Bologna
Proprio nel giorno in cui sull’edizione locale del Corriere della Sera il sindaco Sergio Cofferati rivelava che «mi piace Sarkozy, un signore molto coraggioso», il Resto del Carlino metteva in pagina la faccia schifata di una nauseata signora provvista di mascherina e il titolo cubitale “LA CITTà PUZZA”. Quello a parlare di prospettive e origami politici del nascente Partito democratico (di cui è uno dei 45 saggi), e i suoi concittadini a lamentarsi del tanfo di piscio ad ogni crocicchio. «Hanno defecato sotto la statua di San Petronio. Fanno pipì dentro la vasca di Nettuno», ha scritto il Carlino. Quello a pontificare sui nuovi profumi che spanderà il Pd per l’Italia, questi a rammentargli che la cacca in piazza Verdi olezza, anche se è quella anarchica dei punkabbestia.
Se la città dei portici, il cantiere per antonomasia della sinistra italiana, la città di Romano Prodi, arriva a sì sconci dibattiti è perché l’insofferenza verso il «sindaco mandato da Roma» è all’apice. Ne è testimonianza anche la lettera che quaranta personalità bolognesi, capeggiato dal filosofo Stefano Bonaga, hanno fatto pubblicare a pagamento sulle testate locali. I toni sono acidi e puntuti, soprattutto tenendo conto che si tratta di quel milieu cittadino che ha contributo a farlo eleggere. Ci si lamenta della «scarsa partecipazione», di «ambiente inquinato simbolicamente da un clima di proibizioni», di «un’atmosfera non amichevole tra governo e cittadini» e si calca la mano contro «l’affermazione dell’infallibilità del Decisore». “Decisore” scritto con la D maiuscola, che sa tanto di sberleffo per un sindaco che ama presentarsi come il Sarkozy di sinistra. La pagina di protesta della locale sinistra-bene doveva uscire già qualche settimana prima, ma poi ci sono state le minacce telefoniche, le scritte sui muri, le Smart incendiate davanti alla casa del portavoce Massimo Gibelli. Quindi s’è rimandato, s’è prudentemente preso le distanze dalla minacce mortifere, si sono fatte le debite dichiarazioni di sostegno, ma poi si è sbottati, tagliando le parole con l’accetta e mandando a ramengo le rifiniture stilistiche e il labor limae.
Bologna non ne può più del suo primo cittadino e che la tensione sia salita oltre il livello di guardia, lo dicono anche le battuttace che circolano sul suo conto («Dov’è il sindaco nel weekend? è andato a Genova a trovare la fidanzata»), che più nessuno, nemmeno dentro la sede del Comune a Palazzo d’Accursio, accompagna a cerimoniosi sorrisi di circostanza. Fra i consiglieri diessini lo chiamano «il pazzo», da più parti si sghignazza di quell’assessore che, pur di non farsi sposare in Comune dal primo cittadino, è andato a celebrare il proprio matrimonio lontano dalle due torri. Il clima è tropicale e, da destra a sinistra, si fatica a ragionar freddo. «Cofferati è artefice e vittima di questa situazione», dice a Tempi un consigliere di sinistra. «Cerca perennemente lo scontro, soprattutto a sinistra, per avvalorare una ferrigna immagine mediatica e nascondere sotto il tappeto le proprie incapacità amministrative». L’elenco è lungo: la lotta contro i lavavetri («oggi sono ancora tutti lì»); gli sgomberi dei rom sul Lungoreno («che lì sono tornati e chisseliricorda»); l’incaponirsi contro i centri sociali che non rilasciano gli scontrini; la lotta contro i centri sportivi che non sono in regola («col bel risultato che tutto un mondo storicamente legato alla sinistra ha formato un coordinamento anti-Comune»). «Sono battaglie senza capo né coda», afferma un altro consigliere di sinistra. «Intanto la città è ferma: il Comune che ha fatto da quando Cofferati è in carica? Niente». I nastri che taglia sono quelli delle opere progettate dalla giunta precedente, quella del macellaio Guazzaloca. Una è emblematica per tutte: la metropolitana. C’erano già il progetto e i finanziamenti, Cofferati li ha persi «e ora vagheggia una metrotranvia che non si sa dove passerà, quando partirà, se si farà».
La megamoschea regalata all’Ucoii
Quando s’è saputo che Cofferati faceva parte dei 45 saggi del Partito democratico, Tiziano Loreti, segretario provinciale del Prc, ha mugugnato che non era il caso e che serviva impegnarsi più a fondo per i bisogni della città. «Osservazioni bizzarre» le ha bollate il sindaco. Parole che hanno confermato in molti l’immagine di un primo cittadino spocchioso ed etereo. Lo scontento è così denso che a sinistra lo affermano apertamente. «I rapporti sono mediamente cattivi» dice a Tempi Serafino D’Onofrio, consigliere d’area occhettiana. «Ha tradito le aspettative. Poca amministrazione, scarsa competenza. Ormai rappresenta solo Ds e Margherita. Gli altri sono tutti fuori: un assessore dei Verdi se ne è andato, un altro in quota Rifondazione è uscito dal partito, a livello di presidenti di quartiere non si contano le defezioni». In città la chiamano “l’altra sinistra” come a rimarcare le differenze. Un altro consigliere rivela quel che già tutti sanno: «Si lavora per una candidatura alternativa di sinistra in vista delle comunali nel 2009». Accadde la stessa cosa quando vinse Guazzaloca: sinistra spaccata e vittoria dell’outsider sostenuto dalla destra. «Guazzaloca – nota un ex assessore di quella giunta – ha rilasciato interviste sibilline. Che stia pensando a una ricandidatura è possibile. Ma correrà solo se sarà certo di poter vincere».
In realtà, un progetto in cantiere la giunta Cofferati l’avrebbe: l’edificazione di una megamoschea. «è una follia» dice a Tempi il vicepresidente del Consiglio Paolo Foschini (Fi). «La sinistra continua a trattare come un puro problema burocratico una faccenda che andrebbe valutata sotto altri aspetti». I lavori cominceranno nel 2008 e la moschea sorgerà in una zona periferica. Secondo quanto pattuito tra il Comune e il Centro di cultura islamica locale An Nur, avverrà uno scambio: palazzo D’Accursio rientrerà in possesso di 6 mila metri quadrati (2.057 edificabili) in viale Felsinea, del valore di 1,3 milioni di euro. In cambio il centro islamico otterrà un terreno di 52 mila metri quadrati (del valore di 1,5 milioni di euro) di cui 6 mila saranno resi edificabili da un’apposita variante urbanistica. L’assessore diessino all’Urbanistica, Virginio Merola, ha dichiarato che i 269 mila euro di differenza saranno abbuonati. Il primo a dare un luogo per pregare ai musulmani fu Guazzaloca, di cui Foschini era assessore, «però – spiega – qui siamo di fronte a uno scambio impari. La sinistra sta fumando seduta su una polveriera». Ad allarmare sono i rapporti tra l’An Nur e l’Ucoii. Nell’estate del 2005 il Centro ospitò Wagdi Ghoneim, esponente di spicco dei Fratelli Musulmani, incarcerato in Egitto ed espulso dagli Stati Uniti e dal Canada per apologia del terrorismo. Nel settembre del 2005, l’ex direttore Nabil Bayoumi dichiarò che Osama bin Laden «sosteneva cose condivisibili».
Oggi An Nur ha preso le distanze da Bayoumi – che è stato costretto a dimettersi – e dall’Ucoii, ma i sospetti non sono svaniti. Se ne sono accorti anche a sinistra, dove s’è fatta una mezza marcia indietro. A garanzia è stato creato un “Comitato di controllo” che verificherà le attività della moschea. «è ridicolo» attacca Foschini. «La moschea diventerà il punto di riferimento per tutto il nord Italia. A tutte le domande – quanti musulmani ci sono a Bologna? Chi finanzia la moschea? Con che strumenti la controlleremo? Che affidabilità hanno i nostri interlocutori? – il sindaco non ha dato alcuna risposta». Intanto in città il centrodestra raccoglie firme contro il progetto e sono comparsi volantini che inneggiano al fondamentalismo islamico con frasi del tipo: «Si sta avvicinando il giorno del giudizio».
E Caffarra si arrabbiò
«L’ha scritta proprio di suo pugno». Un collaboratore prossimo del cardinale Carlo Caffarra rivela che la nota emanata dopo le contestazioni è stata vergata dal prelato senza l’intermediazione né dei consiglieri né dell’ufficio stampa. è accaduto che davanti alla cattedrale, nei giorni in cui era presente l’immagine della Madonna di San Luca, associazioni gay e lesbiche hanno inscenato una protesta che il cardinale ha definito «incivile gazzarra», «grave», «blasfema». Erano presenti anche politici del centrosinistra e Cofferati ha dovuto prendere le distanze dai manifestanti. «Neppure ai tempi dei sindaci rossi si era mai osato aggredire così spudoratamente la Chiesa». Alla processione conclusiva c’era il doppio della gente. «Vista la folla, il cardinale ha detto ai suoi collaboratori: “Ci vorrebbe una contestazione ogni anno”».
L’episodio ha però scavato un ulteriore fossato tra le varie anime della sinistra. Fa notare un consigliere: «L’Arcigay è ancora un po’ titubante, ma le altre sigle del mondo omosessuale sono passate con Rifondazione». Altri sottolineano come sia cambiato l’atteggiamento del sindaco: «In campagna elettorale rifiutò un’intervista all’Avvenire e lasciò vuota la sedia in cattedrale alla festa di san Petronio, patrono della città». Ora, invece, «ha capito che occorre avere, almeno formalmente, rispetto». Per questo, ridono in curia, «s’è fatto più papista del papa e non manca a una celebrazione religiosa. Addirittura sfiorando il ridicolo, come quando non voleva far giocare il Bologna la domenica perché c’era la processione».
Fiuto confindustriale
A un vecchio cronista il sindaco ha rivelato il suo stupore perché Repubblica lo attacca. «Non li capisco», ha detto. In città non è facile trovare suoi sostenitori. Tra i pochi c’è il nuovo dorso del Corriere della Sera, sbarcato nel capoluogo emiliano grazie a un cospicuo investimento. «Sta dando pessimi frutti», dice una fonte interna al quotidiano. «Le copie vendute da quando c’è l’inserto locale sono circa duecento in più. Un po’ poche. E la linea è troppo di palazzo. Cerchiamo di essere un Carlino senza averne l’anima popolare e una Repubblica senza averne lo spitito critico un po’ snob».
Tra gli addetti all’informazione circola un retropensiero: a sostenere il Corriere a Bologna è stato l’imprenditore Gaetano Maccaferri, 56enne presidente della Confindustria locale, legato a Luca Cordero di Montezemolo. Maccaferri avrebbe ottenuto in cambio del “favore” una variazione del piano regolatore cittadino per costruire un business center nella zona aeroportuale. Il tutto però è stato bloccato dopo la documentata denuncia-inchiesta apparsa sulle pagine del Carlino, al cui editore Rieffeser Palazzo d’Accursio non avrebbe concesso l’edificabilità in un’area a Borgo Panigale. Ma, aldilà delle tesi dei retroscenisti, rimane il fatto che «fra i primi a cui Cofferati andò a portare i suoi omaggi ci fu Maccaferri. Montezemolo e Cofferati sono entrambi uomini d’industria: si conoscono, si rispettano, si “usmano” anche quando sono lontani. In fondo, Cofferati è rimasto un sindacalista: sa che prima di tutto occorre accordarsi col padrone».