Mireille Knoll e l’islamista antisemita della porta accanto
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Parigi in marcia per ricordare Mireille, cortei in numerose città contro l’antisemitismo. Il destino dell’85enne ritrovata accoltellata e semicarbonizzata nella sua casa nel XI arrondissement agita la comunità ebraica e non solo. Mireille Knoll a soli 9 anni era scampata al rastrellamento di 13 mila ebrei nel Vélodrome d’Hiver grazie al passaporto brasiliano della madre, aveva fatto ritorno in Francia, si era sposata con un sopravvissuto di Auschwitz, era diventata vedova, disabile, era diventata una nonna. Ed è stata finita da 16 coltellate inferte da due ragazzi, un vicino di casa e un ragazzo senza fissa dimora che prima di dare alle fiamme il suo appartamento avrebbero urlato «Allah Akbar».
[pubblicita_articolo allineam=”destra”]Mireille infatti è morta per «appartenenza a una religione», scrivono gli inquirenti, uccisa da due giovani di 22 e 29 anni oggi indagati per omicidio a sfondo antisemita e rapina aggravata. E quasi non è stata una novità: c’erano stati dei fattacci, prima, quel bimbo che giocava a casa sua e che Mireille considerava come un nipote si era fatto grande, aveva provato ad aggredire sessualmente la figlia dodicenne della badante della signora e per questo si era fatto il carcere. Qualcuno aveva anche minacciato di bruciarla viva, «perché le denunce di Mireille non sono state prese sul serio?».
DELITTI IN AUMENTO. Secondo il ministero degli Interni francese le azioni violente di carattere antisemita nel 2017 sono aumentate del 26 per cento. Attacchi a luoghi di culto o cimiteri ebraici hanno registrato un +22 per cento e sempre più spesso sono ad opera di quello che Francis Kalifat, presidente degli ebrei di Francia, ha denunciato come antisemitismo musulmano radicato tra i giovani tra i 15 e 25 anni. Ad aprile dello scorso anno, sempre a Parigi, Sarah Halimi, di 65 anni e di origine ebraica, madre di tre figli, muore picchiata e defenestrata viva da un giovane vicino al grido di «Allah Akbar», ma solo pochi giorni fa l’omicidio è stato riconosciuto come delitto antisemita.
«MI SONO SALVATA DALL’EUROPA E DALLA FRANCIA». «Quando mi chiedono perché non sto a Parigi ecco la risposta: credo di essermi salvata, dall’Europa e dalla Francia in particolare. Il vicino musulmano ha preso la vita di mia nonna e ha bruciato tutti i nostri ricordi», ha commentato Jessica Knoll, nipote di Mireille. Negli ultimi anni un decimo ebrei francesi hanno già lasciato il paese e la comunità più grande d’Europa per stabilirsi in Israele, a fronte di denunce ignorate dopo le minacce di estremisti islamici. Soprattutto dal 2012, da quando cioè il 23enne franco algerino Mohammed Merah ha ucciso tre bambini e un rabbino davanti a una scuola ebraica a Tolosa. L’Agenzia ebraica in Francia parla di un esodo di 2.000 partenze nel 2012, 3.000 nel 2013, 7.231 partenze nel 2014 e oltre 8.000 mila nel 2015. «Oggi siamo intorno alle cinquemila partenze l’anno, in diminuzione dopo il picco seguìto all’attentato al supermercato kasher, ma è sempre il doppio del normale», ha detto Kalifat.
AGGUATI E PESTAGGI. A febbraio a Bron, nei pressi di Lione, la figlia di 14 mesi di un rabbino è rimasta ustionata dopo aver usato il passeggino sul quale qualcuno aveva rovesciato dell’acido. A gennaio, a Sarcelles, banlieue dove vive una delle più grandi comunità ebraiche dell’Île-de-France, una ragazzina ebrea di 15 anni che tornava a casa da scuola è stata aggredita da uno sconosciuto che con un pugno in faccia le ha fracassato lo zigomo. Pochi giorni prima, nella stessa cittadina, un bimbo ebreo di 8 anni che indossava la kippah mentre andava a prendere ripetizioni di matematica vicino alla sua scuola è stato aggredito e picchiato per strada da alcuni ragazzi nascosti dietro un cespuglio. Le autorità giudiziarie hanno aperto un fascicolo per violenza con l’aggravante dell’antisemitismo.
«UN MOHAMMED MERAH SOTTO GLI OCCHI». Giovani, immigrati di terza generazione, francesi in tutto e per tutto e affascinati dai jihadisti: «Questi ragazzi dicono: “Non sono marsigliese, sono musulmano”», ha spiegato Bernard Ravet, preside di tre licei che col suo libro Principal de collège ou imam de la République? (Preside di liceo o imam della Repubblica?), ha scosso potentemente la Francia denunciando il fanatismo che nel silenzio del paese «bussa alla porte degli istituti e impone i suoi simboli e le sue leggi nello spazio scolastico, durante la ricreazione, in mensa, in piscina». A una mamma ebrea francese che voleva iscrivere il proprio figlio al liceo Versailles dopo essere stata qualche anno in Israele, il preside Ravet ha risposto di non farlo «i miei studenti avrebbero scoperto subito la sua provenienza straniera. Se avessero scoperto che veniva da Israele, l’avrebbero distrutto». Un’altra madre gli rivelò un giorno di avere cresciuto un «Mohammed Merah in potenza. Io ce l’avevo sotto gli occhi e non mi sono accorta di niente. E questo fa paura».
MOBBING RELIGIOSO IN GERMANIA. Ma il fenomeno non riguarda solo la Francia. A Berlino un allievo della scuola elementare Paul-Simmel chiede a una compagna di 7 anni: «Sei ebrea?». La bimba risponde di sì, spiega che il papà è di fede ebraica anche se non è praticante. La bimba viene insultata, spintonata e minacciata dal compagno e dagli amici, tutti tra i 7 e gli 8 anni, tutti provenienti da famiglie di fede musulmana. L’episodio, accaduto qualche giorno fa, è da iscriversi tra i casi di quello che in Germania è stato ribattezzato “mobbing religioso”, «bambini soggetti al fanatismo di genitori, fratelli maggiori o parenti più stretti», ha dichiarato al Berliner Zeitung l’insegnante di una scuola elementare del quartiere Neukölln, dove il 70 per cento degli alunni è figlio di immigrati, «non sanno ancora leggere o e scrivere, ma già dividono il loro piccolo mondo in due catene: credenti e miscredenti, musulmani e non-musulmani». Le statistiche del ministero tedesco registrano un aumento dei reati di stampo antisemita: dai 1.200 del 2015 agli oltre 1.500 dello scorso anno, e da questi sono esclusi offese, minacce e attacchi fisici che sembrano all’ordine del giorno sia nelle scuole elementari che negli asili, ha denunciato la portavoce della comunità ebraica tedesca Marina Chernivsky. Da tempo infatti i maestri di Berlino affermano che la parola “ebreo” è diventata un insulto comune tra i ragazzini.
GUERRA SANTA A FOGGIA. Secondo il quotidiano Der Tagesspiegel, sempre nella scuola berlinese, nel gruppo WhatsApp degli studenti è circolato un video dell’Isis che mostra la decapitazione di un «miscredente». Uno di quei video diffusi ai suoi “allievi” anche da Mohy Eldin Mostafa Omer Abdel Rahman, arrestato due giorni fa su disposizione della Dda di Bari nel corso di un’operazione congiunta tra Digos e guardia di finanza, e che dovrà rispondere di partecipazione all’associazione terroristica denominata Isis/Daesh e apologia del terrorismo, aggravata dall’uso di mezzi informatici. Cittadino italiano di origine egiziana, sposato con una 79enne italiana, l’uomo, secondo le accuse, aveva trasformato la sede dell’associazione culturale Al Dawa a Foggia in una moschea, dove indottrinava alla guerra santa bambini trai 4 e i 10 anni: «Vi invito a combattere i miscredenti, i crociati, gli ebrei, gli atei, i tiranni arabi e i loro eserciti. Con le vostre spade tagliate le loro teste, oppure sparate con i vostri proiettili, con le vostre cinture esplosive fate saltare in aria i loro corpi, occorre rompere il cranio dei miscredenti e vere il loro sangue per ottenere la vittoria». Agli allievi venivano propinate due volte a settimana lezioni per sgozzare i miscredenti, confezionare bombe, filmati delle decapitazioni, inni alla jihad. «E ricordate – insegnava – che gli ebrei sono satana, ricchi e sempre pronti alla guerra e abitano in fortezze». Nelle stesse ore nel Regno Unito, Umar Haque, 25 anni, professione predicatore, veniva condannato all’ergastolo per aver tentato di reclutare oltre 100 ragazzi per impiegarli in attacchi dell’Isis in suolo britannico. Video, uso delle armi, filmati di decapitazione dei “miscredenti”, stesso copione di Foggia.
L’APPELLO DEL FIGARO. Il 21 marzo Le Figaro ha pubblica l’appello contro il “separatismo islamista”. Lo hanno firmato cento intellettuali, tra i quali Rémi Brague, Alain Finkielkraut, Jean-Pierre Le Goff, Georges Bensoussan, Pascal Bruckner, Pierre Nora, Robert Redeker, Boualem Sansal, Pierre-André Taguieff e altri. Nell’appello che denuncia gli effetti del “nuovo totalitarismo” si legge: «Oggi è un apartheid di nuovo tipo che viene proposto in Francia, una segregazione al contrario grazie alla quale i “dominati” preserverebbero la loro dignità mettendosi al riparo dai “dominanti”. (…) Da molto tempo, l’unità del paese è stata fondata sull’indifferenza rispetto ai particolarismi che potrebbero essere causa di conflitto. Ciò che viene chiamato universalismo repubblicano non consiste nel negare sesso, razza o religione ma nel definire lo spazio pubblico indipendentemente da questi aspetti affinché nessuno ne sia escluso. (…) Il nuovo separatismo avanza sotto mentite spoglie. Vuole apparire benigno ma in realtà è l’arma di conquista politica e culturale dell’islamismo. L’islamismo vuole la separazione perché rifiuta gli altri, compresi i musulmani che non condividono le sue idee. L’islamismo detesta la sovranità democratica perché questa gli nega ogni legittimità. L’islamismo si sente umiliato quando non domina. Accettare tutto ciò è fuori discussione». Cos’è rimasto di quel modello di integrazione degli immigrati attraverso la scuola laica e tra popoli e culture ostentato di fronte al resto d’Europa? Solo una società in Marcia tra le strade da cui gli ebrei hanno ricominciato a fuggire, sorda al richiamo delle sue intelligenze più coraggiose?
Foto Ansa
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