Durante il primo confronto televisivo con Romano Prodi, nel suo stralunato appello finale, oltre a prendersela con lo scarso minutaggio, sforare coi tempi, lamentarsi per le algide regole che gli imbottigliavano la fantasia, Silvio Berlusconi è riuscito a inframmezzare questa frase: «Il 9 di aprile non sarà una scelta tra Berlusconi e Prodi. Si dovrà fare una scelta tra due concezioni diverse, tra due modi di vedere la società». Che tali parole rivelino una sacrosanta verità (certo più vicina al reale che non la promessa prodiana di poter «organizzare un pochino di felicità») lo ha ribadito il suo stesso antagonista qualche giorno dopo, dichiarando ai giornali che «queste elezioni sono una scelta tra due diverse visioni del mondo».
Che parlare di scontro di civiltà tra i due poli sia una tesi ardita e una forzatura giornalistica è senz’altro evidente se, come banco di prova, si assume il dibattito incorso in Italia durante il referendum sulla legge 40. La tendenziale linea di sostegno alla norma da parte del centrodestra ha vissuto di notevoli defezioni e, viceversa, l’orientamento abrogativo del centrosinistra ha visto importanti leader smarcarsi sulla linea dell’astensione. Se però si cerca fra i due schieramenti, in una più generale vision culturale, quale sia l’anima antropologica del fare politico, è innegabile che di scontro si debba parlare. Il sottosegretario agli Interni Alfredo Mantovano (An), che tanto si è speso durante il dibattito sul referendum per fratello embrione e sorella verità, vede una differenza fondamentale tra i due schieramenti: «è un problema di civiltà e la differenza si può misurare sui fatti. Da un lato, abbiamo uno schieramento che in questi anni si è battuto per l’approvazione della legge sulla regolamentazione della fecondazione assistita, la parità scolastica, le misure in favore della famiglia, la lotta al terrorismo, la regolazione dell’immigrazione clandestina. Nel centrosinistra vediamo spinte libertarie verso la regolazione dell’eutanasia, la sperimentazione a livello regionale della Ru486, la disciplina dei Pacs».
«è così – conferma a Tempi il ministro per i rapporti col Parlamento, Carlo Giovanardi (Udc) – è uno scontro fra civiltà. Di qui vi è chi ritiene che ogni vita, anche se imperfetta, vada preservata; di là vi è chi, ammantando il proprio pensiero con parole come “compassione”, “dolce morte”, “aiuto alla sofferenza”, propone scenari inquietanti come la dolce morte, la manipolazione degli embrioni, lo sradicamento del rapporto uomo-donna». Il ministro è stato recentemente coinvolto in una polemica col governo olandese. Durante una trasmissione radiofonica aveva dichiarato che «la legislazione nazista e le idee di Hitler in Europa stanno riemergendo, per esempio in Olanda, attraverso l’eutanasia e il dibattito su come si possono uccidere i bambini affetti da patologie. Da noi un bambino malato viene curato, in Olanda è ucciso». Il riferimento era al “Protocollo di Groningen” del pediatra Eduard Verhangen, uscito un anno fa sul New England Journal of Medicine. Il protocollo vuole garantire potere di vita e di morte sui nuovi nati e costituisce la piattaforma per una legge al vaglio del governo di Amsterdam. Il ministro non vuole tornare sul caso, ma fa notare che, per quel che riguarda casa nostra, «il progressismo “sesso, droga e rock’n roll” di Rifondazione comunista e della Rosa nel pugno usa la terminologia propria dell’eugenetica nordica».
BRUNETTA ESISTE
La polemica contro Giovanardi, ben fomentata in Italia da esponenti della Rnp come Daniele Capezzone, ha molto colpito Loris Brunetta, presidente dell’Associazione per la ricerca sulle cellule staminali adulte. Già durante la campagna referendaria Brunetta si era opposto a una riduzione dell’uomo alla sua malattia e nel caso olandese vede riproporsi il medesimo pericolo. «Nel Protocollo – dice a Tempi – si parla espressamente di persone “non meritevoli di continuare a vivere”. Dove ci porterà questa deriva?». Per Brunetta, al fondo, «v’è un problema educativo e d’informazione. Su questi temi si propone, da parte dei mass media, una visione unilaterale e anti-vita ammantata di buoni sentimenti». Dolcezze che, a uno come lui, thalassemico, potrebbero togliere anche la possibilità di vivere. «Invece io ci sono, esisto. E come me molti malati che una legge del genere non farebbe mai nascere».
Follie olandesi? Che il caso non sia poi così lontano dalle vicende di casa nostra è convinto Felice Achilli, presidente dell’associazione professionale Medicina e Persona. Recentemente ha promosso un appello, firmato da oltre duecento neonatologi italiani, «a difesa della tutela della vita dei nati prematuri (prima della ventitreesima settimana)». La vicenda, nota ai lettori di Tempi, «è significativa – spiega – perché fa risaltare la differenza tra due diverse concezioni di intendere l’essere umano».
Lo scrittore e giornalista Corrado Augias su Repubblica ha annunciato di «aver acquistato il kit della buona morte in vendita a Bruxelles, il cui prezzo è contenuto, meno di cento euro». L’ha fatto per essere sicuro di «poter morire con dignità. (.) C’è nel suicidio consapevole, responsabilmente esercitato, una traccia della virtù romana antica. Il desiderio di restare padroni di sé, di congedarsi dalla vita senza doversi vergognare». Tali parole sono per Achilli «l’esplicita dichiarazione di chi ritiene che l’uomo è padrone di tutto e la medicina è il mezzo con cui esercitare il proprio potere. E invece vi è chi, come noi, ritiene che la posizione più ragionevole sia il riconoscimento che la vita è Mistero. E che quindi tutto ciò che concorre alla sua manipolazione è violenza alla sua intangibilità, cioè alla sua sacralità».
GUNTHER abbaia e LOTTA ASSIEME A NOI
Il caso olandese è solo l’ultimo in ordine di tempo. Rimanendo assodato che nel centrosinistra Paola Binetti non è Vladimir Luxuria e Francesco Rutelli non è Marco Pannella, rimane tuttavia insindacabile, secondo Giovanardi, che «il centrodestra ritiene vi siano delle regole, anche di ordine religioso, che indicano orientamenti positivi per l’uomo. Naturalmente so bene che tali norme possono essere violate, ed ho massima comprensione per chi sbaglia; ma, un conto è l’errore, un conto è far diventare uno sbaglio la regola. Per cui, se da un lato non criminalizzo l’omosessualità, dall’altro però non mi spingo fino a stabilirla come valore in contrapposizione alla famiglia».
Chi invece non fa troppe distinzioni è Maurizio Mian, editore dell’Unità e candidato nella Rosa nel Pugno, che, in un’intervista sul quotidiano di cui è padrone, ha spiegato: «Noi vogliamo superare la famiglia tradizionale. Coltiviamo forme nuove, aggregazioni emotive». Mian è a capo di una fondazione, la “Gunther corporation”, che prende il nome dal suo cane (Gunther appunto) la quale si prefigge politiche che «ridimensioneranno il fronte nazional clericale italiano» («La fondazione – dice Mian – finanzia gruppi di ricerca scientifica dove si sperimentano sistemi di vita più moderni. Ma verrà il giorno che non servirà mettere la faccia di un pastore tedesco per parlare di pillola abortiva»). Altro intellettuale-politico che non ama troppo le sfumature del pensiero è il professor Umberto Veronesi. Sul settimanale Oggi ha difeso il diritto all’aborto «dai militanti integralisti» che vogliono «dissuadere le donne che chiedono l’interruzione di gravidanza». Secondo l’oncologo «le uniche iniziative ammissibili sono la diffusione globale della contraccezione e l’educazione sessuale, che poi a diffondere la contraccezione dovrebbe servire».
Vladimir Luxuria, transgender candidato alla Camera da Rifondazione comunista, ha fatto campagna esibendo cartine per confezionare spinelli con scritto “Antiproibizionismo, quello contro le mafie”, e preservativi griffati dallo slogan “Amore, quello libero”. Tale grottesca carrellata di iniziative e prese di posizione, secondo Mantovano, è significativa ma non ancora esaustiva di come sia inteso l’uomo nello schieramento a lui avverso: «Occorre aggiungere agli aspetti folkloristici su cui si basa la campagna e la figura di un Vladimir Luxuria anche la concezione di fondo, forse ancora più pericolosa, che serpeggia nel centrosinistra. Per me è ben rappresentata dalla posizione di Livia Turco dei Ds che, in un dibattito con me, ha sostenuto sbagliato “finanziare la famiglia. Vanno dati i soldi agli asili”». Perché nel centrosinistra non pulsa solo l’anima anticlericale di Rnp e Rc, ma anche «lo statalismo che ci vuol curare dalla culla alla tomba e il moralismo ben rappresentato da quel fogliaccio che è Famiglia cristiana». Il cui editorialista principe, Beppe Del Colle, ha dato grande risalto all’opinione del sacerdote Amurilio Guasco che sul mensile Vita pastorale ha scritto: «Il centrodestra si proclama il grande difensore della famiglia tradizionale cattolica. Ma come si fa a dimenticare che quasi tutti i capi del centrodestra sono divorziati e risposati, o hanno scelto di trasformare la loro unione in coppia di fatto? I cristiani sanno che per un credente vale molto più l’esempio che l’astratta affermazione dei valori. È ben vero che Gesù invitava ad ascoltare anche quanti davano cattivo esempio, se predicavano bene: “Fate quel che dicono, non quello che fanno”, aveva detto. Ma sarà il caso di ricordarsi che lo diceva a proposito dei farisei». La coerenza morale è senz’altro un valore ma secondo Mantovano «che il re rubi le mele è spiacevole, ma è senz’altro più grave che il re promuova una legge in cui si dica che rubare le mele è lecito».
Piuttosto che sulla congruenza morale dei due candidati Giovanardi e Mantovano preferiscono invitare gli elettori a misurarli «sulla concezione che hanno dell’uomo». E ad entrambi piacerebbe che nel prossimo confronto televisivo con Prodi, Berlusconi puntasse l’attenzione più su tale tema che non sull’andamento economico. «Anche per una ragione puramente scaramantica» chiosa Mantovano. «Nel terzo confronto televisivo con Kerry, il presidente Bush ha posto la sua attenzione sul suo modo di intendere la famiglia, il rapporto fra i sessi, il diritto alla vita. E tutti gli analisti sono stati concordi nel ritenere che tali giudizi abbiano convinto gli americani a riconfermargli la fiducia per un secondo mandato».