«Berlusconi ha detto una cosa che deve farci riflettere!» ha tuonato ieri Antonio Di Pietro, leader dell’Idv, rivolto ai banchi dell’opposizione alla Camera. Un discorso, il suo, che è stato letto come una svolta storica. Ma il deputato Antonio Pisicchio, passato nel 2009 dall’Italia dei valori all’Api di Rutelli, spiega a Tempi che «quanto è accaduto ieri è perfettamente coerente con la linea dipietrista».
Come si spiega il discorso moderato del leader di un partito che si è sempre caratterizzato per il suo antagonismo al premier?
Ho pubblicato diversi studi su questo: se si analizza la politica di Di Pietro nel biennio 2006-2008 si capisce la sua svolta. Allora il leader dell’Idv, assolutamente istituzionalizzato, da membro del governo come ministro delle Infrastrutture investe nel progetto del ponte di Messina e ha momenti di forte intesa anche con il presidente della Regione Lombardia, Roberto Formigoni. Nel 2008, però, la sinistra estrema perde il suo ruolo in Parlamento mettendo in libertà un bel po’ di voti. Di Pietro per recuperarli deve cambiare totalmente linea e diventare antagonista. Oggi? Sta rifacendo esattamente la stessa cosa a destra.
Non sarebbe più semplice “rubarli” a sinistra?
A sinistra Di Pietro ha capito di avere ormai poche speranze e troppi antagonisti. Non parlo solo di Sel, che si è ripresa l’elettorato della sinistra antagonista, ma anche di una concorrenza interna: è evidente che la vittoria di Napoli non è dell’Idv ma di De Magistris. Di Pietro quindi non è più sicuro di godere del consenso di un anno fa e si vuole smarcare dalla sinistra per recuperare gli elettori di destra stanchi del governo.
Non rischia defezioni interne al suo gruppo?
Per quanto riguarda la nomenclatura del partito e i parlamentari viola, Di Pietro sa di godere di una egemonia assoluta. Io sono stato nell’Idv per anni e conosco bene la fedeltà incondizionata dei suoi.
Si può dire lo stesso del popolo viola?
No, ed è qui che Di Pietro rischia il suicidio. Lui, come Berlusconi, ha sempre fondato la sua strategia politica sulla comunicazione piuttosto che sull’identità e il consenso d’opinione. Ieri, però, ha lanciato un segnale che, senza dare un messaggio chiaro o convincente agli elettori di destra, può confondere anche il suo elettorato, spostandolo proprio nella sinistra da cui si sta dissociando.