«Niente sarà più come prima, finora gli onesti erano stati trattati da fessi, ma adesso cambia tutto»” (Luigi Di Maio). «Questa è una legge molto importante, il mio primo pensiero va ai giovani italiani e al loro futuro» (Alfonso Bonafede). «Per la prima volta il nostro Paese ha una legge organica per combattere in modo serio la piaga della corruzione» (Giuseppe Conte). Poi tutti a festeggiare. I grillini sono euforici per l’approvazione ieri alla Camera della cosiddetta «legge spazzacorrotti» che introduce il Daspo per i corrotti, lo sconto di pena per chi collabora, l’agente sotto copertura, regole stringenti per le donazioni a partiti e annessi.
CAMPA CAVALLO
Il piatto forte della nuova legge è la riforma della prescrizione su cui occorre fare due diversi tipi di osservazioni. La prima: un cambiamento ci sarà, ma a partire dal 2020. E, si noti, se e solo se verrà approvata nel frattempo la riforma del processo penale. Insomma, campa cavallo. I grillini esultano lo stesso, ma, nei fatti, la riforma è stata disinnescata. È noto che la Lega fosse contraria ed è noto che la riforma della prescrizione sia malvista da molti.
Come segnala il Corriere della Sera:
Oggi il Consiglio superiore della magistratura voterà un parere al ministro molto critico: sulla legge perché con la nuova prescrizione «i gradi del processo successivi al primo potrebbero essere più lenti». Contrari anche decine di professori di diritto, guidati da Gian Domenico Caiazza e Vittorio Manes, che insieme all’Unione delle camere penali hanno inviato un appello al capo dello Stato contro la legge che renderà l’imputato «un eterno giudicabile».
UNA RIFORMA INUTILE
Seconda osservazione: anche se la prescrizione non sarà modificata, il tentativo grillino resta assurdo, roba da Stato totalitario. Tempi lo ha scritto tante volte. Oggi lo spiega bene Filippo Facci su Libero:
Bloccare la prescrizione dopo il giudizio di primo grado (già un miglioramento rispetto al vaneggiante proposito iniziale di interrompere la prescrizione dopo il rinvio a giudizio) secondo i legislatori dovrebbe portare a un’accelerazione del processo, mentre in realtà – come hanno osservato tutti gli operatori del settore, e non solo gli avvocati – le Corti d’Appello e la Cassazione potranno dilatare ancora di più la fissazione dei processi perché non avranno più limiti.
Il principio costituzionale del giusto processo sarà ostaggio del caso, dell’uzzolo del singolo magistrato o della variabilissima organizzazione degli Uffici Giudiziari sul territorio: basti che le corti di Roma, Napoli, Torino e Venezia, da sole, contabilizzano il 50% di tutte le prescrizioni maturate in appello. Come il provvedimento si colleghi alla corruzione, poi, rimane il mistero più oscuro. È un reato che rappresenta un misero 3% delle prescrizioni totali. In compenso ci si reinventa un processo penale senza fine, qualcosa che consentirà di mantenere una persona per tempi indefiniti nella qualità di imputato anche se intanto fosse stato assolto in primo grado o in Appello. Se infine teniamo conto che circa il 70% delle prescrizioni matura durante le indagini preliminari (dunque è responsabilità dei magistrati) i tempi non potranno che allungarsi ancora di più, perché non ci sarà nessuna scadenza da rispettare, tantomeno i tempi di indagini preliminari che tra una balla e l’altra vengono sempre prorogati.
Infine: siccome questa nuova legge non risolve ufficialmente nessuno dei problemi lamentati solitamente dai magistrati (eccessivi carichi di lavoro, fascicolazione di notizie di reato farlocche o bagatellari) finirà che il singolo magistrato si sentirà ancor più legittimato nel selezionare i fascicoli che preferisca o che giudichi più spendibili; certi processi correranno come lepri e altri vegeteranno tenendo sotto scacco colpevoli e vittime per lustri interi. L’abolizione dell’obbligatorietà dell’azione penale sarà «fattuale», direbbe qualcuno. Più di quanto lo sia già.
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