Il presidente della Regione Lombardia sarebbe indagato per corruzione anche «in rapporto ai consistenti finanziamenti pubblici erogati negli anni dal Pirellone all’ospedale San Raffaele». Per lo meno ne è convinto il Corriere della Sera, che oggi, in un articolo a firma di Luigi Ferrarella, riporta le tesi degli inquirenti, i pm milanesi Greco, Pedio, Pastore, Ruta. Il governatore stesso, al contrario, fino a oggi non ne sapeva nulla. Arrivato questa mattina in Tribunale a Milano per l’inaugurazione dell’anno giudiziario, ha detto ai giornalisti: «Se questa notizia è vera, è stato commesso un reato perché è stata informata la stampa e non sono stato informato io».
NON SOLDI MA BENEFIT. Da Ferrarella e dal Corriere si apprende che secondo la Procura il corruttore sarebbe ancora una volta Piero Daccò. I famosi «benefit ipotizzati come tangenti a Formigoni», infatti, non sarebbero stati pagati solo con le provvigioni versate al lobbista dalla Fondazioni Maugeri, ma anche con parte di quei 7-8 milioni di euro incassati dal San Raffaele, per i quali Daccò è stato già condannato in ottobre a 10 anni con rito abbreviato (concorso in bancarotta).
INTERROGATORI E PERIZIE. A convincere i magistrati a iscrivere il governatore della Lombardia nel registro degli indagati sono stati – sempre secondo Ferrarella – «due indicatori». Il primo sono i non meglio dettagliati «interrogatori di almeno due dirigenti regionali» in tema di remunerazione delle funzioni non tariffabili, ovvero i bonus extra riconosciuti dal Pirellone agli ospedali per attività d’eccellenza, bonus assegnati «in base a 30 parametri che per definizione lasciano ampia discrezionalità» (ancora Ferrarella).
Il secondo «indicatore» è la relazione preliminare di Maurizio Bracchi, «consulente tecnico dei pm sulle delibere dei finanziamenti regionali nell’era Formigoni 1995-2010». Bracchi avrebbe infatti rilevato nei provvedimenti «profili di anomalia amministrativa».
LA RELAZIONE BRACCHI. Nella relazione consegnata alla Procura di Milano (e arrivata puntualmente anche al Corriere della Sera), il consulente «addita come, “per tutti gli atti deliberativi concernenti il riparto dei compensi per le funzioni non tariffate, l’attività istruttoria” della Regione “appare non congruamente formalizzata”». Ferrarella è in grado di fare un paio di esempi, sempre tratti dal documento di Bracchi. Primo esempio: un criterio indicato per l’assegnazione al San Raffaele di fondi per funzioni non tariffabili era «la numerosità della casistica», ma questa numerosità secondo il perito è in pratica «un elemento oggi ignoto»; cosa che «non depone certamente a favore dell’imparzialità dell’azione amministrativa, soprattutto se l’esito della procedura presenta l’evidente squilibrio in favore di uno degli operatori, nella fattispecie l’Ospedale San Raffaele». Secondo esempio. Nel 2003, «l’assegnazione di questi ultimi finanziamenti, in larghissima misura finiti nelle casse dell’Ospedale San Raffaele, viene dalla Giunta regionale deliberata sulla scorta di criteri puntualmente enunciati nella propria deliberazione, ma della cui applicazione concreta ai fini della designazione dei beneficiari non viene dato conto».
«NON HANNO CAPITO NULLA». Fin qui la versione di Ferrarella. O meglio: dei magistrati. Quanto a Formigoni, l’accusato non risulta essere stato interpellato dal Corriere. Ma stamattina ha ribadito ai cronisti che «non un reato è stato commesso, non un centesimo di denaro pubblico è stato dissipato. Nessuno può dire che non è vero. Il processo sul San Raffaele è stato già celebrato e io non sono stato coinvolto». E nel merito delle “anomalie” segnalate ai pm dal perito Bracchi il governatore replica: «Se leggete l’articolo, la cosa è chiara: questo famoso consulente non ha capito nulla e non è con l’ignoranza che si possono sollevare accuse».