I nostri nomi per il 25 settembre. Con una richiesta per il giorno dopo il voto

Di Emanuele Boffi
12 Settembre 2022
Tra i candidati ci sono persone degne di stima e che vale la pena sostenere, chiedendo loro una convergenza in tutti i campi, ma in particolare in tre: famiglia, educazione, lavoro
L’aula della Camera dei deputati a Montecitorio, Roma
Foto Ansa

Nessuno ci ha mai promesso che la politica ci salverà l’anima e, dunque, interpretiamo il voto del 25 settembre con la giusta dose di distacco di chi sa che, comunque vada, non sarà l’esito di un’elezione a farci guadagnare il paradiso o l’inferno (terreno e ultraterreno). Ma la politica resta una faccenda importante e appassionante che dice qualcosa di noi e di come interpretiamo il mondo.

Un voto, almeno per approssimazione, rispecchia chi siamo. E noi siamo cattolici anarcoresurrezionalisti con il pallino per la sussidiarietà, la libertà d’impresa ed educazione, il garantismo. L’appuntamento elettorale è fondamentale poi perché il momento è difficile e, dopo anni in cui ha fatto fortuna chi ha demonizzato la res pubblica pro domo sua (i 5 stelle), finalmente si ridà la parola al “popolo sovrano”.

Questo giornale ha sempre avuto una fissa: l’unità. Sia quella tra i partiti di centrodestra, sia tra chi, in quella coalizione, condivide una serie di criteri e azioni che possono essere di beneficio per tutti. La prima unità è indispensabile perché – pur all’interno di inevitabili differenze – si contrasti una visione dell’uomo ridotto alle sue voglie e desideri, una progettazione della società subalterna allo Stato, una concezione della giustizia, del lavoro, dell’educazione che lascia spazio solo al risentimento, all’assistenzialismo, all’onda mainstream.

La copertina del numero di settembre 2022 di Tempi, dedicata all’urgenza della politica in vista delle elezioni 2022Da questo punto di vista, nemmeno i partiti di centrodestra sono perfetti, anzi. Molti errori sono stati fatti, molte castronerie sono state dette, molte promesse svanite. Resta, in ogni caso, ancora oggi, una differenza con la compagine di centrosinistra. Mentre di qui, la linea d’indirizzo che mette la “persona al centro” è in sostanza condivisa o, perlomeno, non ostacolata, di là (dalle parti di Letta & Co) è avversata con una ferocia che non fa prigionieri.

Quindi, per noi, non c’è alternativa al centrodestra. Nemmeno l’operazione da laboratorio del Terzo Polo ci convince. È una simil sinistra, guidata, infatti, da due ex Pd – Carlo Calenda e Matteo Renzi – che ora si sono allontanati dai progressisti solo per motivi tattici e personali, ma con cui, fino a un giorno fa, condividevano il desco e le poltrone. Il loro proclamarsi “centristi” è un bluff utile solo a conquistare seggi da far pesare in un futuro cinico gioco di palazzo.

E veniamo alla seconda questione. Noi abbiamo sempre sostenuto che chi condivide la medesima storia e la medesima visione su alcuni grandi temi ha il dovere di stare nello stesso partito. Fino a qualche anno fa, questo è stato possibile all’interno di Forza Italia, dove Roberto Formigoni, Mario Mauro e Maurizio Lupi hanno condotto insieme molte buone battaglie e ottenuto risultati ragguardevoli in molti campi. Oggi questa unità non è più possibile – per varie ragioni che qui non dettagliamo – ed è un peccato, perché la forma è sempre sostanza e anche dall’unità «vi riconosceranno».

Ciò non toglie che, all’interno del centrodestra, vi siano persone degne di stima e che vale la pena sostenere sia in campagna elettorale sia dopo il voto, chiedendo loro una convergenza in tutti i campi, ma in particolare in tre: libertà di educazione (perché la parità scolastica sia vera parità), famiglia (difesa della vita dal principio alla fine, sostegno a chi ha figli), lavoro (basta mancette e massacro fiscale delle imprese, più politiche attive).

Fedeli al motto secondo cui “bisogna chiamare le cose con il loro nome”, faremo anche i nomi non solo delle cose, ma anche delle persone. Eccoli: Lucia Albano (Fratelli d’Italia), Raffaele Cattaneo (Noi moderati), Maurizio Lupi (Noi moderati), Lorenzo Malagola (Fratelli d’Italia), Antonio Palmieri (Forza Italia).

Oltre a loro, guardiamo con simpatia al terzetto che Giorgia Meloni ha ospitato nelle fila del suo partito (Carlo Nordio, Marcello Pera, Eugenia Roccella), a Maria Rachele Ruiu (Fdi), a Stefania Craxi (Fi) e a Gabriele Toccafondi (Iv), l’unico che nella nostra lista non corre per il centrodestra, ma che stimiamo per l’impegno sul fronte scuola. Toccafondi è per noi l’unica eccezione che conferma la regola.

Una versione di questo articolo è pubblicata nel numero di settembre 2022 di Tempi. Attenzione: di norma contenuti del mensile sono riservati agli abbonati. Se non lo hai ancora fatto, abbonati subito. Non perdere Tempi!

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8 commenti

  1. PAOLO DANESI

    Nel mio team caro Lele, sostituirei:
    OUT
    Lupi: ha giocato con l’avversario nella partita del Quirinale, in difesa ha lasciato passare la panzana della garanzia di isolare i contagiosi col green pass; nella scorsa stagione indimenticabile rivendicato autogol con le unioni civili: voto 2

    Nordio: difficile distinguerlo tra gli avversari: incitava all’uso della cattiveria con i non allineati alla narrazione Speranza, difficile credergli sul garantismo: voto 4
    IN
    Malan(Fdi): impeccabile in difesa dei non negoziabili, una delle poche spine nel fianco nel governo dei peggiori: voto 9. Vale da solo per i 2 sopra.

  2. SIMONE BORGHETTI

    Gentile direttore,
    Vedo che siamo al manicheismo assurto a dogma, dove un’astratta e ostinatissima tensione ideologica conduce a conclusioni totalmente avulse dalla realtà.
    Da questa parte, nonostante tutto, tutti i Buoni (non solo, invero, ma in fondo nessuno è perfetto). Dall’altra (ovunque) tutti (e solo) i Cattivi (qui nessuno spazio alla mediazione).
    Di qua, un campo dai toni quasi “salvifici” (…”dall’unità «vi riconosceranno»”). Di là un orda di cinici (riferimento a desco e poltrone), parassiti (riferimento a mancette e massacro fiscale), immorali (riferimento ai temi etici) statalisti retrogradi.
    Sono perplesso dalla pochezza critica di una tale argomentazione, puramente di principio, sterilmente apologetica, per nulla pragmatica ed assolutamente immemore, non dico degli ultimi 30 anni, ma nemmeno degli ultimi 3 mesi (cfr. caduta Governo Draghi).
    “…comunque vada, non sarà l’esito di un’elezione a farci guadagnare il paradiso o l’inferno (terreno e ultraterreno)”: caro direttore, leggendo questo articolo, mi sembra che nemmeno lei che le ha scritte creda in queste parole, probabilmente scritte a mo’ di captatio benevolentiae ma, nella sostanza, totalmente fuori tempo rispetto al tono da “Santa Crociata” espresso nell’articolo.
    Simone Borghetti

  3. Simone Bedini

    Caro direttore,
    condivido con lei il pallino per la sussidiarietà, la libertà d’impresa e per l’ educazione, e proprio per questo non mi sento di sostenere chi ha permesso la caduta del governo Draghi, che anche su queste cose ha basato la sua agenda di governo permettendo una crescita che da anni non ricordavamo.
    Voltare le spalle a chi stava permettendo una ripresa di risorse e di fiducia per famiglie e imprese non è stato un errore da poco. Non si può parlare di interesse per il bene comune quando il vero motivo di certe azioni, alla luce dei fatti, si rivela un piccolo interesse di parte. Così facendo ci allontaniamo sempre di più da un’azione politica come vero servizio al bene di tutti.
    Con immutata stima.

    1. PAOLO DANESI

      Gentile Simone, spesso mi trovo a discutere amichevolmente sul tema della verifica sulla base dell’esperienza e non sul sentito dire. Quali sono i fattori sperimentati sulla propria pelle per cui si può dire che il governo stava “permettendo una crescita che da anni non ricordavamo”?
      A . Il tessuto sociale distrutto, anche all’interno delle famiglie, per via di una campagna d’odio ai non allineati (“non ti vaccini, fai ammalare, e fai morire”)
      B . il credito sociale China style (green pass), ancora operativo
      C . gli insegnanti che non si sono piegati a un bullismo di Stato ridotti a stare nei sottoscala per punizione
      D . l’immobilismo sul costo energia inarrestabile da 1 anno a questa parte ben sapendo dove saremmo arrivati
      E . lo scampato “nuovo catasto” per salassare gli italiani
      F . i 150mld+ in più di debito pubblico
      G . le assurde regole covid?
      è stato un governo pari a una calamità e non riesco a capacitarmi come si possano esprimere apprezzamenti se non pensando che ormai la narrazione Brunetta supera l’esperienza diretta di povertà e angherie alla quale siamo sottoposti.

  4. ROBERTO CERESOLI

    Condivido i ringraziamenti e il consiglio di Luigi Santambrogio. Roberto Ceresoli.

  5. LUIGI SANTAMBROGIO

    Caro direttore
    da vecchio abbonato, grazie per i consigli e i nomi che ritieni i soli degni di un nostro voto. Del tutta gratuiti, invece, la sprezzo e la sufficienza con cui giudichi Carlo Calenda e Matteo Renzi, “che ora si sono allontanati dai progressisti solo per motivi tattici e personali, ma con cui, fino a un giorno fa, condividevano il desco e le poltrone”. Vabbè, viva sempre la libertà di pensiero e anche di insulto, ma ti faccio presente che anche qualche fratellino d’Italia o neocentrista da te indicato, fino a pochi giorni fa, era al tavolo di altre formazioni. Non per questo, tuttavia, io lo considero voltagabbana per “desco e poltrona” e spero davvero che tutti i tuoi candidati ottengano buoni risultati. E adesso anch’io, caro direttore, ti do un consiglio: quando argomenti di politica un po’ meno spocchia e più attenzione. Ciao
    Luigi Santambrogio

    1. Michelangelo DALLA FRANCESCA

      Io invece sono perfettamente d’accordo con Tempi specialmente per quanto riguarda Calenda, il comunista dei Parioli. Il peggio del peggio. Qualche riserva avrei per Renzi che almeno è intelligente…

      1. PAOLO DANESI

        Calenda è un autoproclamato competente, figlio di quella cultura radicale che ha nella Bonino il suo apice

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