
Se al Sinodo sui giovani l’annuncio cristiano sta in un angolino

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Caro direttore, domenica, in attesa dell’Angelus del Papa, ho assistito in tv ad una trasmissione che trattava del Sinodo sui giovani, a cui erano presenti, oltre alla conduttrice, alcuni “esperti” (di cui pare non se ne possa fare a meno ormai e Chesterton, cultore dell’uomo comune, probabilmente non sarebbe d’accordo). Tutti intervenivano su che cosa serva ai giovani oggi. Il sacerdote diceva che occorre che gli adulti la smettano di essere solo arrivisti e consumisti, perché così danno un cattivo esempio ai giovani. La psicologa diceva che occorre educare i giovani ad amare le istituzioni e perciò le istituzioni devono essere più trasparenti. Un giovane sposo (bella testimonianza) diceva che per amare l’altro occorre sacrificarsi. E così via. La conduttrice annuiva sempre. Devo dire che sono rimasto perplesso, in questo senso. Non che le cose sentite fossero, in sé, sbagliate. Erano tutte cose più o meno ragionevoli ed alcune anche necessarie. La mia perplessità nasceva dal fatto che parlando di un Sinodo, che dovrebbe avere lo scopo di verificare il modo migliore e più efficace di annunciare Cristo agli uomini e alle donne e, in questo caso specifico ai giovani, si è parlato di tutto, proprio di tutto, tranne che di Gesù. Cioè, si è parlato solo di elementi secondari (varie ed eventuali, si direbbe in una qualsiasi assemblea), ma non dell’essenziale.
[pubblicita_articolo allineam=”destra”]Penso che ai giovani di oggi occorra annunciare più decisamente Cristo e la sua affascinante verità, Cristo e la sua carità, Cristo ed il suo giudizio, Cristo e la nostra responsabilità di annunciarlo, se desideriamo che i giovani escano dall’attuale clima di confusione, di incertezza e di disperazione. Ho l’impressione che anche i cattolici tendano a fare dei giovani dei bravi ragazzi (scusami la brutta espressione), ma senza avere il coraggio di dare loro le ragioni per le quali si può vivere una vita diversa e affascinante e tutte le ragioni stanno in Cristo Gesù, nostro (unico) salvatore. Come spesso accade, anche nella accennata trasmissione (erano tutti dichiaratamente cattolici), Cristo è stato dato per scontato, come per una premessa che, peraltro, non viene mai svolta nelle sue conseguenze clamorosamente diverse da ciò che produce il “mondo”.
Caro direttore, c’è poi una seconda perplessità che mi è stata suscitata ed alla quale vorrei accennare. Tutti gli interventi tendevano a dire che i giovani sono tutti cari e buoni e che siamo noi adulti che li pervertiamo. Anche qui, naturalmente, c’è una parte di verità. Dovremmo essere innanzi tutto noi adulti a convertirci continuamente a Cristo, se vogliamo essere dei buoni testimoni. Ma mi sembra che si stia inconsciamente (o forse no) dimenticando un fattore essenziale nella esperienza cristiana, che è il peccato originale, che pesa misteriosamente su ognuno di noi e che, tra le verità cristiane, sembra essere la più evidente e indiscutibile (Chesterton). Il peccato originale ce l’hanno tutti tutti: ce l’hanno anche i giornalisti, persino i giudici, ce l’hanno i politici, i pubblicitari, gli impiegati, gli avvocati, persino gli “esperti”, insomma proprio tutti, anche gli scribi ed i farisei. E ce l’hanno anche i giovani ed è per questo che, innanzi tutto, occorre annunciare loro Cristo, perché è l’unico che ci dà una mano per vincere la lotta quotidiana con questo peccato. Mi pare che si stiano vezzeggiando i giovani, sperando così di tirarli dalla propria parte. Solo Cristo può veramente cambiarli, perché solo Cristo può cambiare tutti, adulti e giovani.
Peppino Zola , via email
Foto Ansa
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