Se la Francia non riscopre le proprie radici, cederà al terrore islamico
«Non cederemo mai al terrore», ha dichiarato solennemente Emmanuel Macron rivolgendosi agli abitanti di Nizza e di tutta la Francia, dopo l’attentato avvenuto ieri nella basilica di Notre-Dame. Il presidente della Repubblica ha confortato e rassicurato i cattolici, ancora una volta attaccati in chiesa dopo il barbaro assassinio di padre Jacques Hamel nel 2016, sgozzato sull’altare mentre diceva Messa. Ma nonostante le parole di Macron, i francesi cominciano a dubitare che il governo e la sua classe dirigente siano davvero in grado di «non cedere».
INCAPACI DI GUARDARE LA REALTÀ
Secondo l’ultimo sondaggio condotto da Fiducial/Odoxa dopo la decapitazione del professore Samuel Paty, soltanto il 26 per cento dei francesi si è detto fiducioso sulla capacità del governo di difenderli dagli attentati. Ma al di là degli attentati, è sempre l’incapacità di guardare la realtà e dare un nome alle cose a destare preoccupazione.
In un’intervista a Le Figaro, l’intellettuale e filosofo Alain Finkielkraut ieri ha dichiarato:
«Degli ultimi quattro attentati imputabili all’islam radicale, tre sono stati compiuti da rifugiati. Ma se il governo si propone di rivedere le condizioni del diritto di asilo, di mettere in discussione i ricongiungimenti familiari automatici e di inasprire la politica migratoria, tutte le Corti supreme europee e francesi si ergono contro di lui. Espiare con l’ospitalità il rifiuto di accogliere i rifugiati ebrei che provenivano dalla Germania durante i tempi bui del XX secolo, ecco il compito che si assegnano i giudici dell’era posthitleriana. E così, con le migliori intenzioni, gettano le basi per il nuovo antisemitismo. E sono seguiti da tutti gli intellettuali che si inquietano per le “derive securitarie” dello Stato di diritto».
L’URGENZA È «COMBATTERE IL RAZZISMO»
Neanche a farlo apposta, proprio ieri 50 intellettuali e personalità di sinistra hanno scritto una tribuna per Le Monde, affermando a proposito degli attentati e di come rispondere:
«Questi atti mostruosi hanno come scopo quello di seminare l’odio e il terrore. Fin dalla tragedia del 16 ottobre alcuni, a volte persino all’interno del governo, si sono impegnati sulla via degli anatemi e delle accuse deliranti. Si prendono la pesante responsabilità di indebolire il paese davanti ai terroristi mettendo i francesi gli uni contro gli altri. Gli assassini e coloro che li incoraggiano hanno dunque vinto? È urgente che ci mobilitiamo attorno ai principi laici e repubblicani. Se noi falliamo, l’islamismo radicale avrà riportato, insieme all’estrema destra, una vittoria decisiva facendo della questione religiosa, e più precisamente dell’islam, il punto focale della politica francese, a detrimento delle urgenze sociali, ecologiche e democratiche. Per andare avanti bisogna riconoscere gli errori del passato. Quante discriminazioni contro i musulmani o coloro che si dicono tali sono state lasciate impunite? Il governo evidentemente ritiene che si possa lottare efficacemente contro l’islamismo radicale senza combattere allo stesso tempo alla radice contro il razzismo e le discriminazioni».
LA SCORCIATOIA DELLA «RADICALIZZAZIONE SU INTERNET»
Le decine di intellettuali che hanno firmato l’appello non contemplano neanche la possibilità che l’obiettivo dei terroristi islamici non sia «seminare l’odio», ma «vendicare l’onore del profeta» uccidendo i «blasfemi» o gli «infedeli» di turno. Non vogliono vedere che le chiese sono colpite per uccidere i cristiani e perché la Francia, volenti o nolenti, è ancora identificata come un paese cristiano.
Parlando al Corriere l’importante studioso Gilles Kepel afferma che i terroristi islamici che colpiscono la Francia «si sono nutriti dell’atmosfera in cui sono nati e cresciuti. Le loro azioni sono dettate dai messaggi che leggono in Rete. Così è stato per l’assassino di Samuel Paty. Qualcuno posta il nome del prossimo obiettivo da colpire, qualcun altro lo ritwitta su siti noti all’ambiente. Così si sviluppa un clima d’odio». Se la rete gioca sicuramente un ruolo importante nella radicalizzazione dei giovani, Kepel dimentica che il video che incitava all’odio verso Paty, giustificando indirettamente la sua eventuale uccisione, non era stato postato su generici siti, ma sulla pagina Facebook della Grande moschea di Pantin. Che non a caso è stata poi chiusa dal governo, al contrario delle oltre 150 moschee salafite che continuano a operare indisturbate.
L’INTEGRALISMO LAICISTA AIUTA QUELLO ISLAMICO
Dopo ogni attentato un esercito «negazionista», molto attivo in Francia come in Italia, è sempre pronto a ribadire che la religione non c’entra (mentre è vero il contrario), che è un accidente che non influisce sull’identità dei «cani sciolti» (per usare la terminologia del Corriere) o dei «ragazzi con il coltello» (copyright La Stampa). Ma la risposta al terrorismo non può neanche essere quella rivendicata su Repubblica dal filosofo Marek Halter, che definisce «il laicismo», non la laicità, «uno dei valori fondanti della République» ed esalta le vignette di Charlie Hebdo al pari di Macron, che non perde occasione per rivendicare il «diritto alla blasfemia» dei francesi.
Non a caso, come dichiarò a tempi.it padre Pierre-Hervé Grosjean nel 2015 dopo gli attentati del Bataclan,
«l’integralismo laico è il miglior alleato degli integralisti islamici perché nega la dimensione spirituale della persona umana e vuole far sparire la dimensione religiosa dalla società. Vuole soffocare le religioni. Ma una nazione che dimentica le sue radici e la sua eredità spirituale è fragile davanti alla forza delle convinzioni degli integralisti islamici. I media si domandano come dei giovani francesi possano partire per la Siria, rischiando la loro vita, a combattere per lo Stato islamico. E non si accorgono che parte della risposta è in questo vuoto spirituale nel quale facciamo crescere i nostri giovani. Chi risponderà alla loro sete di assoluto, al loro bisogno spirituale? Di certo non il nichilismo, la denigrazione permanente delle religioni o l’odio verso la propria cultura e identità. Queste cose, insieme al relativismo morale, non hanno mai portato felicità né costruito una civiltà né tantomeno unificato un paese».
L’IMPORTANZA DI RISCOPRIRE LE PROPRIE RADICI
Se davvero la Francia non vuole «cedere al terrore», come dichiarato ancora da padre Grosjean a tempi.it, «deve condurre senza debolezza una guerra culturale, politica e militare contro questa ideologia mortifera» senza aver paura di guardare in faccia la realtà e «senza buonismo». Allo stesso tempo, però, scrive sempre il sacerdote su Le Figaro, «bisogna rispondere al male con un bene ancora più grande. Ma che cosa significa? Per noi cristiani significa innanzitutto pregare e farlo sul serio. Per tutti significa promuovere ciò che costituisce la nostra identità. La forza di un Paese risiede nella sua storia, cultura, fede e radici. Dobbiamo tornare a essere fieri di tutto questo. Come possiamo fare amare la Francia a coloro che la raggiungono se la Francia non sa più amare se stessa e si scusa in continuazione di essere e di essere stata ciò che è?».
Foto Ansa
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