Lecce, 16 gennaio. È in corso il processo nei confronti di Antonia Caliandro, coniuge di Salvatore Buccarella, uno dei capi della vecchia Sacra corona unita: lei è accusata con altri di associazione mafiosa, armi ed estorsioni. Nella storia della mafia pugliese è consueto che la moglie prenda in mano gli affari che il marito è stato costretto a lasciare perché arrestato. Anch’ella si trova in carcere, e però, nonostante il pm ne chieda la condanna a 8 anni, lei torna in libertà perché nel giudizio abbreviato il giudice ha lasciato trascorrere il termine massimo di custodia cautelare.
Casalnuovo (Na), 20 febbraio. Eduardo De Falco, 43 anni, sposato con tre figli, titolare di un panificio-pizzeria, si toglie la vita col gas di scarico dell’automobile. Il giorno prima aveva ricevuto la visita degli ispettori del lavoro, che avevano accertato una gravissima violazione: Lucia, la moglie, gli stava dando una mano dietro al bancone. È grave, vero? Una moglie che aiuta il marito non ha titolo a che lui deduca dalla dichiarazione dei redditi i costi della eventuale retribuzione e dei relativi contributi: può mettere in carta un pezzo di focaccia solo se regolarmente assunta! Risultato: sanzione di duemila euro da versare subito e ulteriori diecimila entro la fine del mese; altrimenti, chiusura del locale.
Eduardo ha preferito chiudere lui, e il Signore ne abbia misericordia. Ma non merita misericordia uno Stato nel quale una criminale mafiosa esce dal carcere per sciatteria di un giudice – e non accade nulla in termini di responsabilità – e un lavoratore onesto è gettato nella disperazione dallo zelo del burocrate per il quale importa solo aggiungere una cifra alla statistica di verifiche andate a buon fine.
Visto che Renzi ha annunciato un governo dei fatti, saprà pure che sradicare queste distorsioni vale quanto una riforma costituzionale.