Shining? No, è la Cina: porte sfondate per scovare i malati di Covid
Mentre agli abitanti di alcuni (pochi) nuclei residenziali di Shanghai è permesso di uscire di casa per fare una passeggiata, rigorosamente all’interno del quartiere, altri vengono letteralmente e fisicamente murati in casa in Cina nel nome della fallimentare strategia “zero Covid”.
La Cina mura in casa gli abitanti
Un filmato pubblicato sui social cinesi e diffuso dal South China Morning Post, mostra infatti i funzionari comunisti di alcuni comitati di quartiere nella provincia settentrionale dell’Hebei sigillare dall’esterno le porte delle abitazioni. La misura è stata presa con tutti i cittadini che si sono rifiutati di consegnare le chiavi della propria casa per essere chiusi dentro dall’esterno dalle autorità fino al termine del lockdown.
Tra i metodi utilizzati per sigillare le abitazioni dei renitenti ci sono bulloni di ferro e cavi di metallo, fissati al pavimento o alla maniglia per impedire che le porte vengano aperte. I video hanno scatenato un putiferio online, molti cinesi hanno protestato elencando le possibili conseguenze di simili azioni: «Se scoppia un incendio nel palazzo, i residenti come faranno a scappare?».
Il governo della città di Qian’an ha emesso quindi un comunicato condannando «i metodi estremi». Nessun passo indietro però sulla necessità di prendere le misure necessarie a prevenire la diffusione della pandemia: «Stiamo valutando la possibilità di installare allarmi [alle porte] per sostituire i metodi attuali».
Shining con caratteristiche cinesi
Metodi estremi per prevenire il contagio sono stati utilizzati dappertutto in Cina. A Shanghai, oltre agli allarmi installati alle porte, case e palazzi sono stati chiusi con recinzioni di metallo. Interi quartieri sono anche stati sfollati, con i residenti obbligati a trasferirsi in altre città come profughi di guerra.
Se quella contro il Covid è considerata una guerra, spesso sembra che per le autorità cinesi il nemico più che il virus sia rappresentato dai cittadini. Impressionante il video, che sembra una riedizione del film Shining di Stanley Kubrick ma con caratteristiche cinesi, nel quale un addetto alla prevenzione pandemica intima a due donne di uscire di casa per essere confinate in un centro per la quarantena.
Le donne erano davvero negative
L’uomo, un Da Bai interamente avvolto nelle ormai famigerate grandi tute bianche protettive, esclama che le donne sono risultate positive al Covid e devono costituirsi. Loro spiegano di aver già ripetuto il test e di essere in attesa del risultato dopo essere state avvertite dal centro dove avevano effettuato il tampone che c’era stato un errore e il risultato era probabilmente stato confuso con quello di un altro.
Ma il funzionario non vuole sentire ragioni, intima alle donne di aprire la porta e quando queste si rifiutano la sfonda a calci, mandandola in frantumi, proprio come Jack Nicholson ma senza ascia. Le donne sono state poi trascinate via dalla polizia. Il centro di controllo e prevenzione di Shanghai, per mettere a tacere il diluvio di proteste e indignazione che si è riversato online contro il maltrattamento subito dalle donne, ha poi fatto sapere che il tampone delle donne era in effetti risultato negativo. «La porta è stata di conseguenza riparata», recita un comunicato di cui è impossibile verificare l’attendibilità.
Il fallimento della strategia “zero Covid”
Tanta violenza, ingiustificabile a priori, non sta oltretutto portando ad alcun risultato apprezzabile. A Shanghai, dopo oltre un mese di lockdown (anche due in alcuni quartieri), ieri si sono ancora registrati 4.390 casi. Pochissimi per una città di oltre 28 milioni di abitanti, un’enormità per un governo che ha promesso solennemente di portare a zero il numero dei contagiati a costo di vessare e terrorizzare la popolazione senza limiti di tempo.
0 commenti
Non ci sono ancora commenti.
I commenti sono aperti solo per gli utenti registrati. Abbonati subito per commentare!