Nuovo caso di rapimento di ragazze cristiane in Egitto. Il 17 agosto, la 23enne Mona Yacoub Kiriakos è scomparsa dalla sua abitazione di Fayyum, a 100 chilometri dal Cairo. La polizia egiziana ha interrogato un collega di lavoro, un uomo sposato e con quattro figli, il quale ha dichiarato di aver “contratto” con la giovane copto-cattolica un matrimonio nel mese di giungo. Ma i genitori non ritengono autentica la firma della figlia apposta sul documento. Se si sono sposati in segreto a giugno, perché mai non è andata a convivere con “suo marito” già allora? E vogliono, così chiede il vescovo, vedere Mona per avere una risposta. Ma non sono stati autorizzati dalla polizia. Il fenomeno del rapimento – spesso a scopo di conversione forzata all’islam – si è così accentuato in Egitto negli ultimi anni da rischiare di provocare nuovi scontri confessionali tra copti e musulmani. I primi accusano lo Stato di favorire le conversioni di cristiani all’islam e di non proteggere chi opta per il percorso opposto. Lo scorso aprile è bastata la voce di un accordo tra l’università islamica di Al Azhar e la Chiesa copta che consentiva la libertà di conversione al cristianesimo per suscitare l’ira dei Fratelli Musulmani. «L’evangelizzazione non è accettabile», ha tuonato in Parlamento Mohammed Said Al Katatini, capogruppo dei Fratelli che ha anche presentato un’interrogazione al governo. «Se fosse vera, questa decisione aprirà le porte a una sedizione religiosa tra musulmani e cristiani». Perché? «Perché l’evangelizzazione approfitta dei bisogni dei poveri di denaro, cibo e medicine per portarli a cambiare fede».
Reg. del Trib. di Milano n. 332 dell’11/6/1994
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