagnosticato subito il tumore, forse Svetlana sarebbe ancora viva. «Non vogliamo rivalerci su nessuno – ha tagliato corto sua madre: – Camminiamo tutti sotto lo sguardo di Dio».

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