La battaglia di un vescovo contro la guerra «satanica» della Russia

Di Leone Grotti
18 Aprile 2024
Da due anni monsignor Pivovarov, prelato ortodosso, condanna l'invasione militare e per questo viene perseguitato dalla giustizia russa. «Se non denunci il male e non combatti, non sei un cristiano»
L'arcivescovo ortodosso Viktor Pivovarov attende il verdetto del giudice in tribunale in Russia
L'arcivescovo ortodosso Viktor Pivovarov attende il verdetto del giudice in tribunale in Russia

Il tribunale di Slavyansk, nella regione di Krasnodar, in Russia, ha condannato l’arcivescovo ortodosso 87enne Viktor Pivovarov a pagare 150 mila rubli di multa, circa 1.500 euro, per aver ripetutamente «gettato discredito» sulle Forze armate russe. L’articolo 280.3 del Codice penale è quello utilizzato dal regime di Vladimir Putin per punire chiunque si azzardi a criticare in patria l’invasione dell’Ucraina. Difficilmente però la condanna riuscirà a zittire monsignor Pivovarov, che appartiene a una giurisdizione ortodossa alternativa al Patriarcato di Mosca e che non è mai sceso a compromessi con l’autorità statale, avendo passato la vita a combattere l’ideologia sovietica. Il prelato non ha mai avuto paura delle repressioni di Iosif Stalin e non teme oggi quelle di Putin. Per questo, da due anni continua a definire il conflitto «una guerra di aggressione satanica».

«Un cristiano combatte il male»

La condanna è arrivata l’8 aprile ma la persecuzione giudiziaria dell’arcivescovo è iniziata l’anno scorso, quando una fedele, dopo aver assistito a un suo sermone nella chiesa tichonita della Santa intercessione, è uscita dal tempio gridando: «Il tuo sermone è politico! Ora sei nei guai». Monsignor Pivovarov criticava la guerra già da un anno e secondo i fedeli della sua chiesa, la donna non era una parrocchiana ma una delatrice sovvenzionata dal governo, a conoscenza delle posizioni dell’arcivescovo.

Per quel sermone, a marzo 2023, monsignor Pivovarov è stato condannato a pagare 40 mila rubli di multa. I fedeli hanno aiutato a coprire la spesa e l’arcivescovo ha continuato a condannare la guerra. Il perché, l’ha spiegato a Novaya Gazeta il suo assistente, lo ieromonaco Jonah:

«L’arcivescovo ha dedicato tutta la sua vita a combattere per la giusta causa. La gente si illude che basti pregare per essere salvati da Dio. Ma Dio non ci salverà se non lavoriamo, se non amiamo e se guardiamo il male mentre viene compiuto. Se non denunci e non combatti, allora non sei un cristiano».

La vocazione di monsignor Pivovarov

Tutta la vita di monsignor Pivovarov è stata un battaglia. Nato nel 1937 nella regione dell’Altaj, nel sud della Siberia, ha perso da piccolo il padre, morto in battaglia nella Seconda guerra mondiale, ed è cresciuto con la madre insieme ai suoi tre fratelli. La donna fu perseguitata dai sovietici e lui non li ha mai perdonati per quanto fatto al suo paese: «La verità è che ho odiato i bolscevichi fin da piccolo. Ho visto come i cekisti (la Ceka è stata la polizia segreta sovietica, antenata del Kgb, ndr) hanno abusato di mia madre. Era malata, mio padre era morto e l’hanno torturata. Così ho fatto una sorta di promessa: che mi sarei sempre opposto ai bolscevichi».

Dopo la guerra si è diplomato e quando nel 1951 si è stabilito a casa della sua famiglia un membro della “Chiesa delle catacombe”, comunità di fedeli entrate in clandestinità per sfuggire alla repressione comunista, la sua vita è cambiata. Ordinato sacerdote nella “Chiesa ortodossa russa fuori dalla Russia”, nel 2006 è diventato arcivescovo della Chiesa ortodossa russa. 

Un cartellone pubblicitario a Mosca invita i russi ad arruolarsi nell'esercito
Un cartellone pubblicitario a Mosca invita i russi ad arruolarsi nell’esercito (Ansa)

La guerra «maledetta» della Russia

Dopo la prima condanna, a maggio l’arcivescovo ortodosso ha rilasciato un’intervista a Novaya Gazeta, spiegando la sua opposizione alla guerra: «Se carri armati stranieri arrivano sotto le nostre finestre, significa che siamo in guerra con un nemico. Ma se sono i nostri carri armati a entrare in un paese confinante e se sono i nostri soldati a torturare selvaggiamente la popolazione, lanciando un’invasione, allora questa guerra è maledetta da Dio e dal popolo».

Il 12 ottobre, monsignor Pivovarov ha poi pubblicato sul suo blog l’articolo: “Una risposta alla domanda che riguarda tutti oggi: che cos’è questa guerra?”. Nell’articolo definisce il conflitto “satanico”, legando tutte le guerre «alla corruzione della natura umana causata dal peccato».

Pochi giorni dopo la pubblicazione, uomini armati dell’Unità speciale di risposta rapida hanno fatto irruzione nella chiesa di monsignor Pivovarov sequestrando dispositivi, documenti, collette dei fedeli e portando via il suo assistente per interrogarlo.

«Gli ucraini sono nostri fratelli»

A dicembre è stata notificata al prelato una nuova accusa secondo l’articolo 280.3 del Codice penale russo. E dopo tre udienze, durante le quali l’arcivescovo ha rifiutato di farsi difendere da un avvocato, è arrivata la nuova condanna, questa volta a pagare una multa di 150 mila rubli, l’equivalente di otto mesi di pensione.

In aula sono state lette alcune dichiarazioni dell’arcivescovo, che si è detto innocente, fornite durante l’interrogatorio di dicembre. Per monsignor Pivovarov la Russia non aveva alcun diritto di dichiarare guerra all’Ucraina, anche perché «la nazione ucraina non è nemica della Russia, ma una nazione sorella da cui abbiamo ereditato la fede ortodossa».

«Temo solo il castigo di Dio»

Dopo la condanna dell’8 aprile, l’arcivescovo ha detto di non essere intenzionato a presentare ricorso. Fuori dall’aula ha dichiarato: «La verità è che i cekisti sono al potere. Io dichiaro guerra al bolscevismo. E invito tutte le nazioni a combattere – non ucraini contro russi o russi contro ucraini – ma tutti i cristiani contro i bolscevichi».

Ora l’arcivescovo è tornato in parrocchia, che ha organizzato una colletta per pagare la multa. Sul blog del prelato ortodosso, dove è stata lanciata una raccolta fondi, si contano decine di commenti di cristiani a suo sostegno: «Pare Viktor, hai già la corona del martirio!».

Ora monsignor Pivovarov, che a 87 anni ha molti acciacchi di salute, potrebbe decidere di agire con maggiore cautela. Anche se, a giudicare dalle parole del suo assistente, ragiona con altri criteri: «Ovviamente temiamo la repressione. Ma se sarà necessario, parleremo ancora ai fedeli, perché il castigo che temiamo più di tutti è quello che viene da Gesù Cristo».

@LeoneGrotti

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