Siria, il capo dei ribelli chiede all’Occidente «lanciarazzi e missili, non aiuti umanitari»

Di Redazione
28 Febbraio 2013
Il generale siriano Salim Idriss chiede che l'Occidente aiuti i ribelli inviando armi e munizioni: «Tra tre mesi l'Ue si riunirà di nuovo, ma quante persone saranno già morte? Ventimila?».

«L’Europa ha confermato l’embargo e non ci rifornirà di armi. Questo mi rattrista» afferma al Le Monde il generale Salim Idriss, ex professore all’Accademia militare di Aleppo che ha lasciato il regime di Assad nel luglio 2012 e ora guida le operazioni dell’Esercito libero siriano contro le truppe lealiste. «Sappiamo tutti che ogni settimana una nave russa approda a Tartous e sbarca oltre una tonnellata di armi e munizioni. Il regime è anche aiutato dall’Iran. L’embargo, quindi, penalizza solo l’opposizione, quelli che vengono ammazzati e bombardati. Ecco la verità. Spero che l’Unione Europea cambi posizione. Tra tre mesi si riunirà di nuovo, ma quanti siriani saranno già morti? 15 mila, 20 mila siriani?».

ARMI, NON AIUTI UMANITARI. Il generale Idriss guida le operazioni militari, «anche se l’esercito non ha un vero comando centrale», dalla provincia di Idlib, nel nord della Siria, saldamente in mano ai ribelli che vi hanno costituito il loro stato maggiore. L’Unione Europea teme che armare i ribelli sia solo un modo per aumentare la violenza, che scuote il paese da ormai tre anni, e che le armi possano andare a gruppi terroristi e jihadisti, che combattono tra i ribelli, come già accaduto in Libia. «Ogni giorno – continua Idriss – dozzine di capi di brigata vengono da noi a Idlib per chiederci munizioni. Loro hanno bisogno di 100 mila proiettili per i kalashnikov e noi gliene diamo mille. Ci servono lanciarazzi terra-aria, missili anticarro e invece riceviamo solo aiuti umanitari. Sembra che i paesi occidentali attendano che il nostro paese sia interamente distrutto per venire in nostro soccorso».

JIHADISTI FORTI E BEN ARMATI. Da dove vengono allora le armi con cui i ribelli combattono ogni giorno il regime siriano? «O dagli arsenali e dalle caserme  siriani che conquistiamo o dai mercanti specializzati che entrano in Siria attraverso l’Iraq. Per motivi che mi sfuggono, l’unica cosa che gli Stati Uniti sono disposti a fornirci sono corsi in diritto umanitario e internazionale. Ma a noi servono armi». E se l’Occidente intervenisse direttamente in Siria? «Io lo sconsiglio – afferma il capo dell’esercito siriano – perché Al-Qaeda e i gruppi jihadisti prenderebbero l’intervento armato come una invasione. Sarebbe un atto controproducente». Quindi gli jihadisti sono forti tra i ribelli? «Non bisogna sovrastimare il loro ruolo. Certo, loro sono ben armati ma la conquista delle basi militari nel nord della Siria, come quella di Taftanaz, non è solo opera di Jabhat Al-Nosra (il principale gruppo jihadista, ndr) ma anche alcuni nostri gruppi hanno preso parte alle operazioni».

PRONTI AD ATTACCARE DAMASCO. Moaz Al-Khatib, capo della Coalizione nazionale siriana riconosciuta dai paesi occidentali come legittimo interlocutore siriano, ha proposto di dialogare con membri del regime «che non hanno le mani sporche di sangue» per porre fine alla guerra civile. «Io appoggio tutte le iniziative volte a risolvere la crisi siriana – dichiara il generale – ma ogni negoziato partirà solo quando Assad se ne sarà andato». Parole che non aprono a nessuna soluzione diplomatica in tempi brevi, mentre i ribelli si preparano «ad attaccare Damasco. Lavoriamo per colpire in modo adeguato e questo richiederà tempo. Ma la storia dimostra che la volontà del popolo finisce sempre per vincere su quella dei dittatori».

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1 commento

  1. ruggero

    I “ribelli” siriani chiedono armi agli occidentali per instaurare una dittatura ben piu’ feroce di quella di Assad.Un domani le stesse armi verranno usate per combattere gli occidentali stessi.Un copione gia’ visto,caro Generale

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