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«Noi albanesi, la gente preferita dai Papi. Né il comunismo né la fame sono riusciti a strapparci Dio dal cuore»

Intervista all'ambasciatore di Tirana presso la Santa Sede Ardian Ndreca alla vigilia della visita di papa Francesco in Albania

Daniele Guarneri
21/09/2014 - 4:00
Esteri
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Per gli albanesi il sole sorge a ovest. Lo diceva uno scrittore per sottolineare la vocazione europea del suo popolo. E la visita di papa Francesco in Albania il prossimo 21 settembre «è un incoraggiamento a proseguire nella strada che stiamo percorrendo, con fatica ma con grande coraggio». Ne è sicuro Ardian Ndreca, da agosto ambasciatore albanese presso la Santa Sede e docente di storia e filosofia moderna presso la Pontificia università urbaniana di Roma. Lo scorso aprile, quando il primo ministro albanese, Edi Rama, aveva fatto visita a papa Bergoglio, si era parlato dell’importante cammino dell’Albania verso la piena integrazione nell’Unione Europea. Pochi giorni prima che il paese fosse accettato tra i candidati a entrarne a far parte, il Pontefice aveva accettato l’invito di Rama a visitare la nazione. La prima in Europa a ricevere Bergoglio.

«Credo che le ragioni che hanno mosso il Papa siano due», spiega a Tempi Ndreca: «Il popolo albanese ha sofferto sotto la dittatura di Hoxha, tutte le religioni erano state vietate; crollato il comunismo abbiamo sofferto la povertà, eravamo in ginocchio; poi abbiamo attraversato, anche per colpa nostra, un periodo di transizione che sembrava infinito. Oggi finalmente ci stiamo rialzando. Oltre a questo, papa Francesco ha voluto evidenziare un aspetto essenziale della nostra nazione: il fatto di essere riusciti a organizzare un governo di unità nazionale composto da musulmani, ortodossi e cattolici. Un vero esempio, oggi, di come si possa lavorare insieme, un modello di convivenza fra le diverse religioni».

Che rapporti ci sono tra cristiani e musulmani? Come vivete le differenze religiose?
Oltre il 70 per cento degli albanesi è di religione musulmana; poi vengono ortodossi e cattolici. Ma tutte le religioni sono rappresentate in parlamento. Nessuna esclusa. Può sembrare una cosa normale, ma non per l’Albania che, va ricordato, è stata il primo paese ateo al mondo. Dal 1976 la Costituzione bandiva ogni tipo di religione. Eppure, prima dell’avvento del comunismo tutte le religioni convivevano: il primo presidente della Repubblica, Ahmet Zogu, era musulmano, il suo vice cattolico. Amicizia, tolleranza e ospitalità: questi erano e sono tornati a essere i valori del nostro popolo. C’è rispetto reciproco e un dialogo continuo tra le parti che si costruisce giorno per giorno. Durante la dittatura tutto il popolo ha sofferto, cristiani ma anche musulmani. E proprio allora ci sono stati esempi stupendi di solidarietà: musulmani che aiutavano preti isolati e allontanati da tutto e tutti. Ma anche imam protetti dai cattolici. Il rispetto e la solidarietà sono valori radicati nel nostro popolo e continuamente coltivati. L’attuale governo ha promosso un dialogo fra le parti religiose per combattere qualsiasi fenomeno di fondamentalismo o oltranzismo religioso.

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Come sono viste le violenze di questi mesi in Iraq e Siria?
L’islam albanese è di tradizione europea, staccato da influssi nocivi. Potrei definirlo un islam nazionale. Gli alti rappresentanti musulmani hanno fatto appelli a tutti i fedeli perché non venga abbracciata in nessun modo la causa del fondamentalismo che vediamo in Siria e Iraq. La religione dello Stato islamico, hanno detto, non c’entra nulla con quella che viene praticata in Albania. Aggiungo inoltre che il paese fa parte della Nato e da molti anni prende parte a missioni di pace. Siamo stati in Afghanistan, in Iraq e ultimamente in Sud Sudan. Il governo ha condannato senza mezzi termini la violenza dei jihadisti dell’Isis e ha espresso la propria volontà di prendere parte a tutte le iniziative che saranno ritenute opportune da parte degli organismi internazionali.

L’Albania è l’unico paese europeo, se non consideriamo la Turchia, a far parte della Conferenza islamica.
L’Albania è membro della Conferenza islamica anche se da molto tempo non vi prende parte. È stata introdotta da un governo e da una volontà politica che non c’entrano nulla con quello che siamo oggi. Tutti i nostri sforzi – politici, sociali, economici – sono rivolti all’Europa. È quella la nostra casa naturale.

Anche Giovanni Paolo II nel 1993 visitò l’Albania. Ad accoglierlo un piccolo numero di fedeli, sopravvissuti a 45 anni di comunismo e 15 di ateismo di Stato. Oggi Francesco chi incontrerà? Com’è cambiata la comunità cristiana nel corso di questi 21 anni?
Io provengo da quella comunità. Nel 1993 la Chiesa albanese, il clero, il popolo di Dio erano molto provati da una oppressione e una discriminazione inaudite, usate dal governo comunista contro cattolici, ortodossi e musulmani. Molti sacerdoti erano stati uccisi perché avevano continuato a esercitare il loro ministero. I fedeli erano rimasti senza assistenza spirituale per decenni, sotto la pressante propaganda ateista dello Stato. I sacerdoti sopravvissuti presenti all’incontro con Wojtyla venivano da venti o anche trent’anni di prigione. Eppure c’era un grandissimo entusiasmo in quella comunità. Oggi la Chiesa albanese mantiene lo stesso entusiasmo ma la situazione è diversa, è tornata a essere presente nella vita sociale: gestisce scuole, asili, ambulatori, associazioni. E sono tornate anche le vocazioni sacerdotali. La visita di Francesco è un grande incoraggiamento per l’Albania. Il nostro futuro è l’Europa. La strada è difficile, dobbiamo fare tante riforme ma governo e opposizione hanno la volontà di collaborare per realizzarle. Il popolo albanese è pro Europa. Contiamo di farcela. Abbiamo dei crediti nei confronti della cristianità e del Continente: nel XV secolo Scanderbeg resistette per venticinque anni ai tentativi di conquista da parte delle orde ottomane. Difese l’Albania, l’Europa e i valori morali e religiosi cristiani dall’invasione turca. Molti papi lo hanno ricordato e hanno espresso la loro solidarietà per il nostro popolo e per Scanderbeg, da sempre considerato nostro eroe nazionale. Anche per questo ci sentiamo legati all’Europa.

Com’è sopravvissuto il cristianesimo in una situazione del genere?
Alcuni sacerdoti riuscivano ad agire in clandestinità, amministrando i sacramenti e rischiando di essere fucilati. Cristo è sopravvissuto nel cuore dei fedeli, soprattutto tra gli anziani che hanno conservato nel proprio cuore la nostalgia di Dio. Tra la lotta spietata del regime e questa tensione interiore dei fedeli, ha vinto la voglia di Dio. L’Albania è l’esempio vivente che non è possibile sradicare Cristo dal cuore degli uomini. Ma questo discorso vale per tutte le religioni: puoi distruggere chiese, moschee, chiudere conventi, scuole, uccidere fedeli. Ma non puoi strappare Dio dal cuore dell’uomo.

Per Giovanni Paolo II era la prima visita a uno stato della penisola balcanica. Per Francesco è la prima visita a un paese europeo. Cosa lega questi due viaggi?
Giovanni Paolo II veniva all’indomani della caduta del comunismo; Francesco dopo difficili anni di transizione. La visita di oggi come quella di 21 anni fa ci incoraggia a proseguire nella strada intrapresa, fatta di dialogo, confronto, convivenza di una realtà variopinta. E che oggi sta portando il paese a una stabilità economica, politica e sociale.

Tags: albanesialbaniaArdian NdrecacattoliciChiesacomunismocristianesimoCristianiCristiani Perseguitatiedi ramaEuropaGiovanni Paolo IIhoxhaIslamMusulmaniortodossiPapa Francescoregime comunista albaniatiranaUnione Europea
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