

La nostra storia inizia nel 2010, quando Agusta Westland (gruppo Finmeccanica) vince la gara per una fornitura di Aw101 Vip all’India, battendo la concorrenza degli americani di Sikorsky. Una vittoria importante per l’azienda italiana che si aggiudica una commessa da 748 milioni di dollari (560 milioni di euro) che include anche l’addestramento del personale indiano e il supporto logistico. Insomma, un affare coi controfiocchi, sia perché Agusta entra nel mercato indiano, uno dei più ambiti e storicamente legato ad altri partner, sia perché assieme ai 560 milioni della commessa l’Italia vede aprirsi scenari per affari futuri.
Nella primavera del 2011 si procede al cambio al vertice di Finmeccanica. A succedere a Pier Francesco Guarguaglini è Giuseppe Orsi, ingegnere, quarant’anni in Agusta, premiato l’anno precedente dalla regina Elisabetta con l’onorificenza di “Commander of the British Empire”. Solo pochi mesi dopo, però, per Orsi cominciano i guai e sul suo conto iniziano a girare diverse maldicenze. L’11 novembre 2011 Lorenzo Borgogni, ex responsabile delle relazioni esterne di Finmeccanica, rivela ai pm napoletani Henry John Woodcock e Vincenzo Piscitelli che Orsi, nell’affare degli elicotteri, avrebbe pagato una tangente di 10 milioni ad alcuni esponenti della Lega Nord. Medesime accuse vengono rivolte a fine 2012 da Luciano Zampini, presidente di Ansaldo Energia, che in un interrogatorio col pm di Busto Arsizio, Eugenio Fusco, spiega che sulla nomina di Orsi gravi l’ombra del pagamento di una tangente. Zampini, che pure era uno dei pretendenti per la poltrona di Finmeccanica, dice che, parlando con l’intermediario svizzero-americano Guido Ralph Haschke, questi gli avrebbe avanzato l’ipotesi che, «forse», Orsi avrebbe “ripagato” la Lega per aver sostenuto la sua nomina.
Da quel «forse» gli inquirenti partono per dimostrare il passaggio di denaro. Incredibili, a rileggerle oggi, sono le parole del gip: «A prescindere dalla corrispondenza al vero di quell’illazione di Zampini», le intercettazioni telefoniche tra Orsi e alcuni esponenti del Carroccio «confermano, ove ce ne fosse ancora bisogno, la complessiva credibilità di Haschke». Che Busto Arsizio sia in provincia di Varese; che Orsi guidi Agusta, l’azienda più importante della zona; che egli possa avere rapporti istituzionali con gli amministratori locali, tutto questo non è preso in considerazione.
Un intero mercato perduto
Sui giornali si inizia a scrivere della vicenda. Si parla di una maxi tangente di 50 milioni di euro che sarebbe stata usata per corrompere il maresciallo dell’aria Sashi Tyagi, capo di Stato maggiore dell’aeronautica indiana. Haschke, inizialmente, in un interrogatorio in Svizzera dice che di quei soldi Orsi non ne sapeva nulla. Tuttavia, in un secondo interrogatorio, ribalta la sua versione, accusando il presidente di Finmeccanica di essere al corrente del malaffare.
La vicenda della tangente va forte sui giornali. È ovvio, è la parte più succosa della storia che si colora anche di altri particolari, perché a essere coinvolto nel giro di mazzette ci sarebbe anche Comunione e Liberazione. Sul movimento ecclesiale le accuse risultano sempre molto fumose. Non si dice a chi sarebbero stati dati dei soldi, perché, dove, come, quando. Eppure si scrive comunemente di tangente alla Lega e al «partito di Cl». Vanamente il capo ufficio stampa del movimento cerca di respingere ogni addebito sulla fuligginosa insinuazione. Ma si sa: certi articoli finiscono in prima pagina, le rettifiche nello scantinato delle precisazioni. Di più: sebbene nel corso delle indagini si chiarisca che non esista alcuna prova di una tangente alla Lega e l’ipotesi sia archiviata, sui quotidiani si continua a scrivere la medesima solfa. Intanto si avvicinano le elezioni regionali, fissate per il 24 e 25 febbraio. A succedere al ciellino Roberto Formigoni corrono il candidato del centrodestra alleato con la Lega, Roberto Maroni, e l’avvocato del centrosinistra, Umberto Ambrosoli. Quale miglior occasione per rovistare negli intrallazzi ciellini-leghisti?
Così, a dodici giorni dal voto, il 12 febbraio 2013, Orsi è arrestato. Ironia della sorte, quella mattina sul Sole 24 Ore appare un’intervista a Massimo Pugnali, senior vice president per market e business development di Finmeccanica, che dichiara: «Quello indiano è ormai il nostro primo mercato al di fuori di Italia, Regno Unito e Stati Uniti, che noi consideriamo “domestici”». Secondo un grafico pubblicato dal Sole, si stima che entro il 2020 il settore della Difesa indiano possa arrivare a valere 75 miliardi di dollari.
Orsi finisce in carcere; Bruno Spagnolini, ad di Agusta Westland, ai domiciliari. Per loro e per gli intermediari Haschke e Carlo Gerosa l’accusa è di corruzione internazionale, concussione e peculato.
I giornali ci vanno a nozze. Repubblica titola: “Finmeccanica, vertici in manette. Arrestato Orsi, il manager voluto dalla Lega”. Non bastasse la titolazione a rendere il concetto, in un editoriale a firma di Alberto Statera si legge: «Con l’arresto di Giuseppe Orsi, digerire la pietra della stecca indiana per l’acquisto di dodici elicotteri sarà arduo per il presidente amministratore delegato di Finmeccanica ed ex amministratore delegato di Agusta. Ma anche per la Lega Nord e Roberto Maroni, che tra due settimane corre da presidente della Lombardia». Il palazzo romano di piazza Monte Grappa, sede di Finmeccanica, è descritto come un luogo «percorso da faccendieri, impostori, mediatori internazionali, ladri e sicofanti». Orsi è presentato come «il boiardo del Varesotto, leghista di complemento e cattolico fervente, tendenza affaristica Comunione e Liberazione». Mettendo un po’ le mani avanti, Statera scrive anche che «ora vi diranno che Finmeccanica, con 75 mila dipendenti e 18 miliardi di fatturato, è l’eccellenza italiana nel mondo nel settore aerospaziale e degli armamenti. Che grandi affari sono in corso: elicotteri alla Russia e alla Corea del Sud, 700 milioni di commesse appena conquistate al Salone elicotteristico di Dallas. Se poi va sborsata qualche “commissione” internazionale, nessuno s’impanchi a verginella. Chi scoperchia gli scandali lavora contro il paese in crisi».
Quegli atti «non rilevanti»
Chi, invece, si fosse andato a leggere l’ordinanza di arresto di Orsi si sarebbe accorto che, diversamente dalle titolazioni dei giornali, Comunione e Liberazione non era neppure nominata e che le accuse a Orsi erano piuttosto traballanti. Al suo posto viene nominato Alessandro Pansa e sia Finmeccanica sia Agusta Westland negano le accuse sostenute dal pm Fusco. Ma intanto tutto precipita. L’Agenzia delle entrate per il reato di natura fiscale e il ministero della Difesa indiano sono ammessi come parti civili al processo. Il dicastero indiano dà avvio alle azioni necessarie per cancellare la commessa e l’operatività del contratto. Per Agusta, per Finmeccanica, per l’Italia è una sciagura: l’affare di 560 milioni va in fumo, l’India blocca i pagamenti ma si tiene tre elicotteri. Il 15 febbraio il presidente francese Hollande vola a New Delhi. Accompagnato da una delegazione monstre di sei ministri e sessanta imprenditori, il presidente francese chiude un affare per sostenere la Eurocopter, società concorrente di Agusta Westland.
Il processo a Orsi e Spagnolini inizia il 19 giugno 2013 e per mesi di Finmeccanica non parla più nessuno. Il perché lo si capisce il 9 ottobre 2014, il giorno della sentenza. Il pm Fusco chiede sei anni per Orsi e cinque per Spagnolini. Il verdetto è: «Il fatto non sussiste».
Come spiega a Tempi il legale di Orsi, l’avvocato Ennio Amodio, «abbiamo dimostrato che non c’è mai stato alcun illecito tra Agusta e Haschke. Sebbene il pm abbia sempre sostenuto che gli atti della gara vinta da Agusta fossero “non rilevanti”, abbiamo ricostruito l’architettura del sistema indiano e dimostrato che in nessun punto la gara sia stata alterata. Il signor Tyagi era del tutto estraneo. Nessuna tangente è stata pagata, come hanno ammesso persino gli stessi consulenti tecnici del pm». Intanto, però, Finmeccanica è finita nella black list, rimanendo esclusa dal mercato indiano. Senza contare il fatto che, collegate alla commessa, «c’erano forniture – dice Amodio – che avrebbero grandemente avvantaggiato il nostro paese nel futuro. I 560 milioni della commessa vanno moltiplicati tre o quattro volte».
«Come può essere in prigione?»
Intervistato dal Giornale, Orsi ha raccontato i suoi 84 giorni di custodia cautelare. «Io credo – ha detto – che in nessuna parte del mondo si sognino di mettere in galera il presidente della più importante industria del paese se non si hanno motivazioni più che provate».
Mentre lui rimaneva al fresco l’ordinanza di custodia cautelare è circolata nel mondo tradotta in inglese, gettando ancora maggior discredito sull’azienda e sull’Italia. Solo quando i rappresentanti del governo indiano sono venuti in Italia hanno cominciato a capire qualcosa. «Arrivavano da me – racconta Amodio a Tempi – e mi chiedevano: ma come è possibile che sia in prigione? Perché è in carcere se siamo solo alle indagini?».
Orsi ha raccontato che il magnate australiano della logistica Lindsay Fox «venne a Milano dal mio avvocato per farsi spiegare. Dopo è andato in Duomo, ha preso una cartolina e mi ha scritto: “Italy’s fucked up”». L’Italia è fottuta.
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Sono cose talmente assurde che viene un sospetto:Ma non e’ che sono certi magistrati e certi giornalisti ad essere al soldo di qualcuno? O si tratta solo di scarsa intelligenza e tanta malafede unita ad un enorme delirio di potere? In fondo mia zia diceva sempre che “il ladro pensa che tutti rubino!”
Bella, Doroty, sono del tutto d’accordo !