Come si dice, non c’è mai limite al peggio. Dopo aver sancito il diritto alla speranza, ora i giudici italiani pretendono anche di saperne più degli scienziati. Oggi il Tar del Lazio ha accolto il ricorso presentato dal presidente della Fondazione Stamina Davide Vannoni e ha di fatto sospeso il parere contrario dato alla sperimentazione del controverso “metodo Stamina” da parte della Commissione di scienziati nominata dal ministero della Salute, che ora dovrà nominarne una nuova.
SCIENZIATI «PREVENUTI». Il Tar ha motivato la sentenza affermando che gli esperti del ministero non erano imparziali, dal momento che «in passato, prima dell’inizio dei lavori, avevano espresso forti perplessità, o addirittura accese critiche, sull’efficacia scientifica del metodo Stamina». Visto quindi che non erano indipendenti «dal punto di vista ideologico» ma «prevenuti», bisogna rifare tutto da capo facendo partecipare ai lavori «esperti, eventualmente anche stranieri, che sulla questione non hanno già preso posizione».
CHI ERANO GLI ESPERTI. Ma chi sono questi professori che i giudici dall’alto delle loro conoscenze scientifiche hanno ritenuto inadeguati a giudicare il “metodo Stamina”? Il Comitato scientifico presieduto da Fabrizio Oleari, presidente dell’Istituto superiore di sanità, cioè l’ente pubblico incaricato di controllare la sanità nel paese, era composto da esperti di massimo livello in Italia tra cui Luca Pani, direttore generale dell’Aifa (Agenzia italiana del farmaco, altro ente pubblico), Alessandro Nanni Costa, direttore generale del Centro nazionale trapianti, Maria grazia Roncarolo, direttore scientifico dell’Irccs Ospedale San Raffaele, Vincenzo Silani, docente ed esperto clinico dell’Istituto auxologico italiano, Bruno Dallapiccola, esperto genetista, insieme ad altri studiosi di cellule staminali e direttori di dipartimenti di pediatria e neurologia in ospedali italiani di eccellenza.
«RISCHI PER I PAZIENTI». Questi professori, che tutto sembrano tranne che un branco di novellini, hanno espresso «all’unanimità parere negativo sul metodo esaminato» perché «mancano i presupposti di scientificità e sicurezza per avviare la sperimentazione clinica». Dopo aver analizzato i documenti che descrivono il “metodo Stamina”, presentati da Vannoni con grande ritardo dopo settimane di tira e molla, gli esperti hanno riscontrato una «inadeguata descrizione del metodo», una «insufficiente definizione del prodotto», con conseguenti problemi «di sicurezza e di efficacia del trattamento», e «potenziali rischi per i pazienti».
VANNONI RINVIATO A GIUDIZIO. Ecco perché il ministro Lorenzin aveva bloccato la sperimentazione di Stamina, che non avendo ancora dimostrato di essere “non pericolosa” non può rientrare nella categoria delle cure compassionevoli (capito Giulio Golia?). Ma i giudici hanno ritenuto non attendibili questi risultati e hanno dato ragione a Vannoni, che è appena stato rinviato a giudizio per «tentata truffa» e che a luglio ammetteva che «la metodica» del trattamento già sperimentata sui pazienti «non è ancora disponibile».
Il docente, appoggiato mediaticamente da una folla di vip, dalle Iene a Celentano a Fiorello, ha di recente affermato di poter «curare oltre 120 malattie» con il suo trattamento a base di infusioni di cellule staminali mesenchimali, anche se a marzo diceva che poteva curarne “appena” 60.
GIUDICI CONTRO PREMIO NOBEL. Il Tar nella sua sentenza ha anche aperto alla partecipazione di scienziati «stranieri» nel nuovo comitato, forse riferendosi in modo neanche tanto velato a Camillo Ricordi, che dirige il Centro trapianti cellulari di Miami e unico scienziato ad essersi reso disponibile a fare una sperimentazione negli Usa con Stamina (che ad ogni modo ha già venduto la metodica alla casa farmaceutica Medestea).
Ma se proprio si vogliono esperti stranieri, si potrebbe chiedere al premio Nobel 2012 per la medicina Shinya Yamanaka, che ha criticato per due volte l’Italia e Stamina affermando: «Prima di approvare un trattamento a base di staminali bisogna basarsi su una rigorosa evidenza ottenuta in studi preclinici e su un’ipotesi plausibile».
Proprio quella che Vannoni non è stato mai in grado di offrire, come scritto anche dall’importante rivista internazionale Nature, la quale ha dimostrato che il “non brevetto” su cui si bassa il metodo Stamina, già stato bocciato dagli Stati Uniti perché i dati erano insufficienti, «è copiato e contiene dati fallaci».
ASCOLTIAMO PRODI. Ma probabilmente i giudici del Tar del Lazio sono meglio informati, oltre che dei massimi esperti italiani, anche di quelli internazionali, del premio Nobel per la medicina e dell’ufficio brevetti americano che, a differenza dei suddetti magistrati, il metodo presentato da Vannoni l’ha visto e valutato (negativamente).
Davanti a queste sentenze verrebbe da chiedersi se non ha ragione Romano Prodi, quando scriveva che «il ricorso al Tar è diventato un comodo e poco costoso strumento di blocco contro ogni decisione che non fa comodo, penetrando ormai in ogni aspetto della vita del paese».