Come ci eravamo permessi di ricordare a un presidente del Consiglio un po’ superficiale nell’uso della comunicazione, se siamo umani e non bestie non solo si deve evitare di strumentalizzare le tragedie (caso Aylan) per incassare un momentaneo consenso emotivo. Ma bisogna soprattutto agire per tentare di rimuovere le cause della tragedia che ha messo in moto 4 milioni di profughi dalla Siria, 8 milioni di sfollati nella stessa regione e milioni di migranti economici che stanno muovendo dall’Africa subsahariana verso il nostro Continente.
Perché un conto è prendere atto dell’impossibilità di fermare i flussi migratori di gente in cerca di una vita migliore. Un altro è subire i flussi passivamente. Un altro ancora è assecondarli a chiacchiere o, peggio ancora, con l’utopia suicida (che fa male ai migranti e tanto più a chi li dovrebbe accogliere) che promette di far fronte in modo decente, dignitoso, umano, alle migrazioni di milioni di esseri umani dal Eud del mondo all’Europa.
Però, da questo orecchio, cioè in quello in cui ci permettevamo suggerire un primo ed elementare gesto cristiano (togliere l’embargo alla Siria), pare che né Renzi né la Merkel ci vogliano sentire. Perciò, dopo una settimana di trionfale e sentimentale propaganda (con commentatori e riprese televisive scatenate nella criminalizzazione dell’Ungheria e paesi dell’Est), adesso siamo qui a scandalizzarci perché Germania e Francia, i due paesi che volevano fare i primi della classe dell’accoglienza, sono adesso i paesi che frenano bruscamente sugli stessi temi che enfatizzavano solo settimana scorsa.
Tant’è, cosa dice adesso l’eroico presidente della Commissione Juncker, che ancora la settimana scorsa ci faceva grandi discorsoni che spalancavano le porte d’Europa a profughi e migranti parlando dello stato dell’Unione? Purtroppo lo dobbiamo leggere su un giornale di sinistra e di establishment sì, ma francese, che secondo Juncker «il metodo del governo ungherese non è buono. Ma che fare d’altro? È il dovere dei paesi nello spazio di Schengen proteggere le loro frontiere esterne» (Le Monde, 15 settembre). Capito? Fino a due giorni fa l’Ungheria evocava sui giornali e nelle tv la “barbarie” e “l’orrore”. E uno sgambetto deficiente di una cameramen era la prova dell’inqualificabile regime nazista che governa a Budapest. Adesso devono chiedere scusa e riconoscere che almeno un pochino l’Ungheria ha ragione.
Infatti la Merkel fa retromarcia e viene incalzata non solo dai paesi europei dell’Est, ma dalla stessa sua alleata Csu bavarese. Che manda a dire via il segretario Csu Manfred Weber (ma anche via Partito popolare europeo di cui il partito del premier ungherese è membro): «Viktor Orban non è la pecora nera d’Europa. Egli domanda che siano rispettate le regole di Dublino e di Schengen che impongono di proteggere le proprie frontiere esterne e che i rifugiati senza documenti accettino di farsi registrare. Tutto ciò è legittimo».
Quanto alla Merkel e alla sua retromarcia Weber aggiunge: «Quando il governo federale tedesco ha deciso di aprire le frontiere era una risposta a una situazione d’urgenza (prevista tra l’altro dallo stesso trattato di Schengen, ndr). Ma abbiamo sempre avuto chiaro che si trattava di una decisione a breve termine». Così ora la Germania fa esattamente come la Francia. Ripristina i controlli alle frontiere con l’Austria e cautamente si sposta verso linea ungherese diffamata fino a ieri. Già, perché – dice Weber, e giustamente a nostro parere – «ora è essenziale che l’afflusso dei profughi sia canalizzato e organizzato». Infine, anche il partito di Alfano e lo stesso ministro Alfano, qualora non avessero già deciso di entrare nella famiglia dei partiti socialisti europei, dovrebbero sapere che la posizione del Ppe in Europa (di cui Ncd è parte) è quella espressa da Françoise Grossetête: «Noi dobbiamo accogliere i rifugiati, mentre i migranti economici devono essere rinviati nei loro paesi» (Le Monde, 15 settembre).
Ma perché sull’emergenza profughi e migranti l’Europa si sta attorcigliando su se stessa, procede per interventi spot, così che una delle possibili conseguenze è che l’Italia resti sola ad affrontare la pressione degli sbarchi clandestini, e senza poter neppure elevare muri all’ungherese? Perché dalla Siria al Mediterraneo l’Europa non sa che pesci prendere. E non sa perché segue Obama pedissequamente. E siccome Obama e Nato, dopo aver contribuito a buttarle per aria, non considerano una loro priorità la stabilizzazione della Siria e della Libia, Europa e Italia si dividono i cocci della disastrosa politica estera obamiana e dell’Alleanza militare atlantica.
In particolare, perché in Siria l’Europa non fa quanto da noi proposto per “essere umani e non bestie” come dice Renzi? Perché Italia ed Europa non si sfilano dall’alleanza occidentale che impedisce ogni rifornimento a Damasco, spingendo così i siriani a fuggire profughi o ad arrendersi ai tagliagole dell’Isis?
Perché nella logica Obama-Nato la priorità resta cacciare il dittatore Assad. La Turchia (membro della Nato) lo vuole. E, soprattutto, lo vogliono le monarchie del Golfo (Arabia Saudita e Qatar), che nel mentre sigillano le frontiere ai profughi siriani (non uno è stato accolto dai “fratelli” musulmani che abitano nel lusso oltre i confini dei paesi della penisola arabica), seguitano a finanziare in modi obliqui l’avanzata dei sunniti dell’Isis. E ciò allo scopo, appunto: primo, di produrre il collasso definitivo del regime siriano; secondo, di impegnare il regime iraniano in una severa campagna militare che lo distolga dal sostegno delle minoranze sciite in Yemen e nei ricchi paesi del Golfo.
Obama è dalla stessa parte di Ankara, Doha e Riyad, partner delle grandi multinazionali il cui business esige liquidità per le acquisizioni, gli investimenti e le speculazioni finanziarie internazionali. E soprattutto grandi clienti di armi, tecnologia, consumi americani. Si capisce che, al contrario di Putin, insistendo sull’embargo a Damasco, l’Occidente finge di non sapere che alawiti e minoranze sciite e cristiane non possono fare altro che resistere sotto il cappello di Assad. E resistere per una semplice, evidentissima e umanissima ragione, almeno fino a che le grandi potenze non si decideranno a convocare un tavolo di pace e a trovare un sistema imperiale per garantire loro la sopravvivenza dopo Assad. Alawiti e minoranze cristiane e sciite sanno benissimo cosa li aspetta, se, come vogliono la Turchia e i suoi alleati nel Golfo, Damasco cadesse sotto l’assalto islamista: sarebbero sterminati o, per lo meno, dovrebbero sottostare a un regime da Califfato.
È questo doppio scacco, nel Mediterraneo e in Medio Oriente, che determina la situazione emergenziale che si è creata in Europa. Una situazione che probabilmente fa piacere sia alla Turchia di Erdogan, sia alle monarchie del Golfo (e magari pure un po’ ad Obama che già aveva incasinato l’Europa con la gestione delirante – per gli interessi europei – del Maidan in Ucraina). E fa piacere perché così, in primis, il Medio Oriente si svuota di cristiani, sciiti e minoranze non sunnite. Secondo, fa piacere perché così l’Europa continua a restare fuori gioco e gli Stati Uniti di Obama a tentare di buttare fuori dal Medio Oriente (ma a quanto pare senza successo) la Russia di Putin.
Così oggi l’Europa si ritrova debole, divisa, irresoluta, incapace di esprimere una politica estera coerente rispetto ai propri valori e interessi. Una politica tanto assente che, infine, il nanismo europeo trova come sua unica valvola di sfogo il cloroformio umanitario, la propaganda buonista, le chiacchiere dei borghesi che vedono il mondo dal taxi epperò si mettono in marcia anch’essi a piedi scalzi come i profughi (ma sui tappeti rossi del cinema di Venezia, mica partendo dal deserto intorno a Damasco) al fine di sentirsi buoni, bravi e belli in coscienza. Col pessimo risultato, però, che ciò non serve né a trovare una politica sull’emigrazione, né a convincere i cittadini europei dell’esistenza di “piani profughi” che non siano spot (o “hotspot”, secondo la versione pornosuggestiva dei centri di registrazione profughi coniata dal nostro obamiano premier).
Tutte cose che invece la Chiesa cattolica sta dimostrando di incarnare in modo pratico e senza troppe fanfare. Ma anche con l’avvertenza e prudenza a non seminare illusioni pericolose (stile tromboneria scriteriata e conformista alla Enzo Bianchi). Come hanno detto il cardinale Caffarra e il vescovo Negri – che naturalmente la pubblicistica obamiana asservita ai re di denari è obbligata a dipingere come “conservatori” e zizzania antipapale –, bene l’accoglienza e necessaria la solidarietà. Ma peggio dell’egoismo intransigente c’è solo l’utopia benintenzionata.
Infatti, predicare la scriteriata e indiscriminata apertura delle frontiere significa solo favorire i trafficanti di armi e di carne umana, gli schiavisti e gli islamisti. A tutti costoro non par vero di ascoltare dai nostri media che l’Europa deve spalancare tutte le porte, indistintamente, a chiunque fugge, si dice, “da fame e guerre”. Un messaggio che detto così, senza altra precisazione e intervento razionale, suona come un invito ai guerrafondai e ai tagliagole a insistere nel loro piano di destabilizzazione del mondo musulmano, portando così masse di clienti ai trafficanti che si stanno facendo emiri e principi con i soldi dei buttati a mare.
Tendenza che si conferma nel bollettino dei flussi aggiornato a martedi 15 settembre. Come scrive Fiorenza Sarzanini sul Corriere della Sera, «le ultime stime parlano di almeno quattro milioni di profughi pronti a mettersi in viaggio per raggiungere l’Europa dalla Turchia e dall’Africa». E non è una bella notizia come per una settimana ci hanno voluto far credere le buone intenzioni (“che lastricano le vie dell’inferno” diceva il filosofo) sull’onda del sogno di una Germania di fine estate.
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