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«Solo le donne partoriscono»: doula costretta a dimettersi

Nel Regno Unito, ostaggio dei trans "menstruator" e "proprietari di cervice uterina", dire che i figli nascono da una femmina ti costa il lavoro

Caterina Giojelli
05/11/2019 - 2:00
Società
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A che punto è la post-realtà? Chiedetelo a Lynsey McCarthy-Calvert, che a 45 anni è stata costretta a dimettersi da portavoce di Doula Uk, l’associazione nazionale inglese delle moderne levatrici, o assistenti materne, che rivendicano una storia millenaria nel sostenere le donne dalla gravidanza ai primi mesi di vita del bambino. Ebbene qualche mese fa Lynsey McCarthy-Calvert, che di figli ne ha quattro e di mamme e bambini come “doula” ne ha seguiti a centinaia, ha scritto un post su Facebook:

«Non sono una persona che “possiede una cervice uterina”. Non sono un “menstruator”. Non sono un “feeling”. Non sono definita da un vestito e un rossetto. Sono una donna: una femmina, umana, adulta. Le donne fanno nascere tutte le persone, costituiscono la metà della popolazione, ma meno di un terzo dei seggi alla Camera dei Comuni sono occupati da noi».

«NON SI NASCE SOLO DALLE DONNE»

Apriti cielo: aizzata dalle immancabili squadre di attivisti per i diritti transgender l’associazione ha concluso che sul social McCarthy-Calvert, avesse violato tutte le linee guida possibili e immaginabili sulla parità e la diversità. E per questo avrebbe dovuto fare pubblica ammenda, cioè cancellare il post, pena la sospensione dal servizio. Ma per aver fatto cosa, per aver lamentato la scarsità di donne al Parlamento? No, come scrivono i commentatori che l’hanno bullizzata, insultata, segnalata, bersagliata sul social per il suo «linguaggio assolutamente disgustoso», «sembra che tu ti stia dimenticando che non solo le donne mettono al mondo bambini».

ANCHE GLI UOMINI HANNO LE MESTRUAZIONI

L’uscita di McCarthy-Calvert avviene in un momento in cui la Cancer Research Uk, associazione inglese per la ricerca sul cancro, ha eliminato la parola “donne” dalla campagna per il pap test, screening importante «per ogni persona con la cervice tra i 25 e i 64 anni». La Bloody Good Period, nata per rifornire di assorbenti chi non può permetterseli, non parla di “donne” ma di “menstruator”. L’amministrazione di Brighton e Hove ha deciso che nelle scuole del distretto gli alunni dovranno imparare che le mestruazioni non riguardano le “donne” ma “all genders”. Upfield, proprietario del marchio di margarina Flora, ha interrotto la sua collaborazione con il portale Mumsnet dopo che Vice ha definito la rete di genitori che fin dal 2000 partecipa ai dibattiti – e a campagne come Let Girls Be Girls o Let Toys Be Toys contro la “sessualizzazione” dei bambini – un «focolaio tossico di transfobia».

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NON ESISTONO MAMME MA PERSONE INCINTE

Procter & Gamble ha rimosso il simbolo di Venere dagli involucri di assorbenti igienici a marchio Always per includere i clienti che mestruano ma non si identificano come “donne”. Mastercard ha annunciato che consentirà alle persone transgender e non binarie di utilizzare il nome che riflette la loro «vera identità», piuttosto che quello legale, su carte di credito, debito e prepagate. Lyft, società americana di ride-share che da tempo si dice pronta a sbarcare nel Regno Unito, ha arricchito la sua app di una funzione che permette di scegliere tra una «gamma di pronomi opzionali» (come “He/Him/His,” “They/Them/Theirs,” “il mio pronome non è presente in lista,” o “preferisco non dirlo”). E la British Medical Association ha indicato a tutti i suoi 160 mila membri che lavorano in privato e negli ospedali del Regno Unito di non chiamare mai più una donna incinta “futura mamma” con la motivazione ufficiale: «La grande maggioranza delle persone che sono incinte o che hanno partorito si identificano come donne. Tuttavia, ci sono alcuni uomini intersex e uomini trans che possono essere gravidi. È possibile includere gli uomini intersex e gli uomini trans che possono essere gravidi chiamandoli “persone incinte”».

“TERF”, LE NUOVE STREGHE

Quando non è un feeling, una performance, uno stereotipo, una libera decisione, la donna diventa il peggior nemico del libero mercato e del fatturato, diventa una Terf (Trans Excludent Radical Feminist), una strega come Germaine Greer, prima di una lunga serie di personalità bandite o messe al rogo negli atenei britannici tanto da costringere il ministro per l’Università e la Scienza Sam Gyimah ad annunciare multe qualora le autorità accademiche continuassero ad avallare la negazione del diritto di parola, «è agghiacciante l’idea di una società in cui alcune persone pensano di avere il diritto di impedire a qualcuno di esprimere le sue opinioni solo perché impopolari o fuori moda, ma perfettamente legali». Eppure la censura all’ingrosso da parte dei nuovi guardiani dello spazio pubblico continua: come si è permessa Lynsey McCarthy-Calvert, peraltro impegnata politicamente e nella causa femminista, di definirsi in modo così escludente per i trans una «donna, una donna adulta» o aver fatto affermazioni discriminanti, tra le altre che solo le donne danno alla luce i bambini?

UN REGNO SENZA DONNE, MA TANTI FEELING

Doula ha preso molto sul serio la lettera di denuncia firmata da 20 attivisti transgender, ha avviato un’indagine e dopo quattro mesi ha concluso che il post di McCarthy-Calvert «viola le linee guida» dell’associazione. Certo, non l’ha cacciata, ma ha orgogliosamente preso le distanze dal suo lavoro dichiarando:

«Siamo orgogliosi di ascoltare l’esperienza vissuta di gruppi emarginati e di apportare modifiche, compresi i cambiamenti al linguaggio che utilizziamo, se riteniamo che sia necessario rendere la comunità di Doula nel Regno Unito più accogliente e solidale».

Accogliente e solidale, cioè che confina nell’inesistenza una donna che dichiara di essere donna proprio come le donne che aiuta a mettere al mondo figli: il mestiere più pericoloso nella post-realtà. L’epoca del potere che trasforma il corpo in tempio del mercato, la donna in un forno o in un feeling, i bambini in prodotti da banco o in cavie di un esperimento di massa per la riconversione del genere.

Tags: disforiaGermaine GreerIdeologia GenderLynsey McCarthy-Calvertmaternitàterftransfobia
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