Se il lavoro di moglie è una maledizione
Prendiamo il letto della nostra camera. Mi domando: lo rifarei comunque, in assenza di un marito? Sì. Ma meno bene. O la ben più impegnativa preparazione della cena. Mi immolerei a soffriggere un sugo diverso ogni sera, se non aspettassi un commensale con l’appetito di un tirannosauro? No. Se fossi sola, dopo aver pasciuto la prole alle sette in punto, probabilmente mi butterei sul divano a succhiare surgelati direttamente dal freezer. E il tempo riservato alla ceretta dove lo mettiamo? La ceretta a novembre? Ma siamo pazzi?
[pubblicita_articolo allineam=”destra”]Ci son dunque attività che – in presenza di marito – assorbono sì tempo, ma che restano in un’area grigia. Tanto grigia che diventa molto difficile distinguere il confine fra il lavoro in più derivante dal vivere-con-marito e il lavoro che – a onor del vero – fa parte di una cura per me stessa. A questo punto, tirare le somme diventa veramente difficile.
Anche perché – a forza di pensarci – vien fuori altro ancora. Posto pure che il “marito Istat” non si occupi di apparecchio, sparecchio, pulire-lo-specchio; esiste altresì una sorta di tempo che il consorte, in quanto padre, fa addirittura risparmiare a quasi ogni genere di madre. Prendi ieri sera.
Ore 19: a dieci minuti dal sedersi a tavola, la sala pare ancora uno spogliatoio di indumenti che languono ovunque rigorosamente spaiati. Intervengo a gamba tesa:
«Ragazzi, raccattate tutte le vostre robe, che tra poco arriva papà!».
Ore 19.30: ora di cena e di domande, perlopiù dalla risposta per me arcana. Anziché cercare di rispondere a colpi di lunghe ricerche su wikipedia, chiedo al più grande di prenderne nota:
«Tutte queste cose le chiediamo poi a papà. Lui è molto più ferrato di me in storia, politica, sport, religione…».
Ore 20: l’ora in cui di solito arrivano avvisi di servizio su whatsapp, attacco col soffritto per la cena degli adulti e ho già la testa sulla spesa di domani. Ad affondare il colpo vile proprio mentre ho la guardia abbassata, arriva la più piccola:
«Quando posso avere anche io un cellulare? Se non me lo prendete voi, lo prendo io coi soldi che mi hanno dato i nonni, va bene?».
«No!».
«E perché no?».
«Signorina – taglio corto – facciamo così: sentiamo cos’ha da dire tuo padre. Se tuo papà non è d’accordo, non si prende. In questa casa, sai che è lui ad avere l’ultima parola». Certe volte è proprio il caso di dirlo: benedetto patriarcato!
Insomma, salta fuori che tra l’aver dribblato discussioni, evitato internet e non aver fronteggiato di persona il disordine, un credito di tempo se l’è pure guadagnato questo marito.
A questo punto, i conti si vanno a fare benedire. Soprattutto se – come l’Istat – si fa della gran confusione sulle faccende domestiche: separare il tempo speso in più in presenza di marito, dal tempo investito a costruire una famiglia è un lavoro davvero impossibile.
Foto mestieri di casa da Shutterstock
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1 commento
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Complimenti per l’articolo, l’acume non manca.
Per quanto riguarda la reale attitudine della statistica a rappresentare la verità delle cose, suggerisco la lettura della famosa poesia di Trilussa dedicata al tema.
Per il resto, mi preme sottolineare che, se una donna scevra da velleità sentimentali trascura la ceretta, l’uomo senza un pungolo femmineo torna direttamente allo stato selvatico.