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Papa Francesco, il patriarca Kirill e il «concorso provvidenziale di ragioni» che li porta a Cuba

Oggi il primo incontro della storia tra i capi delle Chiese di Roma e di Mosca. Intervista al giornalista cattolico siberiano Aleksandr Bayanov

Leone Grotti
12/02/2016 - 3:00
Chiesa
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Oggi si incontreranno a Cuba papa Francesco e il patriarca di Mosca e di tutte le Russie Kirill. Il colloquio di due ore, che avverrà in “campo neutro” all’aeroporto José Martí dell’Avana, si può a ragione definire eccezionale visto che è la prima volta nella storia che un papa e un patriarca di Mosca si parlano a tu per tu. Un evento così significativo non è frutto del caso. Aleksandr Bayanov, giornalista cattolico di Novosibirsk (Siberia), fondatore e direttore del sito russo di notizie tayga.info, spiega a tempi.it perché si tratta di una concorrenza «provvidenziale» di ragioni storiche, religiose e politiche.

Direttore, si aspettava l’annuncio?
Mi ha colto di sorpresa, è stato fatto all’improvviso. Ma tutti attendono questo incontro da almeno 20 anni ormai.

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Anche la comunità ortodossa russa saluta positivamente il colloquio?
Sì e non solo la comunità ortodossa russa, ma in generale la Russia e anche le altre Chiese ortodosse. Mi hanno stupito molto le parole usate dal Patriarcato nel comunicato stampa con cui è stato annunciato l’incontro: c’era scritto che avviene «per grazia di Dio», si sottolinea cioè il tono di fratellanza. Questo è importante perché significa che non è solo una decisione politica, ma riguarda anche il rapporto tra le Chiese, che ora in Russia è già abbastanza fraterno.

Che cosa pensano i russi di papa Francesco?
Chi segue i media ha una percezione entusiasta del Papa, che può arrivare fino all’estasi. I media russi ne parlano benissimo, credo perché il punto di vista sulla politica estera del Vaticano, della Russia e del patriarcato sono piuttosto simili.

I media russi parlavano così bene anche di Giovanni Paolo II e Benedetto XVI?
Assolutamente no. Soprattutto di Wojtyla parlavano abbastanza male.

Che cosa è cambiato allora? Già i due precedenti pontefici hanno cercato invano di incontrare il patriarca di Mosca.
Se l’incontro avviene solo adesso non è certamente un caso. Innanzitutto la grande persecuzione dei cristiani in atto riguarda entrambe le Chiese. Oggi, poi, c’è una guerra di informazioni tra Russia e Occidente, ci sono tante contraddizioni tra questi due mondi. Allora si può sottolineare l’aspetto politico di questo incontro, che rappresenta un grande passo in avanti per i rapporti tra Russia e Occidente. Papa Francesco, infatti, ha una grande autorità, è amato dai media ed è molto popolare.

Anche tra i cattolici russi?
Certo. Io all’inizio non mi fidavo di lui, l’ho preso molto con le molle, perché se lo paragoniamo a Benedetto XVI può sembrare un populista, uno che cerca di fare bella figura con i media. Ma quando ho visto come incontra le persone, quando ho sentito di che cosa parla precisamente, allora il mio giudizio è cambiato e sono rimasto colpito dalla sua apertura e sincerità. È come un nonno di una grande famiglia, questo modo di comportarsi è molto attraente.

Che cosa si aspetta da questo incontro? È stato annunciato che al termine del colloquio verrà scritto un comunicato congiunto. Cosa potrebbe contenere?
Rappresenterà per molti aspetti un grande passo in avanti nel dialogo amichevole e nella fraternità tra patriarcato di Mosca e Vaticano. Nel documento verrà sottolineato lo sguardo comune su problemi sociali ed etici. Da una parte, si citerà la persecuzione dei cristiani in Medio Oriente e la necessità di una più equa distribuzione delle risorse nel mondo. Dall’altra verranno affrontati temi molto dibattuti adesso in Europa occidentale e non solo: i matrimoni gay, la teoria del gender, tutto ciò che riguarda la vita e l’antropologia. La dichiarazione, direi, sarà “anti-liberale”.

Quali sono oggi le principali preoccupazioni del patriarca Kirill? Ce ne sono alcune che hanno favorito l’apertura al Papa?
Una delle preoccupazioni principali della Chiesa ortodossa russa è diventare la guida di tutte le Chiese ortodosse e presentarsi come tale davanti al Papa, svolgendo così il ruolo che prima di questo incontro aveva avuto il patriarca ecumenico (di Costantinopoli, ndr). È chiaro che il patriarca Kirill in un certo senso vuole ottenere questo riconoscimento dall’erede di san Pietro. Nella comunità ortodossa, infatti, ci sono tante Chiese autocefale (quella russa, quella di Grecia…).

Quest’anno, dopo dodici secoli, si terrà il Santo e Grande concilio pan-ortodosso che riunisce patriarchi e rappresentanti di tutte le Chiese ortodosse. L’incontro tra Francesco e Kirill influirà sui lavori?
Sicuramente. Il Vaticano ha già stabilito rapporti con tutte le altre Chiese ortodosse, tutti si aspettavano solo che il Papa si incontrasse anche con il capo della Chiesa ortodossa più grande del mondo. Così tutte avranno rapporti con il Vaticano. Mancava solo la Russia.

Si parla spesso di attriti tra cattolici e ortodossi. Come sono i rapporti in Russia?
Non si può dire che a livello istituzionale siano molto calorosi e amichevoli. Li definirei piuttosto formali. Agli eventi della Chiesa cattolica, infatti, vengono spesso invitati i rappresentanti della Chiesa ortodossa e viceversa.

E a livello più quotidiano tra i fedeli?
A livello personale possono essere di profonda amicizia e fratellanza, come succede ad esempio da anni a Kemerovo, a 400 chilometri da Novosibirsk, tra alcuni amici di Comunione e Liberazione e un prete ortodosso, padre Sergej, rettore della scuola ortodossa diocesana della città. La scuola si è gemellata con la “Traccia” di Bergamo, diretta da Franco Nembrini. Alcune Memores Domini insegnano in questa scuola. I rapporti tra le due scuole sono molto stretti, gli alunni italiani vengono qua e i russi vanno in Italia, ci sono incontri dove vengono condivise le opinioni ed è molto interessante. Il metropolita di Kemerovo ha detto dei ragazzi che studiano in questa scuola: «Voglio che sappiano che tutto il mondo appartiene a loro». Mi sembrano parole bellissime.

Ci potrebbero essere ripercussioni positive nei rapporti tra cattolici e russi anche in Ucraina?
I rapporti fra greco-cattolici e ortodossi specialmente potrebbero migliorare e la situazione diventare più facile. Ma credo che in Ucraina il patriarca Kirill sia anche preoccupato per la divisione della comunità ortodossa.

Cosa significa questo incontro per i cattolici russi?
Moltissimo. In un certo senso tutta la comunità cattolica russa vive in attesa del compimento del mistero di Fatima. La rivelazione di Fatima per noi è molto importante perché capiamo che storicamente viviamo in un paese ortodosso e che l’invito della Vergine Maria alla Russia di convertirsi riguarda non solo la Chiesa cattolica ma anche quella ortodossa. Lo spirito del cristianesimo deve diventare il contenuto anche della Chiesa ortodossa.

A che cosa si riferisce?
Come spesso vediamo, sia in Oriente che in Occidente, il cristianesimo è diventato un’ideologia o qualcosa di formale. Mi riferisco anche ai rapporti troppo stretti tra patriarcato e governo russo: questo è un problema abbastanza serio, soprattutto per la Chiesa.

Il cristianesimo gode di buona salute in Russia?
Direi che anche in Russia è in difficoltà. In apparenza la Russia è un paese ortodosso, ma in realtà è un paese post-sovietico. Si può dire che l’ideologia sovietica abbia fatto molti danni all’animo umano e i credenti praticanti non sono più del 10 per cento della popolazione. Il resto della società è molto secolarizzato.

Quali sono questi danni?
Nessuno può spiegarlo meglio di Hannah Arendt: lei parlava della “banalità del male”. Ecco, durante il regime sovietico la responsabilità personale è stata delegata al governo, al paese come istituzione, e questo atteggiamento permane ancora nella società russa.

Qualcuno, dentro o fuori la Chiesa ortodossa russa, ha mai cercato di osteggiare l’incontro tra il Papa e il Patriarca?
Ci sono delle fazioni che remano contro e sono anche abbastanza aggressive. L’avversione è legata soprattutto a una concezione che vede il cristianesimo come un’ideologia subentrata a quella precedente. È una simbiosi strana di traumi post-sovietici e di norme morali cristiane. Questi gruppi sono aggressivi ma non sono numerosi. E non hanno grande influenza sulla società perché i mass media non ne parlano.

Il colloquio all’Avana può aiutare a sanare la divisione ormai millenaria tra le due Chiese?
Senza dubbio può aiutare la riunificazione, però mi sembra che il punto più importante per la Chiesa ortodossa rimanga il primato di Pietro. Papa Benedetto XVI ha già iniziato questa discussione e ha proposto di guardare il primato di Pietro dal punto di vista della Chiesa del primo millennio, cioè nell’ottica del primus inter pares. È interessante sottolineare che, come abbiamo detto prima, la Chiesa ortodossa russa cerca il riconoscimento dalla Santa Sede e si può dire che la Chiesa cattolica sia già la prima per quanto riguarda amore, carità e fratellanza nel mondo. Il Papa è già visto come il personaggio più noto e famoso nel mondo e già rappresenta tutto il cristianesimo, anche se dentro il cristianesimo ci sono ancora divisioni.

Il concorso di fattori che ha permesso l’incontro di oggi sembra davvero grande.
La parola giusta da usare è “provvidenziale”. Proprio come dice il comunicato: avviene «per grazia di Dio».

@LeoneGrotti

Foto Papa-Kirill Ansa/Ap
Foto Papa-Putin Ansa

Tags: cattolicicubamoscaortodossiPapa Francescopatriarca kirillRussia
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