Palma Felina si occupa per la Caritas ambrosiana della tratta delle prostitute nigeriane dal 1995. In questi 21 anni ha incontrato ogni tipo di donne maltrattate, drammi e schiavitù, e non ha mai smesso di impegnarsi per togliere le ragazze dalla strada. «Solo il 10 per cento di loro smette di prostituirsi. Ma per noi quel 10 per cento è molto più che un “solo”», spiega Felina a tempi.it, reduce dalla Giornata mondiale della tratta, che si è svolta lo scorso 8 febbraio a Milano e in tutto il mondo.
Come opera la Caritas a Milano per contrastare la tratta?
Ci occupiamo principalmente di prostituzione, che tocca ragazze dell’Est e nigeriane. Abbiamo un’unità di strada che si chiama Avenida, che passa in rassegna le vie della città due volte alla settimana. Il primo contatto con le donne è molto importante, serve a dare loro informazioni pratiche sui diritti che potrebbero avere oppure come potrebbero ricevere assistenza sanitaria. Cerchiamo di spiegare loro che la cosa più importante è ottenere il permesso di soggiorno, con un lavoro pulito, perché senza quello dovranno far ritorno ai propri paesi di origine.
Cosa fate per chi si convince a “smettere”?
Abbiamo una struttura di accoglienza, dove possiamo ospitare una decina di ragazze che hanno ottenuto il cosiddetto “articolo 18”, il percorso di protezione sociale. La differenza tra le ragazze che ospitiamo e quelle che incontriamo per strada è notevole: solo chi è fermamente deciso a smettere, ribellandosi così al proprio sfruttatore, può farcela. Solo chi non ha più paura può incamminarsi verso un nuovo percorso di vita.
Di che nazionalità sono le ragazze che si prostituiscono a Milano?
La nostra unità di aiuto Avenida è presente sulle strade dal 1998 e la situazione è molto cambiata. Le più numerose sono ragazze dell’Est, provenienti da paesi che hanno aderito all’Unione europea in anni relativamente recenti. Sono rumene, bulgare, estoni e sono anche quelle che più facilmente smettono, perché fare ritorno alla propria città d’origine è semplice, basta un treno. Sono venute in Italia con una promessa di soldi facili, poi trasformata in schiavitù da qualche fidanzato delinquente. Tra le africane, invece, sono quasi tutte ragazze provenienti dalla Nigeria. Dei 2.571 contatti presi da Avenida l’anno scorso, ben 2.531 sono ragazze nigeriane. Per loro liberarsi dalla schiavitù è più complesso.
Perché?
Oltre ad avere un debito con il protettore, che è quasi sempre una donna chiamata “madama”, vivono il giogo del rito vudù. Un rituale subìto quando ancora erano in Nigeria e che si rivolterà contro di loro se oseranno ribellarsi, non riuscendo a restituire interamente il debito contratto. Le nuove rotte delle nordafricane passano dagli scafisti, dai centri di accoglienza, dalle richieste di asilo. Una volta ottenuto quello, si apre la strada della prostituzione.
Molti politici sono favorevoli alla legalizzazione della prostituzione, con l’abolizione della Legge Merlin e la riapertura delle case di tolleranza.
Il tema è molto complesso, nessun politico l’ha ancora analizzato seriamente. Chi sostiene che sia meglio togliere le ragazze dalla strada, perché un appartamento sembra più sicuro, fa solo un discorso di “fastidio alla vista”. Abbiamo notato negli anni che la prostituzione al chiuso è ancora più opprimente per le ragazze che la subiscono, da sole alla mercé della violenza del protettore. Lì noi non possiamo raggiungerle, cosa che invece riusciamo a fare quando sono in strada. Pensiamo poi alle moderne case di tolleranza, mascherate da centri massaggi, nelle quali nemmeno noi della Caritas ambrosiana riusciamo a entrare. Recentemente, nel 2008, l’allora vicesindaco Riccardo De Corato aveva istituito multe fino a 500 euro per i clienti delle prostitute, e il tentativo era stato salutato come vincente da molti. In realtà il fenomeno della prostituzione non è diminuito, si è semplicemente spostato da Milano alle periferie dell’hinterland, dove ai clienti non sarebbe stata comminata nessuna sanzione. Attualmente è rimasto in quelle zone. Molto spesso vengono invece citate le “zoning”, le zone a luci rosse presenti in molte capitali europee, come fossero un esempio positivo, solo perché tutto appare in ordine. A dimostrazione che il dibattito sul tema è lontano da una soluzione.
Prostituta foto da Shutterstock