Prof della Sapienza racconta l’ateneo diventato discarica intellettuale

Come mai un gruppo di 67 docenti – autori di un documento miserando e che falsifica platealmente il pensiero del Papa su Galileo – assieme a un centinaio di studenti di estrema sinistra è riuscito a condizionare il più grande ateneo d’Europa e a imporre le proprie scelte a più di centomila persone tra studenti e dipendenti? Intanto, osserviamo che un simile evento è soltanto l’ultima manifestazione della maledizione che perseguita l’Università di Roma La Sapienza da quarant’anni almeno. Quando la frequentavo come studente era impossibile circolare con in mano un giornale che fosse appena di sinistra, perché si finiva picchiati da un gruppo di teppisti neofascisti che faceva il bello e il cattivo tempo. Poi è venuta l’egemonia dell’estrema sinistra. La Sapienza era pattugliata da squadre di “katanga” con le spranghe di ferro, fino alla vicenda tragica della cacciata di Luciano Lama a suon di pietre e bulloni, sempre ad opera di una ristretta minoranza di facinorosi. È l’università in cui un grande storico come Renzo De Felice ha dovuto parlare protetto dai poliziotti con casco e manganello e in cui è stato aggredito Lucio Colletti.
E allora di nuovo la domanda: come mai un’istituzione di queste dimensioni cade ancora una volta sotto il controllo di un manipolo di facinorosi? Come mai il rettore permette che una cinquantina di persone entri nel rettorato e occupi la sala di riunioni del Senato accademico e poi “tratta” con costoro concedendo loro spazio per contestare il Papa fino a pochi metri dal punto in cui egli dovrebbe passare? Perché cede a gente che non rappresenta nulla e sanziona una simile violazione della legalità? Introduco la risposta con un piccolo episodio. Mi è capitato di dire a un docente anziano, rispettabile e di prestigio, che trovavo allucinante che negli Stati Uniti un losco figuro come il presidente iraniano Ahmadinejad avesse potuto parlare alla Columbia University e a una persona rispettabile come il Papa non fosse possibile parlare alla Sapienza. Che cosa mi sono sentito rispondere? Che Ahmadinejad non è tanto pericoloso per gli Usa quanto lo è il Papa per l’Italia. Questa è l’acqua in cui nuotano quei pochi scalmanati e che li rende tanto sicuri di sé. Questo è il clima che rende difficile a un rettore, anche al più deciso, imporre la legalità. Esiste un legame sotterraneo permanente tra le vedute non maggioritarie ma largamente diffuse di gruppi di “cattivi maestri” e certi gruppuscoli estremisti che vengono coccolati o quantomeno tollerati. È stato quindi giusto dire che oggi l’università – e un gigante malato come La Sapienza più di altri – è ridotta a una discarica intellettuale e a un centro sociale. È un luogo dove si fa soltanto una didattica burocratica e non ha posto la cultura: come potrebbe altrimenti accadere che delle persone che si fregiano del titolo di docenti possano produrre un documento basato su una citazione ricavata in rete e interpretata a rovescio? Bell’esempio di rigore intellettuale, di serietà nella lettura dei testi e di rispetto della verità da offrire ai propri allievi! È una discarica intellettuale in cui gironzolano e si stravaccano gruppetti di estremisti dormienti pronti a risvegliarsi, appena se ne presenta l’opportunità, per replicare e imporre i loro lugubri rituali. I quali vengono regolarmente subìti da un classe accademica priva di dignità, di senso delle istituzioni e di rispetto di se stessa; in breve, priva delle caratteristiche che deve avere un educatore. Per questo oggi sulla questione educativa si gioca tutto, ovvero la possibilità residua che questo paese conservi i requisiti elementari di una comunità civile.

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