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Rivoluzione sessuale, fede, famiglia e società

La riflessione di Mary Eberstadt che aiuta a comprendere lo stretto legame tra fede e famiglia

Alberto Frigerio
01/01/2020 - 3:00
Cultura
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Nel 2019 Mary Eberstadt, Senior Research Fellow presso il Faith and Reason Institute in Washington D.C. e collaboratrice di alcune riviste e quotidiani tra cui Los Angeles Times e Wall Street Journal, ha dato alle stampe il saggio Primal Screams. How the Sexual Revolution created Identity Politics.

Il libro segna un passo avanti nel PerCorso avviato dalla Eberstadt attorno al tema della rivoluzione sessuale, di cui la scrittrice e saggista statunitense indaga e mette in luce le implicazioni in tema di fede, famiglia e società. L’opera di Mary Eberstadt offre preziose chiavi di lettura per la comprensione del tempo presente.

Rivoluzione sessuale

La Eberstadt descrive il fenomeno della rivoluzione sessuale, avviatosi a partire dagli anni ‘60 del Novecento, come processo di progressiva de-stigmatizzazione di tutte le varietà di pratica sessuale non coniugale, propiziato dal diffondersi delle moderne tecniche contraccettive.

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La rivoluzione sessuale è storicamente legata alla Riforma, al Romanticismo e al Femminismo. La lettura negativa dell’eros, inteso quale frutto della concupiscenza peccaminosa, condusse, in ambito protestante, a secolarizzare la sessualità tramite la desacralizzazione del matrimonio. Di fronte alla repressione puritana degli affetti, che si fece largo in ambito cattolico tramite il Giansenismo, nel XVIII e XIX secolo si sviluppò in area tedesca il Romanticismo. Intenzionato a rivalutare l’elemento affettivo della relazione amorosa, finì per ridurre l’amore a sentimento. La crisi del puritanesimo esplose con l’emergere del variegato movimento femminista. Nato per rivendicare l’uguaglianza tra uomo e donna, il femminismo maturò nella ricerca dello specifico femminile, degenerando in alcune sue propaggini nell’affermazione di una generica indifferenza sessuale.

Per i fautori e sostenitori della rivoluzione sessuale, la pillola e il suo piano B, l’aborto (mentre la contraccezione viola la castità coniugale, l’aborto contraddice la giustizia, tuttavia, le due fattispecie morali non sono prive di connessioni, in quanto l’aborto è spesso praticato come contraccezione d’emergenza), avrebbero liberato l’umanità affrancando la donna dalle catene della fertilità e le minoranze sessuali dalla prigione della morale tradizionale.

Più profondamente, nel libro-manifesto della rivoluzione sessuale Die Sexualität im Kulturkampf. Zur sozialistischen Umstrukturierung des Menschen (1936) lo psicoanalista austriaco Wilhelm Reich teorizzò il conflitto tra istinto sessuale e principi morali e propose di superare la famiglia monogamica tradizionale, ritenuta istituto sociale repressivo, in cui la libido sarebbe mortificata a discapito dell’elemento procreativo. In quest’ottica, la pratica della sessualità è compresa unicamente in vista del perseguimento del piacere sessuale e la liberazione coinciderebbe col mero soddisfacimento degli istinti sessuali.

Nel suo colloquio col giornalista e scrittore Vittorio Messori, l’allora cardinale Ratzinger descriveva la rivoluzione sessuale come fenomeno caratterizzato da una triplice frattura: tra sessualità e matrimonio, che apre la strada in ambito civile all’equiparazione tra matrimonio e altre forme di relazione eterosessuale; tra sessualità e procreazione, che vanifica la differenza sessuale e pone le basi per l’equiparazione di relazioni eterosessuali e omosessuali; tra sessualità e amore, ridotto a fenomeno fisiologico da assecondare edonisticamente [Rapporto sulla fede, 1985].

Per comprendere a fondo il radicale cambiamento in corso, è opportuno richiamare il ruolo svolto dall’agire/sapere tecnologico, co-attore della triplice frattura descritta e dell’avanzare in ambito sessuale di una logica consumistica. Accanto al diffondersi delle tecniche contraccettive, che astraggono la sessualità dalla procreazione, va richiamato il diffondersi delle ARTs (assisted reproductive technologies), che astraggono la procreazione dalla sessualità. Le due metodiche hanno aperto la strada al duplice movimento from sex without babies to babies without sex, introducendo nelle relazioni eterosessuali una logica omosessuale, caratterizzata da una sessualità priva dell’elemento procreativo e pratiche procreative scisse dall’esercizio della sessualità. In tal senso, si comprende quanto scrisse il filosofo Augusto del Noce, secondo cui il pensiero moderno ha carattere nichilista, incapace di cogliere la differenza, anche in termini sessuali, come presenza positiva altra da sé, concependo l’esperienza amorosa, anche eterosessuale, in termini omosessuali, come prolungamento dell’io [Lettera a Rodolfo Quadrelli, 1984].

Implicazioni

La rivoluzione sessuale ha favorito il proliferare di una serie di comportamenti fino ad allora rari o comunque dai più ritenuti inaccettabili: rapporti pre-matrimoniali, relazioni extra-coniugali, rotture famigliari. Più che propiziare un’autentica liberazione, la rivoluzione sessuale ha contribuito alla diffusione di una nociva instabilità affettiva, come attestano a livello macroscopico i dati relativi a convivenze, separazioni e divorzi, che provocano sofferenza per grandi e piccoli.

Nel saggio Home-Alone America (2004) la Eberstadt mette in luce le conseguenze di rotture famigliari e assenza della figura paterna su bimbi e adolescenti: incremento nel tasso di depressione, delinquenza e abuso di sostanze, inizio precoce dell’attività sessuale con diffusione di patologie sessualmente trasmissibili. Infine, l’autrice rileva l’aumento del 350% del numero di abusi sessuali su bambini dal 1980. Quest’ultimo dato conferma quanto osservato del papa emerito Benedetto XVI, che nei suoi Appunti sugli abusi sessuali pubblicati nell’aprile 2019 rilevava il nesso tra rivoluzione sessuale, che non tollerava alcuna norma in materia di sessualità, e diffondersi della pedofilia.

In Adam and Eve after the Pill (2012) Mary Eberstadt rileva l’esito paradossale della rivoluzione sessuale per uomini e donne: ad una crescita esponenziale del sesso, sempre più diffuso e alla portata di tutti, corrisponde un’altrettanto significativa decrescita di soddisfazione romantica.

Nel testo How the West Really Lost God (2013) la Eberstadt evidenzia il nesso tra fede e famiglia, doppia elica che costituisce il DNA della società. La tesi classica della secolarizzazione, secondo cui la fede favorisce l’edificazione della famiglia e la crisi di fede erode la vita famigliare, va completata affermando che il buono stato di salute della famiglia alimenta la fede e il cattivo stato di salute della famiglia rende più arduo l’accesso a Dio. La prospettiva dischiusa dalla Eberstadt richiama il saggio Family and Civilization (1947) del sociologo di Harvard Carle C. Zimmerman, secondo cui il declino del mondo classico fu caratterizzato dal declino famigliare.

L’autrice sostiene la propria tesi apportando alcuni dati sociologici (concomitanza nel secondo dopoguerra di boom religioso e famigliare; marcata secolarizzazione nei paesi con alto tasso di persone che vivono da sole, come in Scandinavia; indebolimento della pratica religiosa nelle confessioni cristiane di matrice protestante che hanno introdotto cambiamenti in ambito di morale sessuale e famigliare tramite contraccezione, divorzio e omosessualità) e avanzando considerazioni antropologiche (la generazione è esperienza trascendente, che conduce le persone fuori di sé; i genitori ricercano comunità morali che li coadiuvino in campo educativo; la fede è sostegno nell’affronto dei sacrifici richiesti dalla vita famigliare).

La famiglia ha carattere sacro, per questo la crisi della famiglia è espressione ma anche motivo della secolarizzazione. La famiglia è luogo di trasmissione della fede non solo perché è lì che il bimbo viene o non viene introdotto a una certa tradizione religiosa, ma anche e più profondamente perché l’esperienza famigliare ha qualità religiosa. Relazione coniugale, genitoriale e filiale hanno valenza sacra, in quanto le persone sono invitate a decidersi per un bene gratuito e gravido di senso, come è proprio dell’esperienza di fede: matrimonio e famiglia realizzano la figura della vita come dedizione a un disegno trascendente. Nel romanzo L’uomo senza qualità, che pure contesta una certa visione, borghese, del matrimonio, Robert Musil afferma: «Eppure c’è qualcosa di vero nel così detto sacro senso della famiglia, in quell’essere tutti presi gli uni dagli altri, servirsi a vicenda».

La famiglia è realtà creaturale che fornisce il linguaggio alla fede, come traspare dall’Alleanza biblica, che trova esemplificazione nell’evento nuziale, che dice sponsalità e generatività. Si veda, a titolo di esempio, il libro del profeta Osea, che al capitolo 2 legge il rapporto tra Dio e il popolo alla luce del legame tra marito e moglie («La attirerò a me, la condurrò nel deserto e parlerò al suo cuore … E avverrà in quel giorno, oracolo del Signore, mi chiamerai: Marito mio … Ti farò mia sposa per sempre, ti farò mia sposa nella giustizia e nel diritto, nella benevolenza e nell’amore»), mentre nel capitolo 11 legge il rapporto tra Dio e il popolo alla luce del legame tra genitori e figli («Quando Israele era giovinetto io l’ho amato e dall’Egitto ho chiamato mio figlio … Ad Efraim io insegnavo a camminare tenendolo per mano … Io li traevo con legami di bontà, con vincoli d’amore, ero per loro come chi solleva un bimbo alla sua guancia, mi chinavo su di lui per dargli da mangiare»).

Nel libro It’s Dangerous to Believe (2016) la Eberstadt denuncia la persecuzione soft operata dall’ortodossia secolarista contro chiunque dissenta dal dogma progressista relativo alla rivoluzione sessuale. Il secolarismo progressista ritiene che il rifiuto delle istanze di liberazione sessuale costituisca una minaccia per la società e meriti di essere punito. In tal senso, desta preoccupazione constatare che certe posizioni, di quanti avanzano perplessità sui così detti nuovi diritti relativi all’ambito bioetico, tendono a essere squalificate a priori in quanto contrarie al pensiero dominante. Desta altrettanta preoccupazione rilevare che il diritto all’obiezione di coscienza relativo a tematiche così complesse e dibattute non sia sempre accolto e tutelato a livello giuridico, mettendo in seria difficoltà intere categorie professionali, specialmente nel settore sanitario.

In Primal Screams. How the Sexual Revolution created Identity Politics (2019) Mary Eberstadt tratta il tema dell’identità e delle politiche identitarie. L’autrice richiama il saggio The Culture of Narcissism (1979) del sociologo statunitense Robert C. Lasch, relativo al diffondersi della mentalità narcisistica, e il saggio Bowling Alone (2000) del politologo statunitense Robert D. Putman, relativo al declino di comunità e associazioni, e ne indaga i motivi focalizzando lo sguardo sul tema della famiglia. La grande dispersione (great scattering) famigliare provocata dalla rivoluzione sessuale, asserisce la Eberstadt, costituisce il più significativo impedimento nella comprensione di sé. La relazione è via all’edificazione di sé, tra l’io e il sé c’è l’altro direbbe il filosofo francese Paul Ricoeur, per questo la crisi delle relazioni famigliari complica il processo identitario e la questione dell’identità diviene il ground zero emotivo e politico per una vastissima fetta della popolazione.

La rottura dei legami famigliari e la ricerca dell’identità trova esemplificazione nel panorama musicale, che si divide tra quanti cantano la disgregazione della famiglia (Eminem, Papa Roach, Everclear, Blink-182, Good Charlotte, Eddie Vedder and Pearl Jam, Kurt Kobain and Nirvana, Tupac Shakur, Snoop Dogg) e quanti impersonificano il mito dell’androgino nell’ottica dell’ambiguità sessuale (David Bowie, FFC-Acrush, BTS).

Note conclusive

La rivoluzione sessuale, pur partendo da istanze di cambiamento almeno in parte condivisibili quali la ricerca di affetto e amore solidale un tempo posti in secondo piano, ha provocato un deterioramento dell’ethos sessuale, segnato da una mentalità edonistica e deresponsabilizzante nei confronti della sessualità (Giovanni Paolo II, Lettera enciclica Evangelium vitae n. 43). È quanto Paolo VI aveva profeticamente annunciato nella Lettera enciclica Humanae vitae, promulgata nell’estate del 1968, nel pieno della rivoluzione sessuale, asserendo che l’introduzione delle pratiche contraccettive avrebbe condotto a un abbassamento generale della moralità (infedeltà coniugale, svilimento della dignità della donna) mentre la difesa della morale coniugale nella sua integralità è via all’edificazione di una civiltà veramente umana (n. 17-18).

Due testi aiutano a comprendere la portata antropologica e sociale della contraccezione: il primo è Contraception and Chastity (1975), in cui Elizabeth Anscombe, filosofa britannica allieva di Wittgenstein, rilevava l’impossibilità, implicita nella legittimazione della contraccezione, di distinguere atti sessuali buoni e cattivi. Sganciare il significato unitivo da quello procreativo, ad esempio, avrebbe impedito di rilevare criticità nell’atto omosessuale. Il secondo è De la vie avant tout chose (1979), in cui Pierre Simon, ginecologo ex Gran Maestro della Gran Loggia Massonica di Francia, dichiarava la volontà di sovvertire il costume sociale occidentale di matrice classica e giudeo-cristiana tramite la contraccezione, a cui affiancava aborto e eutanasia. Queste tre pratiche, a cui oggigiorno potremmo aggiungerne molte altre (eugenetica, sperimentazione embrionale, fecondazione assistita, maternità surrogata, manipolazione della corporeità) avrebbero introdotto la nozione di vita come materiale, svuotata da ogni significato intrinseco e posta a completa disposizione della volontà soggettiva.

La riflessione condotta da Mary Eberstadt aiuta a comprendere lo stretto legame tra fede e famiglia: per un verso, la fede in Dio pone le basi per una solida esperienza famigliare, per altro verso, la vita famigliare conduce a Dio in quanto luogo di cura in cui la persona esperisce vincoli di gratuità e bontà di qualità religiosa. L’uomo giunge a coscienza sempre nella mediazione di un’esperienza pratica, agendo e implicandosi nel reale (Gv 3,21), pertanto, la possibilità di mantenere vive evidenze secolari quale il carattere insuperabile della differenza sessuale è legata alla tutela di esperienze fondamentali quale la famiglia.

La Chiesa, prendendosi cura della famiglia, irrobustisce il corpo ecclesiale e edifica la compagine sociale. Il legame di andata e ritorno tra fede e famiglia dice che evangelizzare la famiglia implica annunciare la fede nel Dio di Gesù Cristo e, al tempo stesso, l’annuncio della fede chiede di promuovere la famiglia giuridicamente e culturalmente, in quanto la cultura è mediazione di coscienza e la legge è tra i più potenti dispositivi culturali.

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