Pakistan, fronte islamico insiste: Rimsha è sana e va condannata
Il tribunale di Islamabad si esprimerà sul caso di Rimsha Masih l’1 settembre, dopo le pressioni di posticipare il verdetto da parte di leader religiosi islamici presenti in aula. La ragazzina cristiana pakistana, di età compresa tra i 13 e i 14 anni, è stata accusata di blasfemia e si trova in carcere dal 16 agosto per aver bruciato delle pagine del Corano. Una perizia medica uscita due giorni fa attesta che Rimsha è affetta da un lieve ritardo mentale e non è educata. Ma il fronte islamista ha presentato un proprio rapporto ai giudici che contesta i risultati della perizia e afferma che la ragazzina quando ha bruciato le pagine del Corano era in pieno possesso delle sue facoltà. Questo, nonostante alcuni giorni fa il All Pakistan Ulema Council, importante gruppo che riunisce i religiosi islamici, si sia schierato a difesa della ragazzina.
PROCESSO. L’1 settembre Rimsha sarà in aula e il tribunale verrà blindato, visto che è successo più di una volta che fanatici islamici abbiano assassinato gli imputati prima della fine del processo. La blasfemia è punita dal codice penale con pene che vanno fino all’ergastolo e alla pena di morte. L’avvocata della cristiana ha chiesto la scarcerazione su cauzione e il trasferimento del processo al tribunale minorile, solitamente più mite nei confronti degli imputati.
MANIFESTAZIONI. Intanto, rivela AsiaNews, all’esterno del tribunale di Islamabad si sono riuniti gruppi cristiani e attivisti che hanno chiesto la liberazione di Rimsha. L’organizzazione Avaaz ha lanciato una campagna internazionale per chiederne il rilascio, insieme a Life for All.
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