Quanto starebbe meglio l’Italia con anziani saggi e coraggiosi (e non vanitosi e risentiti)

Di Lodovico Festa
28 Ottobre 2013
L’istinto a linciare i nuovi “Al Capone”, è comprensibile in chi su queste cose ha da campare come Travaglio ma è incomprensibile in un novantenne che si vorrebbe maestro

Nel giro di pochi mesi sono andato in pensione, mia figlia mi ha dato una prima nipotina, ho superato la metà superiore dei sessanta: ormai in questi tempi strambi l’età ufficiale per essere vecchi è più o meno sopra i settanta. Ma è bene prepararsi alla mia nuova stagione. Come ogni vecchio che si rispetti ho innanzitutto nostalgia per la mia gioventù. In particolare su un punto. Quando avevo venti anni c’erano ancora veri e propri saggi. Anziani che avevano vissuto intensamente e sapevano guardarsi indietro e intorno senza acredine verso chi non la pensava come loro, senza volontà di mantenere accentrato tutto nelle proprie mani, con la serenità di chi sa che per affrontare bene l’ultima prova bisogna soprattutto saper dare.

In quella stagione – allora da militante di sinistra – “saggi” di questo tipo mi sembravano un comunista come Luigi Longo, un socialista come Pietro Nenni (benché osteggiassi il governo a cui partecipava), il presidente della Repubblica Giuseppe Saragat (pur simbolo della rottura della sinistra nel 1948). Ho sempre pensato – e vissuto secondo questo pensiero – che un popolo abbia bisogno di innovazioni compiute all’interno di solide continuità: il rapporto tra le generazioni non può basarsi principalmente sul conflitto bensì sullo scambio tra esigenze di novità e trasmissione della tradizione. Le grandi rivoluzioni giovaniliste (dal fascismo al Sessantotto) mi sono sembrate delle iatture, così come chi invoca generiche rottamazioni di anziani.

Eppure oggi parte rilevante dei guai che stiamo vivendo non nasce solo dai nuovi pur perniciosi giovanilismi. Quel che colpisce un apprendista nonno e aspirante nel futuro a piccolo saggio, è il declino dei “maestri”, di persone, come le citate, che sappiano usare la loro età avanzata per insegnare a pensare, non per imporre i propri eccitati punti di vista frutto di vanità e risentimento invece che di saggezza.

Eccitati appunto mi sembrano certi difensori della Costituzione che, pur testimoni dell’evidente impasse del sistema istituzionale, si mettono a gridare al colpo di Stato di fronte a ogni richiesta di concreta riflessione. Nel loro turpe vociare questi anziani ricordano vecchie carampane che per sentirsi giovani si riempiono di belletto, s’impiastricciano di rossetto, offrono agli sguardi raggrinziti décolleté conditi da minigonne e calze a rete. Altrettanto mi ripugna il tipo descritto da Manzoni nei Promessi Sposi: «Nel mezzo della turba un vecchio malvissuto mostrava un martello, dei chiodi, e una fune, dicendo che voleva egli configgere alle imposte della porta il Vicario quando fosse stato acchiappato ed ucciso».

C’è uno di questi vecchi malvissuti che, consapevole della sua trista esistenza e spaventato dalla ormai prossima morte, è riuscito persino a dialogare con il Papa per trovare un po’ di sollievo alla sua ansia. Il che senza dubbio è positivo. Ma immediatamente smentito dal prevalere dei suoi istinti al linciaggio contro i nuovi Al Capone, i moderni Mackie Messer: eccitazioni comprensibili in chi su queste battaglie ha da campare per un bel po’ come Marco Travaglio o per poveri fissati come Paolo Flores d’Arcais; ma incomprensibili in novantenni che vorrebbero essere considerati dei maestri e che dovrebbero, senza cedere sulle convinzioni politiche, aiutare a costruire un clima più sereno.

Il grande saggio mancato
Accanto a queste personalità volgarmente eccitate, preoccupa anche che vecchi politici dotati di civiltà, cultura, consapevolezza storica non riescano a essere come i vecchi saggi citati. Certe autorevoli personalità che non sbagliano mai una parola, che non improvvisano un gesto, che non spettinano un pensiero, avrebbero tutti i numeri per essere i nuovi “vecchi saggi” della nostra povera Italia. Manca loro solo la generosità che dovrebbe nascere in chi tanto ha vissuto e può quindi mettere daccanto la propria vanità e vincere la paura che gli si rovini l’immagine. Certi grandi mancati saggi mi ricordano Catherine Denueve in un film degli anni Ottanta, Miriam si sveglia a mezzanotte. La bellissima vampira che per rimanere splendida nei secoli deve succhiare il sangue di chi si accompagna con lei.

Così si è succhiato il sangue degli imperfetti riformisti compagni di cordata nel Pci negli anni Ottanta, e quello dei socialisti che ti avevano dato spazio perché contenessi la deriva giustizialista negli anni Novanta, così avverrà con i giovani costituzionalisti che perseguono piani di riforma impostati senza la pacificazione che sola li potrebbe sostenere. Tutti si sveneranno e intanto Miriam sempre più perfettina potrà sfoggiare la sua integrale, inutile, inefficace political correctness.

Un apprendista vecchio tende a essere malmostoso. Per emendarmi è bene anche indicare esempi positivi che, pur laico come sono, riesco a trovare soprattutto nella Chiesa. Ah! Come staremmo meglio con tanti saggi come è stato Carlo Maria Martini e com’è Camillo Ruini.

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1 commento

  1. beppe

    accostare martini a ruini mi sembra un’offesa a ruini, che è troppo signore per protestare e sa che l’altro non batterà neanche un colpo per smentire.

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