Ci mancava lo scandalo kazako. Il suicidio di un paese buono solo per gli speculatori

Di Luigi Amicone
20 Luglio 2013
Dalla Libia alla Nigeria al Kazakistan. Senza contare i governi abbattuti a Roma e in Lombardia. Non esistono complotti, ma cos’è questo remare costante contro noi stessi?

Ci mancava solo lo scandalo kazako. I casini che si accumulano sull’Italia adesso cominciano a essere un po’ troppi per non sospettare che: A) siamo un paese di Tafazzi; B) qualcuno lassù ci vuole male.

Volevi dire? Volevo dire: metti in fila che – Berlusconi riluttante perché contro i nostri interessi (Eni) in Libia – ci hanno obbligato a fare la guerra a Gheddafi (primavera 2011). Dopo di che, tra agosto e dicembre, sempre del 2011, ci hanno bombardato per sei mesi la Borsa italiana fino a ottenere (con probabile manina di frau Angela Merkel) la deposizione di Berlusconi e la nomina di Monti. Il quale fa “i compiti a casa” e lascia mano libera a Berlino mentre i nostri asset strategici, Eni e Finmeccanica, vengono attaccati dalle procure.

Tra la primavera 2012 e quella del 2013, succede di tutto: scienziati condannati per non aver previsto terremoti, Lombardia di Formigoni triturata benché unica regione italiana non tecnicamente fallita, magistrati di Taranto che bloccano la più grande acciaieria d’Europa. E marea nera di scandali Belsito che aprono lo sfondamento del parlamento alle truppe di Grillo. Arrendetevi tutti! Intanto, zitti zitti, zelanti pubblici ministeri chiudono il business Finmeccanica in India e Brasile, mentre si ispessisce il dossier Eni (inchieste in Kazakistan e in Nigeria). Condannata la Saipem-Eni in Nigeria, notizia del giorno, naufragano le relazioni con il Kazakistan, paese cruciale per la nostra impresa petrolifera.

Vabbè, del Cavaliere sapete tutto. In cima agli agit-prop che scommettono sulla nostra autodemolizione ci sono osservatori internazionali molto chic e molto liberal, molto in e molto obamiani. Seguono con un certo senso euforico e simpatetico l’harakiri di un paese divenuto appetibile solo per le speculazioni. Investimenti dall’estero? Zero. La Fiat? Andrà all’estero grazie alla grazia delle testate borghesi che riversano doni alla Fiom. Se ne dispiacciono perfino i giornalisti stranieri a Roma, dell’agonia italiana. Mentre da noi, in Italia, c’è l’Editoriale Repubblica-Espresso che è tutto un godere a rewind, nel senso che riavvolge sempre lo stesso nastro. E per ogni scandalo che scoppia? C’è uno straniero che ingrassa (vedi incetta di acquisizioni di marchi italiani).

Ora, siccome anche noi siamo giornalisti a cui piace piacere, come è di retorica scrivere, anche noi scriveremo che “i complotti non esistono”. Mai. Però, cos’è questo remare indomito e costante a farci a pezzi? Sta già passando lo shopping? Ci portano via tutto a spezzatino? Quanti marchi e quali asset ci sono rimasti? Quando viene giù tutto? Ci mangeremo a vicenda? Godrà come un riccio, Grillo? Vien da dire: povero paese. Ricco Carlo De Benedetti. E di necessità virtù, forza governo Letta-Berlusconi.

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