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Paradossi ed errori della legge sulla vivisezione. «Ci fa passare da un’infrazione all’altra»

Gli animalisti applaudono il nuovo testo ma «le criticità sono tantissime». Intervista a Roberto Caminiti (La Sapienza): «Se non agirà Bruxelles, noi ricercatori faremo ricorso alla Corte europea»

Emmanuele Michela
11/03/2014 - 3:00
Interni
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La legge sulla vivisezione ha concluso il suo iter e, dopo essere stata approvata dal Consiglio dei ministri nei giorni scorsi, ora attende soltanto la sua pubblicazione nella Gazzetta Ufficiale, che porterà la ricerca dei farmaci sugli animali verso un tunnel sempre più restrittivo. Gli animalisti esultano, perché con la nuova legge chiuderanno gli allevamenti di cani, gatti e primati, Green Hill in testa. Ma ancor prima del famigerato “canile lager”, a sentire gli effetti del nuovo decreto legislativo saranno scienziati e laboratori, costretti a fare i conti con un testo che peggiora una direttiva, quella europea del 2010, frutto di un lungo dibattito tra mondo della scienza e animalisti. «Le criticità sono tantissime», spiega a tempi.it Roberto Caminiti, docente di Fisiologia Umana all’Università La Sapienza di Roma, e chair del Committee on Animals in Research della Federazione Europea delle società Neurologiche. «Quello che è paradossale è che questo nuovo decreto legislativo ci porta a una nuova procedura d’infrazione».

Perché?
L’articolo 2 della direttiva europea vieta in maniera esplicita ai Paesi membri di introdurre legislazioni più restrittive della direttiva stessa, a meno che non fossero in vigore prima della sua pubblicazione. Tutti i divieti che introduce il decreto legislativo italiano globalmente non erano in vigore quando nel 2010 fu pubblicata la direttiva, e quindi la violano. Quindi l’Italia è sicuramente in procedura d’infrazione. Se non agirà Bruxelles con motu proprio ci penseremo noi ricercatori a fare ricorso alla Corte europea. Stiamo aspettando la pubblicazione in Gazzetta Ufficiale e il giorno dopo ci muoveremo.

Qualche mese fa si è parlato delle sanzioni che l’Europa poteva comminarci per il ritardo nel recepimento della norma. Ora che l’abbiamo accolta, ecco nuove infrazioni.
Esatto, la situazione è davvero paradossale. Usciamo da quella infrazione legata al ritardo, per entrarne in un’altra per violazione della direttiva.

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E quali sono le modifiche più sostanziali?
Partirei dal divieto di fare ricerca sugli animali per le sostanze d’abuso e le tossicodipendenze, per passare al divieto di usare gli animali nell’ambito della ricerca sugli xenotrapianti. Che è una cosa particolarmente grave: questo termine indica tutti i trapianti d’organo, valvole cardiache, e le terapie oncologiche personalizzate. Ormai si è capito che i tumori sono estremamente variabili, lo stesso tipo istologico di tumore può uccidere un paziente in sei giorni come tenerne in vita un altro per sei anni. Le più grandi università americane stanno orientando il proprio lavoro in questa direzione. L’idea è quella di prendere il genoma umano di una persona affetta, ad esempio, da un tumore cerebrale, trapiantarlo su dei topi per renderli “geneticamente più simili” agli uomini e da lì tentare una serie di approcci terapeutici per trovare quello di maggiore successo, da trasferire poi sull’uomo. Queste prove non possono essere fatte a caso sull’uomo, se non correndo il rischio di ucciderlo. È la speranza del futuro, e con la legge italiana questo viene impedito.

E le altre modifiche?
Si proibisce l’uso di animali in sperimenti senza anestesia, tranne per lo sviluppo di sostanze analgesiche. Questo, però, impedisce di studiare i meccanismi e la forma del dolore, la patologia dell’ictus, l’infarto, eccetera. Altro punto importante, i modelli transgenici: sono un aiuto fondamentale nello studio di diverse malattie, di cui bisogna capire i meccanismi di base prima di ideare approcci terapeutici. È vero, sono solo modelli animali, però i meccanismi di base si studiano lì. Ad esempio le cognizioni fondamentali sull’Alzheimer vengono dagli studi sui topi. Altro aspetto di criticità è la valutazione fumosa sul rapporto tra danno e beneficio, che non si sa bene chi deve stabilirlo e come: qui potrebbe aprirsi un fronte di arbitrarietà, valutabile in maniera diversa da caso a caso. Una volta, un modello può essere considerato troppo dannoso, un’altra, invece, può essere visto come corretto.

Lascia perplessi anche il divieto di utilizzo di cavie in ambito didattico.
Esatto. Basti pensare che la direttiva europea ha degli articoli ad hoc sulla formazione: non la si preclude a nessuno, anzi viene imposta. Da noi, invece, si impedisce l’uso di animali per la formazione di qualunque tipo di personale, eccetto che per medici e veterinari. Ora, per la stragrande maggioranza, il “capitale umano” che sostiene la ricerca medica in Italia sono quei tanti laureati in scienze biologiche, scienze naturali, scienze farmaceutiche che fanno il dottorato dopo la laurea, per poi entrare nel mondo della ricerca biomedica. Io ho coordinato per 11 anni a Roma un dottorato di ricerca e di laureati in medicina ne ho avuto solo uno. Ecco, a tutta questa gente sarà preclusa l’educazione universitaria attraverso gli animali.

La legge fa riferimento agli allevamenti di cani, gatti e primati che dovranno chiudere. Green Hill è diventato famoso, ne esistono altri?
Di primati non esiste nessun allevamento, né di gatti: nessuno li usa per la ricerca. I cani vengono usati molto dall’industria farmaceutica, non dalle università. Ma il problema non sta tanto nell’allevamento in sé. Con questa legge dovremo prendere gli animali dall’estero, e così non potremo controllare attentamente le loro condizioni di salute. Andrebbero incontro a lunghi viaggi, molto stressanti. Oltre agli allevamenti, poi, uno potrebbe avere colonie autosufficienti: se io fossi autorizzato ad averne una potrei fare ricerche sullo sviluppo pre e post natale. Pensiamo a quante sono le malattie che i neonati sviluppano e che nascono nell’utero materno. Questo chiude ogni possibilità di fare ricerca in Italia sullo sviluppo delle patologie sugli animali a noi simili.

Il nuovo testo crea un fondo per lo sviluppo dei metodi alternativi. Ma cosa sono questi metodi alternativi?
Come dice sempre Silvio Garattini i metodi alternativi sono una contraddizione in termini, perché una volta che viene scoperto un metodo che non richiede l’uso di animali lo si adotta immediatamente. Gli animali costano e c’è da mantenere gli stabulari. È nell’interesse di tutti ridurne l’uso. Ad esempio: parecchi anni fa era necessario usare i cani per trovare le quantità giuste di insulina da dare poi all’uomo, in seguito si è scoperto che poteva essere fatto direttamente sui pazienti e così si è smesso di usare gli animali. Il problema è che i metodi alternativi hanno un ambito di applicazione molto ristretto: si limitano a prove di citotossicità, ossia di determinati composti e determinate sostanze a livello cellulare. Ma una fettina di tessuto non ti potrà mai dire se un farmaco provoca vomito o meno. Un tessuto in vitro non potrà mai prevedere gli effetti fisiologici della tossicodipendenza. Il grande imbroglio che tanti politici hanno portato avanti è stato assunto a filosofia dall’Unione Europea, con le tre “R” e il famoso “replacement”: non sarà mai possibile rimpiazzare la ricerca sugli animali, anche perché le malattie si evolvono sempre. L’idea che andiamo in un mondo ideale dove possiamo usare il computer per simulare le patologie è pura follia.

Tags: animalianimalisticanigattiGreen HilllaboratorileggericercatoriSilvio Garattinisperimentazione animalevivisezione
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