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Sinodo, la testimonianza di un cristiano iracheno: «Le preghiere non ci bastano»

La testimonianza di Safa Al Alkoshy: «Ogni volta che un iracheno parla, tutti piangono e applaudono. Poi tornano a casa e si scordano tutto. Senza aiuti concreti, il cristianesimo in Iraq sparirà»

Redazione
16/10/2018 - 3:00
Chiesa
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Safa Al Alkoshy, 26 anni, cattolico caldeo di Baghdad, è l’unico giovane dell’Iraq invitato al Sinodo sui giovani a Roma. A inizio settimana Safa è dovuto tornare in anticipo a casa, per prendersi cura della madre, ma ha fatto in tempo a tenere un discorso all’assemblea, che è stato il più applaudito finora, come riportato da Crux.

«BASTA PIANTI E APPLAUSI»

Ma Safa, parlando proprio con Crux, spiega di essere stufo di ricevere applausi: «Noi abbiamo bisogno delle preghiere e apprezziamo chi prega per noi, ma abbiamo anche bisogno di qualcosa di più. Ogni volta che un iracheno tiene un discorso, tutte le persone cominciano a piangere e applaudire, ma poi tornano a casa e si dimenticano tutto». Ciò di cui i cristiani iracheni hanno bisogno è «che vengano fatte pressioni sia sul governo iracheno che su quelli europei e americano perché si impegnino di più per sostenere la nostra gente».

«IL CRISTIANESIMO SPARIRÀ»

L’obiettivo è garantire la permanenza in Iraq dei cristiani perseguitati. «Se le cose continuano così, il cristianesimo sparirà in Iraq. Tutti i giovani oggi pensano a emigrare. Chi vuole sposarsi infatti pensa: come posso costruire una famiglia in questa situazione?». Anche se ora gli attentati sono diminuiti, continua Safa, «chi poteva immaginarsi che Mosul e i villaggi della Piana di Ninive sarebbero stati occupati in cinque ore?». Oggi sono rimasti 400 mila cristiani in Iraq, ma potrebbero tutti andarsene molto presto.

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PERSECUZIONE PSICOLOGICA

Infatti, aggiunge, «non abbiamo alcuna garanzia che quello che è successo con l’Isis non accada di nuovo». L’insicurezza è uno dei principali problemi che vivono i giovani oggi in Iraq, per questo Safa ha dichiarato al Sinodo: «È molto importante prestare attenzione a questo fatto: non esiste solo la persecuzione rappresentata dall’omicidio, c’è anche una persecuzione psicologica, che si prova quando sei solo, quando senti che nessuno ti sostiene».
Il 26enne cattolico caldeo afferma che molti suoi familiari hanno abbandonato il paese: «Ogni tanto ci sentiamo su Facebook e ci salutiamo. Tutto questo ha un effetto psicologico perché ci si rende conto di essere soli. A ogni amico si dice: “Spero di rivederti presto”, ma tutti sanno che non li si rivedrà mai più perché queste persone se ne sono andate in Australia o in America e in nessun caso li potrai raggiungere».

SERVONO AIUTI CONCRETI

E allora, insiste Safa, «quando mi ritrovo con altri giovani iracheni e parlo con loro e dico “non emigrate”, se loro mi chiedono perché, io ho bisogno di rispondere non appena “questa è la nostra terra, siamo qui dal primo secolo”. Questo lo sanno già ma hanno bisogno di qualcosa di più, di qualcosa che si possa toccare, di garanzie. Ecco perché abbiamo bisogno di un movimento reale di aiuto, non appena di applausi e pianti».

Foto Ansa

Tags: Cristiani PerseguitatiIraqIsismosulninivesinodo giovani
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