Protesta Forconi, Russo (Conftrasporto): «Smettetela di dire che in piazza ci siamo anche noi camionisti»
«Chi sta scioperando dal 9 dicembre non ha nulla a che fare con l’autotrasporto». È netto Pasquale Russo, segretario nazionale di Conftrasporto, nel prendere le distanze dai disordini che in questi giorni hanno sconvolto diverse città d’Italia, dal Brennero fino a Roma e Torino. Si tratta, infatti, secondo Russo, di una serie di proteste che nulla hanno da spartire con le rivendicazioni degli autotrasportatori, cui peraltro l’esecutivo ha già risposto, e ancor meno con i problemi reali che il comparto sta attraversando in questi anni di forte crisi.
Russo, esattamente che cosa è successo?
È molto semplice: circa un mese fa Conftrasporto, insieme a tutte le associazioni dell’autotrasporto, aveva indetto un fermo per il 9 dicembre, perché non avevamo ancora ottenuto le risposte attese dal governo circa i chiarimenti e le modifiche che avevamo chiesto sulla legge di stabilità. Se quel fermo fosse stato confermato, non saremmo certamente andati in piazza a tirare le pietre come vediamo oggi, ma semplicemente non avremmo assicurato il trasporto su gomma e pertanto non ci sarebbero la benzina nei distributori e nemmeno la frutta e la verdura sugli scaffali dei supermercati.
Quel fermo non c’è stato, però. Perché?
Perché il governo e il ministro ci hanno risposto per tempo e così abbiamo revocato il fermo, ormai 15 giorni fa. Chiedevamo che non fosse tagliata la percentuale delle accise sul gasolio che ad oggi possiamo portare in detrazione e l’abbiamo ottenuto. Così come abbiamo ottenuto, nella legge di stabilità, lo stanziamento di 330 milioni di euro per abbattere il costo del personale in un’ottica di maggiore competitività sul mercato europeo e anche che all’albo dei trasportati potessero essere attribuiti maggiori poteri di controllo sulla regolarità delle imprese che operano nel settore.
Ma allora perché ci sono stati disordini?
Questo non deve chiederlo a me, perché i trasportatori non c’entrano nulla coi disordini al Brennero o a Torino. E anche se abbiamo revocato il fermo, qualcuno ha deciso di approfittarne. L’equivoco, infatti, per cui molti giornali hanno poi parlato di «scioperi» e «disordini», accomunando erroneamente gli «autotrasportatori» ai «Forconi», nasce dal fatto che un’unica sigla, che è Trasporto Unito, ha deciso di andare a rimorchio, scegliendo sempre la data del 9 dicembre, di una situazione di malcontento e disagio nel paese che ora è sfociata in una protesta popolare. Una protesta esplosa in maniera assolutamente incontrollata e che vede in prima linea gruppi il più disparati ed eterogenei possibile: ci sono la Coldiretti, i Forconi, i Cobas del latte, i Comitati Riuniti Agricoli, alcuni Ultras, Casa Pound, il movimento dei disoccupati e da ultimi anche gli studenti. Fortunatamente, invece, i camion girano regolarmente.
Oltre a quanto disposto nella legge di stabilità, cosa chiede il mondo del trasporto su ruota alla politica?
Chiediamo almeno che vengano fatte rispettare le leggi, come, per esempio, il regolamento comunitario che impedisce ai camion di un altro Stato di entrare scarichi in un paese per effettuare trasporti che, invece, spetterebbero esclusivamente agli autotrasportatori di quel paese. Quando in realtà possono varcare i confini solo camion carichi e a patto che portino a termine le consegne in sette giorni. È la tipica situazione che soffrono gli autotrasportatori italiani nei confronti di imprese che mandano, appunto, i loro mezzi scarichi dalla Romania, dalla Slovenia e dalla Polonia per lavorare in realtà stabilmente in Italia, “rubando” di fatto il lavoro agli italiani. E non sono pochi nemmeno i nostri connazionali che trasferiscono la propria società nell’Europa dell’Est, approfittando di un costo del lavoro e una pressione fiscale più bassi, ma che poi, in realtà, vengono a lavorare stabilmente in Italia. Non dico che dobbiamo ripristinare le dogane – ci mancherebbe – ma almeno far rispettare le regole, quello sì. Altrimenti continueremo a perdere quote di mercato nel trasporto su gomma. Un ulteriore richiesta che facciamo al governo è che si impegni di più per fare rispettare il limite massimo dei 30 giorni nei pagamenti tra privati, già previsto per legge.
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C’è un asse populista dietro tutto questo Grillo-Berlusconi-Salvini