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Olanda. Migliaia muoiono con l’eutanasia, eppure qualcosa comincia a scricchiolare

Nel 2017 oltre un quarto di tutti i decessi in Olanda sono stati indotti dall'uomo stesso. Ma sempre più persone pensano che «forse abbiamo oltrepassato il limite con la morte on demand»

Leone Grotti
25/01/2019 - 2:00
Società
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Bert Keizer è uno dei 60 medici della Levenseindekliniek, la clinica “Fine vita” olandese che nel 2017 ha praticato l’eutanasia a 750 persone. È abituato a recarsi a casa dei pazienti che vogliono morire ma la scena cui ha assistito l’anno scorso è inedita anche per lui. Arrivato al capezzale dell’uomo che avrebbe dovuto uccidere insieme a un’infermiera, ha trovato 35 persone che «bevevano, gridavano e ridevano. C’era un gran chiasso e ho pensato: “Va bene, e adesso come faccio?”. Per fortuna l’uomo che doveva morire sapeva esattamente come fare e all’improvviso ha detto: “Ok, ragazzi” e tutti hanno capito. Sono rimasti in silenzio, i bambini sono stati portati fuori dalla stanza e gli ho fatto l’iniezione».

«FORSE ABBIAMO OLTREPASSATO IL LIMITE»

Parlando con l’inviato del Guardian, Christopher de Bellaigue, che ha scritto un lungo articolo per spiegare che «l’Olanda ha forse oltrepassato il limite con la morte on demand», Keizer usa questo esempio per illustrare che «l’eutanasia è diventata qualcosa di normale». Nel 2002, quando la “buona morte” è stata legalizzata, morirono 1.882 persone, salite nel 2017 a 6.585. Se a questo dato si aggiunge che, sempre nel 2017, si sono suicidati 1.900 olandesi e la morte di altre 32 mila persone è stata accelerata con una sedazione terminale molto anticipata, si ricava una conclusione «impressionante»: oltre un quarto di tutte le morti (150 mila circa) in Olanda nel 2017 sono state indotte dall’uomo stesso.

Tempi a Caorle per il Premio Luigi Amicone 2023 - Chiamare le cose con il loro nome Tempi a Caorle per il Premio Luigi Amicone 2023 - Chiamare le cose con il loro nome Tempi a Caorle per il Premio Luigi Amicone 2023 - Chiamare le cose con il loro nome
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Morire in Olanda non è mai stato così facile: l’eutanasia era inizialmente riservata ai maggiorenni, ma ora è stata estesa anche ai bambini; non serve più una malattia terminale per ricevere l’iniezione letale, basta soffrire in modo soggettivamente «insopportabile» per un qualunque disagio che va dalla demenza alla depressione; se il proprio medico di base è restio a concedere l’autorizzazione, ci si può sempre rivolgere alla Levenseindekliniek e presto, il Guardian ne è certo, verrà approvata dal Parlamento la “pillola del fine vita” su richiesta per chiunque trovi la propria vita insopportabile.

IL BUSINESS DELLA COMPASSIONE

L’eutanasia è un servizio sanitario di base coperto dal premio mensile che ogni cittadino olandese paga alla propria assicurazione. È anche un business altamente remunerativo: per ogni iniezione letale praticata da un medico della Levenseindekliniek, le compagnie assicurative pagano alla clinica 3.000 euro. Il compenso è dovuto anche se il paziente cambia idea all’ultimo momento. Steven Pleiter, direttore della “Fine vita”, non ne fa ovviamente una questione di soldi, ma di «empatia, etica, compassione»: una compassione che ha fruttato alla Levenseindekliniek nel 2017 oltre due milioni di euro. Nota il Guardian: «Le compagnie assicurative preferiscono ovviamente pagare una cifra una tantum per uccidere qualcuno, piuttosto che spendere un’enorme quantità di soldi per curare una persona viva, ma non produttiva».

Nonostante meno dell’8 per cento dei medici si rifiutino di praticare l’eutanasia per ragioni di coscienza, in tanti cominciano a riaversi dalla sbornia letale. Alcuni sono rimasti turbati quando a novembre 2018 i pm olandesi hanno annunciato che per la prima volta una dottoressa sarà processata per omicidio: aveva ucciso una paziente nonostante questa le avesse fatto chiaramente intendere di non volere morire. «Aveva firmato le direttive anticipate», si è giustificata la dottoressa, ma è stata ugualmente rinviata a giudizio.

«COME POSSO CONTINUARE COSÌ?»

Altri invece hanno avuto esperienze destabilizzanti. Come Marie-Louise (nome fittizio), medico di base, che si rifiutò di uccidere con l’eutanasia un uomo affetto da demenza che aveva firmato un testamento biologico, chiedendo l’iniezione letale quando le sue condizioni sarebbero peggiorate. Negli anni «cambiò idea almeno 20 volte», anche perché «era la moglie che voleva obbligarlo». Un giorno, dopo che il marito aveva cambiato idea per l’ennesima volta, la donna entrò nello studio di Marie-Louise, battendo i pugni sul tavolo: «Se solo trovasse il coraggio! Quel codardo!».

Oggi Marie-Louise ha deciso di abbandonare la professione: quell’uomo, infatti, è stato finalmente ucciso con l’eutanasia dal dottore sostitutivo mentre lei si trovava in vacanza. Marie-Louise sapeva che il suo sostituto era un fan della “buona morte” ma non pensava che sarebbe arrivato a tanto. Ora si sente in colpa, non fa che chiedersi cosa sarebbe successo se non fosse entrata in ferie. «Come posso continuare così? Sono un medico e non posso neanche garantire la sicurezza dei miei pazienti più vulnerabili».

«SUA MADRE È MORTA MEZZ’ORA FA, MI DISPIACE»

Come lei, anche Marc Veld, pur non essendo contrario in linea di principio all’eutanasia, si sente in colpa. La scorsa primavera ha cominciato a sospettare di sua madre, Marijke: pur non essendo malata terminale, dava segnali di volerla fare finita. Marc ha cercato più volte di parlare con il suo medico, senza successo, per spiegargli perché le sofferenze della madre non erano affatto insopportabili né impossibili da alleviare. Il 9 giugno ha ricevuto una telefonata dal medico: «Mi dispiace, sua madre è morta mezz’ora fa». L’aveva uccisa lui e senza neanche avvisarlo, come previsto dalla legge. «Avrebbe potuto vivere ancora molti anni», scuote la testa Marc, roso dal rimorso e dalla rabbia.

C’è poi Berna Van Baarsen. Favorevole alla “buona morte”, aveva deciso di costruire attivamente la legge, facendosi nominare membro di una delle commissioni di controllo dell’eutanasia, incaricate di valutare i dossier che i medici sono obbligati a inviare dopo aver ucciso i propri pazienti. A gennaio se n’è andata sbattendo la porta, accusando i suoi colleghi di avere oltrepassato il limite. Continuavano a giudicare legali i casi dei pazienti che ricevevano l’eutanasia sulla base del testamento biologico, nonostante non fossero più in grado di intendere e volere. «È fondamentalmente impossibile stabilire che cosa vogliono questi pazienti, perché non possono più spiegarsi. Il tema del consenso è ambiguo. Nelle commissioni ci si nasconde dietro la legge e non ci si chiede più se è moralmente giusto uccidere delle persone in determinate condizioni».

«TUTTI VOGLIONO LA MAMMA»

Non è facile prevedere se l’Olanda abbia già raggiunto il fondo del piano inclinato o se si spingerà fino ad approvare la pillola eutanasica on demand per tutti. Di sicuro, nota il Guardian, viaggiando nel regno della “buona morte” sbandierata nel nome dell’autonomia e dell’autodeterminazione, si percepisce un paradosso:

«La pillola non dispiacerebbe a molti medici con cui ho parlato perché permetterebbe loro di ricominciare a salvare vite come prima. Ma se alcuni richiedenti dell’eutanasia si arrabbiano con i medici che rifiutano di concederla, la verità è che la gente non vuole suicidarsi con le proprie mani. Piuttosto che bere il cocktail letale, il 95 per cento di coloro che richiedono l’eutanasia in Olanda vuole che sia un medico a ucciderli. In una società che si vanta di rifiutare ogni forma di autorità stabilita, quando si tratta della morte tutti vogliono la Mamma». Tutti, cioè, desiderano che sia lo Stato ad autorizzarli e approvarli. Vogliono che qualcuno dica loro: non ti stai uccidendo, non stai facendo qualcosa di male, stai agendo per il bene.

@LeoneGrotti

Foto siringa da Shutterstock

Tags: Eutanasiaolandasuicidio assistito
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