Good Bye, Lenin!

C’è una Russia che si ribella alla guerra di Putin

Proteste anti Putin, Mosca, 21 settembre 2022
Proteste anti Putin, Mosca, 21 settembre 2022

«Il regime ha aperto un secondo fronte contro i propri cittadini in modo spudorato», ha osservato un’accademica russa di fronte all’escalation della tensione interna che in questi giorni sta attraversando la federazione. Dopo il messaggio con cui Vladimir Putin, fra l’altro, ha indetto la mobilitazione parziale – proprio il 21 settembre, Giornata Internazionale della Pace… – si son visti manifestazioni e arresti in numerose città.

Intanto anche la macchina militare si è subito messa in moto: «La mobilitazione è già iniziata – scrivono gli attivisti del movimento democratico Vesna. – Da tutto il paese arrivano notizie sulla distribuzione degli avvisi di leva e sull’apertura dei centri di mobilitazione», con i riservisti che non possono lasciare le regioni di residenza.

Nella capitale i medici vengono convocati in massa presso gli uffici di leva, e negli aeroporti controllano gli uomini in partenza.

Si sono create code di auto ai confini con la Georgia, il Kazachstan, la Finlandia e la Mongolia. Le guardie di frontiera interrogano selettivamente gli uomini sulla loro nazionalità, lo scopo del viaggio, la posizione rispetto alla leva.

Un milione di persone?

Notizie preoccupanti arrivano dalle regioni siberiane, soprattutto dalla Buriazia che ha già sacrificato numerosi giovani mandati a combattere in questa assurda guerra, proprio perché è tra le più povere e il servizio militare è una delle poche prospettive di vita. Non per niente la Banca Centrale ha reso noto che i soldati mobilitati e le loro famiglie avranno agevolazioni su prestiti e pagamenti.

A Ulan-Ude, la capitale, alcuni studenti sono stati prelevati da scuola al termine delle lezioni e condotti all’ufficio di leva, mentre gli attivisti per i diritti umani riferiscono di massicci rastrellamenti nei villaggi alla ricerca di carne da cannone.

Secondo indiscrezioni, infatti, il «punto 7» che nel decreto di mobilitazione era stato secretato, prevederebbe l’impiego di 1 milione di persone.

Servizio civile

Poi c’è la vicenda degli obiettori.

Durante la chiamata di leva primaverile, molti giovani avevano iniziato a prendere in considerazione il servizio civile alternativo, garantito dall’art. 59 della Costituzione. Visto il crescente interesse espresso nei mesi scorsi per questa possibilità, con l’introduzione della «mobilitazione parziale» si pone il problema di come andrà a finire.

Non c’è ancora la legge marziale – ha spiegato l’avvocato Arsenij Levinson sul portale indipendente Novaja Gazeta, – ma le autorità dovranno rimodulare anche l’organizzazione del servizio civile alternativo. L’articolo 9 della Legge sul servizio civile, infatti, stabilisce che in caso di introduzione di legge marziale o di mobilitazione, questa attività venga precisata da una norma apposita, che però finora non s’è vista proprio perché una situazione del genere non si era mai presentata.

«I giovani hanno sempre considerato il servizio civile come qualcosa di assolutamente poco attraente: un anno e nove mesi è un periodo molto più lungo della leva militare annuale. Ma ora arruolarsi significa comunque prender parte all’“operazione speciale”, anche se al momento i coscritti non vengono inviati direttamente al fronte. Molti hanno maturato opinioni contro la guerra nel momento in cui l’“operazione speciale” li ha riguardati personalmente, o i loro cari o i parenti in Ucraina».

Domande respinte

In Russia funziona così: la commissione militare decide se la recluta può sostituire il servizio di leva con quello civile alternativo, e in caso positivo il fascicolo viene inviato al Servizio federale del lavoro, che assegna la mansione specifica in una struttura statale come ospedali, ospizi, ecc. Spesso però – osserva Levinson – gli uffici di leva respingono o ignorano la domanda e allora bisogna rivolgersi al tribunale.

Nelle domande di quest’anno gli obiettori hanno fatto ovviamente riferimento al conflitto russo-ucraino. «Molti di loro hanno presentato la domanda in ritardo, in concomitanza con la leva di primavera, mentre andrebbe fatto con sei mesi di anticipo. In questo caso hanno indicato chiaramente che erano gli eventi in Ucraina ad aver influito sulle loro convinzioni».

Ma anche le commissioni hanno usato, specularmente, la stessa motivazione: «La recluta ha frainteso gli eventi in corso in Ucraina» e quindi la domanda è stata respinta. In altre occasioni la motivazione è estremamente vaga: «Documenti specifici e altri dati contraddicono le argomentazioni del cittadino». Vi sono stati casi in cui il rifiuto è stato motivato con un approccio ideologico «che fa a pugni con la giurisprudenza», spiega Levinson: la domanda è stata respinta perché aveva un «approccio troppo idealistico» e mancava di una «visione realistica della situazione mondiale», oppure la recluta non ha colto il concetto espresso da Putin quando ha parlato del «mondo moderno complesso e diversificato».

«No alla guerra»

«È un momento cruciale per il paese, è letteralmente una questione di sopravvivenza», hanno scritto gli attivisti di Vesna nei loro reiterati appelli ai cittadini perché scendano in piazza contro la mobilitazione e soprattutto per la pace: «No alla guerra», «La Russia sarà libera», «Vita per i nostri figli», «Putin in trincea» – sono gli slogan risuonati dai cortei dei manifestanti.

«Gente, non tollerate più questa ingiustizia! Stavo solo tornando a casa!» – grida un cittadino steso sul marciapiede a Mosca e circondato dalle truppe antisommossa.

A Pietroburgo una ragazza chiede a un poliziotto: «Ah, ecco, è il suo lavoro… E poi, quando cambierà il governo, in mezzo secondo si cambierà la divisa, vero?». Un mix di esasperazione ed impotenza che si replicherà il 24 settembre.

«La storia si avvolge in una spirale diabolica – si legge nella canzone dei Voice of Peace composta per la Giornata per la Pace. – (…) Svegliateci, quando febbraio sarà finito».

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