Si fa sempre più complicato per Kiev guidare la narrativa della controffensiva

Di Simone Cantarini
08 Agosto 2023
La seconda fase è in corso ma i risultati ancora non si vedono. Zelensky ammette le difficoltà e prova con la diplomazia a portare dalla parte dell’Ucraina i paesi filorussi
Soldati ucraini nei pressi del fronte della regione di Donetsk
Soldati ucraini nei pressi del fronte della regione di Donetsk (foto Ansa)

La controffensiva lanciata dall’Ucraina contro la Russia a inizio giugno non ha portato ai risultati auspicati, almeno in un primo tempo, dagli alleati Nato che stanno fornendo armi e addestramento alle forze armate di Kiev. A fronte una lentezza delle operazioni militari giustificata dall’Ucraina come un modo per risparmiare vite umane, nell’ultimo mese si sono moltiplicate le critiche, anche interne alle forze armate, di inadeguatezza dei piani delle tattiche di battaglia, delle difficoltà di impiego efficace dei mezzi e delle armi fornite dalla Nato nelle modalità di attacco e anche della scarsità di addestramento dei militari sul fronte.

A pesare sul risultato della controffensiva ucraina è stato sicuramente il fattore tempo. Mentre nel corso dell’inverno Kiev preparava i suoi piani, attendendo di avere i mezzi e le munizioni necessarie da parte degli alleati occidentali, le forze russe hanno fortificato pesantemente le loro posizioni su una linea del fronte di 900 chilometri dal punto di contatto tra la regione Kharkiv (riconquistata nell’autunno del 2022) e Luhansk nella parte settentrionale del Donbass (nell’Ucraina nord-orientale) fino a Kherson, nel sud-ovest. In questo modo, Mosca è riuscita a rallentare e in parte a congelare la controffensiva ucraina lanciata su due direttrici principali: da sud, nella regione di Donetsk verso Mariupol e in quella di Zaporizhia verso Melitopol e Berdyansk, e la seconda ad est, verso la città Bakhmut, occupata solamente a maggio dalle forze mercenarie della Wagner.

Progressi lenti, migliaia di vittime

Da quando la controffensiva è stata lanciata a giugno, l’Ucraina ha riconquistato circa 241 chilometri quadrati di territorio nel Sud e nell’Est del paese, secondo il viceministro della Difesa ucraino, Hanna Maliar. Un progresso particolarmente lento costato un numero imprecisato di vittime (almeno 43 mila secondo le rivendicazioni della Russia). I russi hanno approfittato dei ritardi nel lancio dell’operazione, che doveva iniziare ad aprile, per impostare più linee di difesa sul fronte, in alcuni casi profonde anche 30 chilometri, disseminate di campi minati, ostacoli anticarro, vaste reti di trincee e bunker, il tutto ampiamente sorvegliato da droni, sistemi di difesa antimissile e anticarro ed elicotteri.

Dopo una prima serie di operazioni “rapide” ma poco fruttuose portate avanti dalla fanteria meccanizzata sul fronte meridionale, le forze armate ucraine hanno optato per operazioni più lente e più attente, cercando di colpire le retrovie russe con attacchi di precisione a lungo raggio. Il 26 luglio, Kiev ha avviato la fase successiva della controffensiva volta a penetrare le linee russe nell’oblast di Zaporizhia. Questa fase è ancora in corso e sarebbe la parte principale della controffensiva lanciata a giugno.

Pesano le perdite subite nelle prime settimane

I media internazionali, tra cui il New York Times, hanno riportato le voci dei militari ucraini che hanno fatto luce su quanto accaduto in questi due mesi, in particolare nelle prime fasi della controffensiva di Kiev. I marines ucraini hanno perso molti uomini nei primi giorni della controffensiva, con le nuove reclute lasciate «mentalmente a pezzi» dalle battaglie, ha affermato al quotidiano statunitense Oleksandr, un comandante 28enne di un battaglione della 37esima brigata dei marine ucraini.

Secondo un’analisi pubblicata lo scorso 15 luglio sempre dal quotidiano statunitense, nelle prime due settimane dell’estenuante controffensiva dell’Ucraina, fino al 20 per cento delle armi inviate sul campo di battaglia è stato danneggiato o distrutto, per poi calare al 10 per cento nelle settimane successive.

Le critiche espresse dai miliari ucraini riguardano anche le attrezzature inadatte al compito di attaccare le forze russe, pronte da mesi ad affrontare le forze di Kiev, e per questo motivo distrutte con facilità dalle difese degli occupanti. Tra queste, anche il veicolo corazzato fornito dagli Usa e progettato per resistere alle mine (Mine Resistant Ambush Protected, Mrap). Al New York Times Oleksandr racconta di aver spesso litigato con gli addestratori negli Stati Uniti, che non sono riusciti ad adattarsi alle esigenze dei suoi uomini. «Hanno combattuto in Afghanistan e Iraq, e lì il nemico non è come i russi», fa notare il giovane comandante ucraino.

«È un bombardamento continuo»

Le autorità ucraine, tra cui lo stesso presidente Volodymyr Zelensky, da tempo hanno ammesso le difficoltà della controffensiva, sempre ribadendo però che l’importante è che l’iniziativa rimanga dalla parte di Kiev. La scorsa settimana, il viceministro Mailar ha descritto in una nota su Telegram la complessa situazione in cui si trovano i militari ucraini che devono affrontare «infiniti assalti» da parte dei russi, con più di 9 mila casi di bombardamento, circa mille in più rispetto alla settimana precedente. «È un bombardamento continuo quello attraverso il quale devono passare i nostri soldati», ha aggiunto.

«I nostri soldati stanno facendo del loro meglio. [La Russia] sta conducendo azioni di assalto attivo in una serie di direzioni, ma non ci riesce», ha dichiarato il capo di Stato maggiore delle forze armate ucraine, il generale Valerii Zaluzhnyi, in una conversazione telefonica del 7 agosto con l’omologo statunitense, il generale Mark Milley, secondo quanto riferisce il sito ucraino Ukrinform.

La conferenza di Gedda (con la Cina al tavolo)

Anche il presidente Zelensky in una recente intervista al quotidiano argentino La Nacion ha ribadito le difficoltà riscontrate da Kiev, nel tentativo di controllare la narrativa di guerra ed evitare che il frangente difficile in cui si trovano le forze ucraine possa essere sfruttato dalla Russia, che ovviamente sta già cavalcando l’onda. «La controffensiva dei militari ucraini è molto difficile e procede più lentamente di quanto tutti si aspettassero», ha ammesso apertamente Zelensky. «Tutte queste sono cose secondarie», ha però osservato il presidente ucraino, «perché alcune zone del fronte sono caratterizzate da campi minati, mentre altre presentano complicazioni differenti. Di questo possiamo parlare a lungo. Sulle indicazioni, su ciò che è giusto e ciò che non lo è». Quello che interessa al presidente ucraino è che «la controffensiva è un’offensiva dell’esercito, non una ritirata», e che l’iniziativa resta comunque nelle mani di Kiev.

Nel frattempo, l’Ucraina, forse anche per via dei risultati non esaltanti della controffensiva, sta facendo pressioni a livello internazionale per portare i paesi che finora si sono dimostrati riluttanti a sostenere la resistenza di Kiev o hanno strizzato l’occhio a Mosca ad appoggiare le sue istanze. Ne è un esempio la recente conferenza a livello di diplomatici e consiglieri per la sicurezza organizzata dall’Arabia Saudita nella città di Gedda, fortemente voluta e appoggiata da Kiev, da cui è stata esclusa la Russia. Pur senza alcun passo in avanti concreto sull’organizzazione di colloqui nell’immediato futuro, la conferenza ha riunito per la prima volta oltre 40 paesi, tra cui Brasile, Cina, India e Sudafrica, ovvero quattro dei cinque Brics. Da notare la partecipazione “attiva” di Pechino che aveva disertato un vertice simile organizzato a giugno a Copenaghen.

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