Petrolio Potenza. Leggete qui prima di gridare allo scandalo
“Ma qualcuno ha letto davvero l’emendamento incriminato?” è la domanda, posta nel titolo di un articolo apparso oggi sul Foglio. Stiamo parlando del cosiddetto scandalo di Potenza, quello che ha portato in questi giorni alle dimissioni del ministro Federica Guidi. Lo sapete: Tempi è (molto) molto cauto a inseguire le grida che si levano dai giornali su questioni come questa. È una precauzione di ordine generale che teniamo in questi casi, portati a diffidare di quanto strillato nei titoli dai giornali, che si fermano spesso a riproporre le tesi dell’accusa, anziché fare un vero lavoro giornalistico d’inchiesta.
[pubblicita_articolo allineam=”destra”]COSA DICE L’EMENDAMENTO. Per questo ci ha colpito l’articolo del Foglio di Umberto Minopoli che riporta per intero l’emendamento che, secondo l’accusa, è al centro del contendere. Dice così: «… nella legge di Stabilità 2015, al comma 552, è introdotta l’estensione dell’autorizzazione unica anche per le opere necessarie al trasporto, allo stoccaggio, al trasferimento degli idrocarburi in raffineria, alle opere accessorie, ai terminali costieri e alle infrastrutture portuali strumentali allo sfruttamento di titoli concessori esistenti…».
In altre parole, il suddetto emendamento dice che le opere valutate e approvate (sottolineiamo: valutate e approvate) vanno autorizzate. Come scrive giustamente Minopoli, questa è «una cosa che dovrebbe essere ovvia e che non lo è solo in Italia».
«Da noi quando un’importante opera ha ottenuto l’autorizzazione (dopo una lunga e certosina valutazione) non ha ottenuto nulla. Tutto resta bloccato. Perché? Perché non basta che l’opera sia stata valutata ed approvata dai livelli istituzionali previsti. L’autorizzazione, come un rito bizantino, deve essere ripetuta, doppiata, reiterata per ogni singola parte dell’opera, per ogni ufficio amministrativo, per ogni capoufficio, per ogni funzione amministrativa. Un processo infinito, inutile, esasperante, ritardante. Che serve solo a dare un potere insopportabile ai burocrati locali (di cui loro approfittano anche per lucrare tangenti). Solo un problema di carte e scartoffie. Che servono solo a perdere tempo ma conferendo potere di interdizione e di ricatto (spesso tangenti) ai burocrati e funzionari locali».
IL REATO. C’è un altro articolo importante da leggere oggi per avere un’opinione “altra” rispetto a quella diffusa da quasi tutti i quotidiani. L’ha scritta sul Messaggero il pm Carlo Nordio, sottraendosi alla cagnara mediatica e premettendo che «solo i giudici potranno dire, magari tra parecchi anni, se siamo di fronte a una serie di reati o a una più modesta concertazione di affari, magari opachi ma non per questo illeciti o addirittura criminosi».
Il reato contestato, infatti, è il fumoso «traffico di influenze» una dicitura che sembra apposta pensata per dare mano libera ai giudici di muoversi agevolmente tra chiacchiere e millanterie. Il reato, nota Nordio,
«È una novità del nostro ordinamento, e di difficile definizione e di ancor più laboriosa applicazione. Non esistendo precedenti giurisprudenziali, la possibilità di interpretazioni difformi è assai elevata. Gli altri reati, a cominciare dall’abuso di ufficio, sono la croce di ogni procura, e alla fine tendono a dissolversi in generiche formule assolutorie, quando non si vaporizzano per prescrizione. Infine, il coinvolgimento del capo di Stato maggiore della Marina indagato, a quanto pare, per aver patrocinato l’acquisto di navi militari, è quantomeno problematico. Ancor di più lo sarebbe se, come l’interessato sostiene, la notizia gli fosse arrivata attraverso la stampa. Speriamo che i prossimi giorni eliminino queste perplessità».
IL MINISTRO. Certo, Guidi è stata improvvida e ingenua a telefonare al compagno, «ma non disonesta» dice Nordio:
«Possiamo dar per certo che se i giornali pubblicassero tutte le conversazioni dei politici, degli amministratori e, perché no, anche dei magistrati soprattutto nell’imminenza delle elezioni associative, l’intero nostro sistema amministrativo e giudiziario sarebbe stravolto».
L’INTERCETTAZIONE. La terza questione fatta emergere dal magistrato è un suo (e nostro) vecchio cavallo di battaglia e riguarda l’origine di tutto questo scandalo, ancora una volta un’intercettazione:
«Se non si sente il tono, la conversazione può essere interpretata come ci pare. A leggerla senza pregiudizi, può anche essere la comunicazione di un provvedimento adottato in piena legittimità, come peraltro sostengono Renzi e Boschi. Ma di questo giudicheranno i Tribunali. Quello che è intollerabile è che, ancora una volta, la vita politica del Paese venga pesantemente condizionata da un’inchiesta, per di più in fase iniziale, di cui filtrano notizie ambigue e incerte».
Foto Ansa
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