«Il fermento nel Pd? Enrico Letta e Matteo Renzi, e i loro sostenitori all’interno del partito, si stanno sfidando soprattutto sulla data del voto, sulla scelta della finestra elettorale per le elezioni dell’anno prossimo». Claudio Cerasa, caporedattore del Foglio, prevede pochi mesi di vita per il governo Letta. «Il 3 dicembre la Corte Costituzionale deciderò sulla legge elettorale. Se quella attuale sarà dichiarato incostituzionale, si ritornerà alla legge precedente. E partirà la corsa verso il voto».
Il Pd appare diviso sulla questione. L’unica decisione approvata dall’Assemblea è stata la data del Congresso, che si terrà l’8 dicembre.
Hanno fatto confusione. Non c’erano abbastanza delegati per cambiare le regole dello Statuto e decidere se le figure di premier e segretario di partito debbano coincidere nel futuro. Ma in questo non vedo complotti. Vero è che un partito normale dovrebbe essere in grado di darsi le regole per un Congresso, senza tanti problemi.
La base del Pd vuole andare al voto?
Dipende da cosa si intende per “base del Pd”. Un concetto un po’ ampio. Chiaramente è quello che vogliono gli “avventori delle feste dell’Unità”. L’elettorato del Pd è però molto più ampio, e da un sondaggio della scorsa settimana, sembra che gli elettori del partito stiano apprezzando questo governo.
I sondaggi mostrano, per ora, un sostanziale pareggio tra centrodestra e centrosinistra. Perché andare alle elezioni?
Chiaramente si pensa che quei sondaggi saranno diversi fra qualche mese. Dopotutto saranno le prime elezioni dopo vent’anni che non vedranno Silvio Berlusconi in campo. Il Pdl faticherà molto a trovare un avversario in grado di sostenere la battaglia elettorale con un candidato nel centrosinistra come Renzi.
Su cosa rischia di cadere il governo?
Sulla legge di Stabilità. I partiti cercheranno lo scontro. Se non passa, il Governo Letta è finito, con buona pace dei lettiani-bersaniani, che hanno però già ipotizzato ampiamente questo scenario. Se passa, andrà avanti fino al 2015. Nel Pd, ribadisco, ci si affronta sostanzialmente sulla possibile finestra di voto. I lettiani cercano di tenerla più lontana, i renziani vorrebbero avvicinarla.
E gli altri candidati alla leadership del partito, Gianni Cuperlo e Pippo Civati, come si stanno muovendo?
C’è una certa compattezza “generazionale”, se così si può definire, nel dividersi i compiti fra la nuova e aspirante dirigenza del Pd. Nello schema del partito, Pippo Civati, quello che brigava per fare un accordo con i 5 Stelle, otterrà molti voti dalla sinistra grillina. Suo è il compito di riprendere i voti andati a Grillo. Ma è una scheggia impazzita, non arriverà alla segreteria, non ha il sostegno che ha Renzi nel partito. Cuperlo mira ad attirare la sinistra, e poi alla leadership della minoranza.
E Giorgio Napolitano? Si dice che sia il Presidente della Repubblica a dettare legge nel Pd. E non vuole nuove elezioni.
Certamente Napolitano ha un grande potere. Ma non avrebbe la forza per fare un’altra maggioranza e imporre un nuovo governicchio, che salterebbe non appena si mostrasse una forza unitaria e compatta a sinistra che vuole andare alle elezioni.