La preghiera del mattino

Ora pure i sauditi puniscono l’insipienza politica di Biden

Joe Biden e Mohammed bin Salman
Il discusso “saluto pugno a pugno” tra presidente americano Joe Biden e il principe saudita Mohammed bin Salman a Gedda nel luglio scorso (foto Ansa)

Su Atlantico quotidiano Federico Punzi scrive: «Alla fine è arrivato il sonoro schiaffone dell’Arabia Saudita all’amministrazione Biden. Ieri, a Vienna, l’Opec+, il cartello che riunisce i principali paesi produttori di petrolio più la Russia, ha deciso un taglio della produzione di ben 2 milioni di barili al giorno. E questo nonostante da mesi Washington chieda a Riyad di aumentare la produzione per raffreddare i prezzi. Il presidente Joe Biden si era speso in prima persona recandosi in visita nel Regno, nel luglio scorso, e ricevendo critiche in patria per un saluto pugno a pugno ritenuto troppo complice con il principe ereditario Mohammad bin Salman».

Come spiega bene Punzi, i sauditi non sono affatto alleati di Mosca, bensì non tollerano da parte di Washington la mancanza di una strategia politica rispettosa degli Stati “come sono”. L’idea che per guidare il mondo basti la supremazia militare ed economica condita da un astratto idealismo senza sapienza politica e diplomatica fa correre gravi rischi al nostro pianeta.

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Su Formiche Rossana Miranda scrive: «La settimana scorsa Macron è stato molto duro. Ha detto che, nel caso si proseguisse con la mozione di censura, andrà allo scioglimento immediato dell’Assemblea nazionale. Il voto per una mozione di censura ha bisogno di una maggioranza assoluta e questo sarebbe ipotizzabile solo con un’alleanza tra i partiti di sinistra, i repubblicani e l’estrema destra, tra cui Rassemblement national di Marine Le Pen».

La nostra stampa mainstream, quando analizza questioni che riguardano il cuore dell’Unione Europea cioè la Francia e la Germania, preferisce la propaganda e la retorica all’analisi critica dei fatti. Oltralpe sta succedendo qualcosa di complesso nei rapporti politici: in poche settimane è entrato in crisi il fronte melenchonista per faccende di violenze domestiche di un suo esponente di primo piano, sono finiti sotto accusa il ministro della Giustizia e il potentissimo segretario della presidenza della Repubblica. In Germania lo scontro tra filoatlantici e filocinesi divide non solo la maggioranza di governo ma anche il fronte Cdu-Csu. Ma da noi ci si chiede solo se Parigi e Berlino metteranno alle strette o no Giorgia Meloni.

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Su Affaritaliani si scrive: «Funzionari americani hanno anche affermato che gli Usa non erano a conoscenza dell’operazione in anticipo e si sarebbero opposti all’omicidio se fossero stati consultati. In seguito, i funzionari americani hanno ammonito gli ucraini per quanto accaduto. Le conclusioni dell’intelligence Usa sul fatto che le autorità di Kiev abbiano autorizzato l’omicidio Dugina sono state comunicate la scorsa settimana all’amministrazione Biden».

L’uscita delle indiscrezioni qui riportate dà la sensazione che nell’amministrazione americana vi sia qualche preoccupazione sulle scelte, peraltro oggettivamente necessarie dopo l’aggressione di Mosca a Kiev, assunte in Ucraina. Pare quasi si tema una sorta di faustiano andar fuori controllo delle forze evocate.

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Su Fanpage Chiara Amendola scrive: «Minaccia nucleare? Difficile dire se il presidente Putin stia bluffando o meno. Così il direttore della Cia, William Burns, ha spiegato in un’intervista alla Cbs le ultime mosse del presidente russo che dopo l’annessione delle regioni di Donetsk, Luhansk, Zaporizhzhia e Kherson all’interno della Federazione Russa, ha accusato di immoralità gli Stati Uniti d’America ricordando anche che “sono l’unico paese ad aver usato armi nucleari due volte”, stabilendo di fatto “un precedente”».

La guerra ucraino-russa ha visto una larga convergenza tra la Cia, che ha dato a Kiev una netta superiorità d’intelligence rispetto a Mosca, e il Pentagono, che ha potuto sperimentare tutta l’efficacia della nuova elettronica negli armamenti dell’utlima generazione. La sensazione, però, è che oggi la più politica Cia abbia maggiore coscienza dei rischi globali che si corrono, rispetto a militari più concentrati sull’efficacia specifica della loro azione.

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