
Paritarie. Agesc con i vescovi di Ferrara e Trento contro Ici e Imu

“Agesc è vicina ai vescovi e alle scuole esprimendo con forza il disappunto per la disparità ancora imperante tra scuola di stato e scuola paritaria, nonostante entrambe siano pubbliche”. Così stigmatizza il presidente Roberto Gontero su quanto sta accadendo in Emilia-Romagna e in Trentino.
Intimato dal Comune di Ferrara a saldare un arretrato di 100 mila euro di Ici del 2010, l’arcivescovo Luigi Negri non solo da detto ‘no’ ma ha preso carta e penna ed ha scritto una lettera al premier Matteo Renzi, che non ha risposto. L’Ici sarebbe dovuta dalle parrocchie le cui scuole ospitano oltre 1600 bambini, 25 istituti in tutto, a rischio chiusura se davvero vincessero ‘le sentenze creative della Cassazione’ come le ha definite, con ragione, l’arcivescovo Negri. Dal comune di Rovereto invece, l’arcidiocesi di Trento rivuole indietro 70.000 euro di Imu non dovuta per il Liceo Internazionale Arcivescovile. Le rette sono inferiori ai 6 mila euro e quindi, per un regolamento ministeriale del 2012, viene trattenuto illegalmente dal comune un gruzzolo non proprio esiguo. Per ogni scuola paritaria che chiude a causa di problemi economici, lo Stato dovrà pagare per ogni alunno trasferito alla scuola statale 7.366 euro l’anno, contro i 787 che paga ora per la frequenza alle paritarie”.
[pubblicita_articolo allineam=”destra”]”Hanno chiuso in due anni oltre 400 scuole cattoliche dell’infanzia, oggi a quota 9.650, le uniche peraltro a reggere l’urto dell’assenza statale di servizi alle famiglie. Di fatto il problema è uno solo: la libertà di scelta educativa è ancora un miraggio nel nostro Paese. Speriamo che l’Europa richiami il Governo a un maggior rispetto della libertà e pluralismo educativo. Invece di aprire al pluralismo scolastico e rilanciare positivamente la scuola nazionale, si schiaccia l’offerta formativa paritaria con tasse non dovute. Alla miopia statalista, che ignora e penalizza le scuole paritarie, va chiesto con quali risorse pubbliche, in un Paese indebitato e asfittico come il nostro, pensa che un comune possa farsi carico di 1.600 bambini rimasti senza scuola”.
“Anche lo school bonus – incalza Gontero – creato per dare un po’ di ossigeno alle strutture scolastiche e ad interventi che migliorino l’occupazione dei diplomati, mostra vistosamente il fianco in materia di parità tra scuola statale e paritaria. Checché se ne dica, la mano del legislatore italiano non manca mai di alzarsi per schiaffeggiare la libertà di scelta educativa. Non a caso siamo solo al 47° posto nel mondo per pluralismo educativo”.
Foto da Shutterstock
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5 commenti
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le sentenze creative dimostrano che il parlamento non è sovrano e che la magistratura si è arrogata il diritto a legiferare (cosa da pazzi). per la vicenda del trentino la diocesi farebbe meglio a trattare con angela merkel.
Tralasciando per un momento il problema ideologico, mi piacerebbe capirli un po’ meglio questi numeri.
Su una scuola elementare pubblica di 800 alunni, stimando
20 alunni per classe
1,5 insegnati in media (che sono meno, in quanto la maggior parte dei bambini non fruisce del tempo pieno) al costo unitario di 40.000 €/anno
1 dirigente al costo di 70.000
4 persone in segreteria (mi sembrano tante, ma diamole per buone) al costo di 40.000
6 altri addetti (anche questi tanti) al costo di 35.000
avremmo un costo del personale pari a 2.840.000 euro, cioè 3.550 per alunno.
Aggiungiamo altri 300.000 euro per riscaldamenti, utenze varie, materiali (375 euro per alunno).
Facciamo un totale di 3.140.000 euro, cioè 3.925 per alunno.
Secondo il dato riportato nell’articolo di 7.366 euro/alunno quella scuola dovrebbe costare. 5.892.800 euro/anno – come si giustifica la differenza di 2.752.800 euro/anno?
Le mie ipotesi di conto sono fatte in abbondanza, ma facciamo finta che mi sono clamorosamente sbagliato per 1 mio/ero, ne ballano sempre un altro milione e 750 mila. Che sono? tutte manutenzioni annue?
A meno che non si voglia mettere nel conto il personale amministrativo e ministeriale, che in realtà già lavora anche per le private parificate.
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Immaginando poi che nel territorio chiudesse una scuola privata con 200 alunni, che si passasse ad una media di 21 alunni per classe, che rimanesse un solo dirigente e che (non sarebbe così) crescessero proporzionalmente il numero di segretari e bidelli, nonché il costo delle utenze e dei materiali, il costo per alunno scenderebbe di 62 euro/anno, mentre quello totale salirebbe di circa 630 mila, recuperandone però 157 mila di finanziamento (787 euro per alunno alle private). L’aumento di spesa sarebbe quindi di circa 470 mila euro. Non sono pochi, ma certo non le cifre che si fanno intravvedere.
Il MIUR dà queste cifre:
http://hubmiur.pubblica.istruzione.it/web/istruzione/dg-ordinamenti/scuola-non-statale/imu_tasi
che sono molto vicine a quelle fornite dall’articolo.
Bisogna considerare anche i laboratori ed il personale in codocenza (chimica e fisica) e le palestre.
I numeri che fornisce l’articolo sono molto credibili.
E bisogna anche considerare una ulteriore disparità:
nelle graduatorie di terza fascia l’insegnamento in una scuola statale vale due punti al mese per un massimo di 12 punti annui, mentre per le paritarie il punteggio è dimezzato, dunque un docente che volesse passare alle statali si trova meno punti di uno che ci ha sempre insegnato, e questo a prescindere dall’anzianità di servizio.
c’è anche il caso in cui a fronte della chiusura di una scuola paritaria, quella statale che assorbe gli alunni sia carente in aule (certo le statali possono trasformare un cesso in un’aula e nessuno dice niente tanto basta fare una deroga). Ma metti che il dirigente ha un cuore…significa affittare, comprare, spendere. E parecchio.
Ciò non toglie che il problema è culturale. La sua essenza è un problema di cultura, di come si vede la realtà, come la si affronta.
Ma perché i gruppi cattolicisti devono sempre dare numeri privi di senso? Vi ricordate i 2.000.000 del family day che poi erano 50.000? Un fattore di riduzione 40, lo applicherei anche in questo caso.