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Che cosa la Cgil non ha capito del Jobs Act e del lavoro in Italia

Di Emmanuele Massagli
20 Maggio 2024
I quesiti del referendum promosso da Landini e compagni, la lettura errata della realtà del paese da parte del sindacato “antagonista”, la battaglia radicalmente diversa della Cisl
Il segretario generale della Cgil Maurizio Landini con una delegazione del sindacato davanti alla Corte di cassazione a Roma per la deposizione dei quattro quesiti del “referendum contro il Jobs Act”, 12 aprile 2024
Il segretario generale della Cgil Maurizio Landini con una delegazione del sindacato davanti alla Corte di cassazione a Roma per la deposizione dei quattro quesiti del “referendum contro il Jobs Act”, 12 aprile 2024 (foto Ansa)

Nella Gazzetta ufficiale del 13 aprile 2024 sono riportati i quattro annunci di richiesta di referendum abrogativi presentati dalla Cgil alla Suprema Corte di Cassazione.
Il quesito contro il Jobs Act
Il primo, diventato velocemente il simbolo comunicativo della campagna di raccolta firme attivata dal sindacato per proseguire l’iter di approvazione, concerne l’abrogazione del contratto a tutele crescenti regolato dal Jobs Act. Si tratta, indubbiamente, di una delle più rilevanti novità della riforma varata nel 2015 dal governo Renzi (che si compone di una legge delega, otto decreti delegati e diversi correttivi e collegati, quindi è ben più complessa): questa scelta ha perciò giustificato il ricorso allo slogan “referendum contro il Jobs Act”.

Più forzata la sintesi del “ritorno all’articolo 18”: invero si verificherebbe il ripristino per tutti i lavoratori impiegati in aziende con più di 15 dipendenti del regime sanzionatorio per i licenziamenti illegittimi previsti non dall’orig...

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