Il primo ad ammettere di essere stato contattato ufficiosamente per la formazione di un governo già dall’autunno del 2010 è stato lo stesso Mario Monti, proprio al direttore di Tempi Luigi Amicone (leggi qui l’intervista dell’agosto 2012). Non solo aveva detto che «non smentisco che Massimo D’Alema durante una cena a Milano mi propose l’assunzione di una responsabilità politica in caso di caduta anticipata del governo Berlusconi». Aveva anche aggiunto: «Posso anche dire che nel mondo politico ci furono diverse persone che intorno a quell’epoca mi prospettarono ipotesi che mi coinvolgessero».
Che il tema della caduta di Berlusconi e dell’avvento di Monti non sia passato mai di moda, lo dimostra il fatto che Giorgio Napolitano ancora una settimana fa ne parlava, sottolineando che «né il governo Letta, né il governo Monti sono nati per un mio capriccio», ma solo dopo l’attenta consultazione delle forze politiche in entrambi i casi (e non prima della data ufficiale di novembre 2011). Invece oggi si scopre che altre due fonti autorevoli hanno confermato che Monti sapeva di dover guidare un governo già dall’estate 2011, nel libro La fine del Gattopardo di Alan Friedman.
«MONTI SAPEVA FIN DALL’AGOSTO 2011». In un’anticipazione del libro resa pubblica dal Corriere della sera stamattina, il patron del gruppo Espresso-Repubblica, Carlo De Benedetti, e l’ex leader dell’Ulivo, Romano Prodi, ammettono di aver saputo di contatti tra Napolitano e Monti sin dall’estate 2011, proprio con l’obiettivo di un nuovo governo. De Benedetti ha raccontato: «Io passavo qualche giorno d’estate a Saint Moritz, e Mario Monti affittava una casa a Villaplana. Mario e io ci conosciamo da anni: nei primi giorni dell’agosto 2011 mi chiese di vederci. Io scelsi un tipico ristorante svizzero poco fuori Saint Moritz ma lui all’ultimo momento mi disse che aveva piacere a parlare da solo con me. Gli dissi di venire prima di cena nel mio ufficio, ci sedemmo a parlare. Poi mi disse: “È possibile che Napolitano mi chieda di fare il primo ministro. Tu che ne pensi?”. Io gli risposi: “Per me è una questione di timing. Se Napolitano te lo chiedesse a settembre accetta, se lo facesse a dicembre rifiuta perché non c’è il tempo. È una roba che devi fare subito”. Certo questo vuol dire che qualcuno, che Napolitano, gli aveva già fatto una proposta».
PRODI: «DA LUGLIO SI PARLAVA DI MONTI PREMIER». Ad anticipare la data della conoscenza di Monti è stato Romano Prodi che ad Alan Friedman ha raccontato: «Con Monti ci conoscevamo molto bene, eravamo stati tanti anni a Bruxelles spalla a spalla. C’erano già tante voci in giro che lui avrebbe fatto il presidente del Consiglio. Mi ricordo una conversazione tra di noi nel luglio 2011 in cui il succo della mia proiezione è stato molto semplice: “Mario non puoi far nulla per diventare presidente del Consiglio, ma se accadesse non puoi rifiutare, sei la persona più felice del mondo”».
MONTI: «SEGNALI IN QUEL SENSO». Mario Monti a Friedman ha datato le prime notizie di un incontro con Napolitano nella tarda primavera 2011, quando avevano commentato con il presidente un documento per il rilancio dell’economia steso dall’allora banchiere Corrado Passera (poi ministro dell’Economia proprio nel governo Monti). Friedman ha chiesto se Monti smentiva la notizia che il giugno-luglio il presidente Napolitano gli avesse prospettato concretamente l’ipotesi: «Sì mi ha dato segnali in quel senso» ha lasciato capire Monti anche se non ha poi voluto approfondire oltre l’argomento.
FORZA ITALIA: «FORTI DUBBI SU NAPOLITANO». La divulgazione delle recenti interviste di Friedman ha provocato la reazione di Forza Italia. Con una nota congiunta, i capogruppo di Camera e Senato, Renato Brunetta e Paolo Romani hanno dichiarato: «Apprendiamo con sgomento che il capo dello Stato, già nel giugno del 2011, si attivò per far cadere il governo Berlusconi e sostituirlo con Mario Monti. Tutto questo non può non destare in noi e in ogni sincero democratico forti dubbi sul modo di intendere l’altissima funzione di presidente della Repubblica da parte di Napolitano».
Il senatore Augusto Minzolini si spinge nell’ipotesi di messa in stato d’accusa del presidente: «Di fronte a queste nuove rivelazioni andrà valutata sempre con maggiore attenzione, non fosse altro come occasione per ricostruire quei mesi e gettare una luce di verità sulla storia del nostro Paese, la procedura di impeachment nei confronti del presidente».
Il vicepresidente della Camera e grillino Luigi De Maio ha aggiunto: «Abbiamo presentato l’impeachment due settimane fa perché secondo noi Napolitano è andato oltre il suo ruolo e le sue funzioni da un bel pezzo». Scettico Pierferdinando Casini (Udc): «Le pseudo rivelazioni di Friedman non sono mica il Vangelo. Ma di che cosa stiamo parlando?».
NAPOLITANO: «SOLO FUMO». Nel pomeriggio di oggi, infine, il presidente della Repubblica ha scritto una lettera aperta al Corriere della sera, per smentire le testimonianze sugli incontri con Monti avviati almeno dalla primavera 2011. “Posso comprendere che l’idea di ‘riscrivere’, o di contribuire a riscrivere la storia recente del nostro Paese possa sedurre grandemente un brillante pubblicista come Alain Friedman – scrive il presidente con un tono tra il polemico e l’ironico –. Ma mi sembra sia davvero troppo poco per potervi riuscire l’aver raccolto le confidenze di alcune personalità (Carlo De Benedetti, Romano Prodi) sui colloqui avuti dall’uno e dall’altro con Mario Monti ed egualmente l’avere intervistato, chiedendo conferma, lo stesso Monti. Naturalmente non poteva abbandonarsi ad analoghe confidenze (anche se sollecitate dal signor Friedman) il presidente della Repubblica”. Napolitano prosegue definendo “fumo, soltanto fumo” le “confidenze personali e l’interpretazione che si pretende di darne in termini di ‘complotto’”.
LA VERSIONE DI GIORGIO: «EBBI INCONTRI MA PER ALTRI MOTIVI». Napolitano più volte nella lettera sottolinea di dover distinguere “i veri fatti della storia del reale del paese”. Spiega di ricordare bene di aver ricevuto nel suo studio Mario Monti “più volte nel corso del 2011 e non solo in estate: conoscendolo da molti anni (già prima che nell’autunno del 1994 egli fosse nominato Commissario europeo su designazione del governo Berlusconi)”. Il presidente spiega che “Monti era inoltre un prezioso riferimento per le sue analisi e i suoi commenti di politica economica. Egli appariva allora – e di certo non solo a me – come una risorsa da tenere presente e, se necessario, da acquisire al governo del paese”. Napolitano sottolinea di nuovo che i “veri fatti” si “riassumono in un sempre più evidente logoramente della maggioranza uscita vincente dalle elezioni del 2008”, dopo la rottura Fini-Berlusconi, le tensioni tra il premier e il ministro dell’Economia Giulio Tremonti culminate con la lettera inviata al governo dal presidente della Bce Trichet. Ha ribadito dunque che fu solo nelle consultazioni seguite alle dimissioni presentate da Berlusconi che ha avviato le consultazioni.