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Nigeria. Boko Haram e il miracolo delle chiese piene. «Padre, preferiamo morire qui piuttosto che a casa»

«È proprio vero che il sangue dei martiri è il seme dei cristiani». La testimonianza di padre Peter Kamai, rettore del seminario di Jos

Matteo Fanelli
06/07/2015 - 11:40
Esteri
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Nigeria-Boko-Haram-attentato-chiesa-ansa-ap

«Siamo rimasti scioccati dal fatto che i media occidentali non parlano della situazione dei cristiani e della Chiesa in Nigeria». Padre Peter Kamai, rettore del seminario di Jos, nella diocesi di Jalingo in Nigeria, è intervenuto venerdì a Roma venerdì 3 luglio per portare la sua testimonianza nell’ambito di un ciclo di incontri organizzati dal centro giovanile “Il Centro”, un’opera a carattere educativo situata nel centro della capitale.

LA FELICITÀ DEI PRETI. Nato in una famiglia molto numerosa, Padre Peter rimase colpito fin da piccolo dai missionari irlandesi agostiniani che evangelizzarono la Nigeria. «Quando loro sono venuti all’inizio hanno sofferto molto», ricorda il sacerdote. «Per i primi tre anni non hanno celebrato neanche un battesimo e hanno affrontato il problema della malaria. Ma sono rimasti e hanno avuto pazienza, e dopo qualche tempo hanno visto sbocciare la fede. Io ero chierichetto e andavo in giro con il parroco tra i villaggi a celebrare le messe. Ho visto la felicità negli occhi dei preti, per questo ho deciso di consacrarmi».

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L’ALIMENTO DEL RADICALISMO. Padre Peter racconta la situazione del suo paese: «54 stati, circa 7 mila tribù diverse e 2.500 linguaggi distinti, questa è l’Africa. Un continente in cui c’è una convivenza non sempre facile, anche perché molti giovani sono attratti dal radicalismo. Boko Haram significa letteralmente “l’educazione occidentale è peccato”, ed è una forma di ideologia che odia la cultura occidentale». Padre Peter tuttavia sottolinea che anche Boko Haram è frutto di una crisi innanzitutto politica, in cui l’elemento religioso viene sfruttato a fini propagandistici. «In Nigeria c’è tanta corruzione, tanta povertà e la paura che l’occidente possa imporre il suo modello: questi sono tutti temi su cui si muove l’estremismo».

IL SANGUE DEI MARTIRI. Padre Peter si sofferma molto a descrivere la condizione della Chiesa in Nigeria, che soprattutto nel nord del Paese «si trova in grande difficoltà, con tante chiese distrutte e tanti suoi membri uccisi». Racconta la storia di un catechista a cui gli estremisti hanno tagliato la gola davanti e moglie e figli per aver rifiutato di convertirsi all’Islam. «Ma la fede vince tutto. Tante persone mi dicono: “Padre, preferiamo morire in chiesa piuttosto che a casa”. Ogni domenica trovo le chiese piene di gente. È proprio vero che il sangue dei martiri è il seme dei cristiani. La Chiesa è nata con le persecuzioni e non dobbiamo mai dimenticarlo. L’ultima parola è la frase di Gesù: “Io ho vinto il mondo”. Noi in Nigeria facciamo esperienza di questo. La cosa che mi stupisce maggiormente è vedere che la gente non ha paura».

NUOVE COLONIZZAZIONI. Il sacerdote dice di essere scioccato dal fatto che i media occidentali non parlano di tutto questo, e non va tanto per il sottile quando afferma che «spesso l’atteggiamento degli occidentali sembra quello di voler importare le loro questioni da noi, come ad esempio i matrimoni gay. Ma questo non è un nostro problema, noi seguiamo quello che dice la Bibbia e questa per noi è la strada della verità. Ma alcune grandi organizzazioni arrivano fino a minacciare il taglio degli aiuti al nostro Paese se non accettiamo questo genere di modelli. Il pericolo più grave non è l’islam radicale, ma un cristianesimo tiepido. Guardiamo a cosa succede in Irlanda o negli Stati Uniti, che sono nazioni cristiane».

FEDE E RAGIONE. Padre Peter descrive anche dei rapporti tra le religioni: «In Nigeria la metà della popolazione è musulmana e l’altra metà è cristiana. Il nostro seminario è circondato da quattro moschee e in più di un’occasione gli estremisti hanno tentato di entrare per distruggere tutto. La costituzione nigeriana afferma che lo stato non può imporre una religione. Noi cristiani siamo favorevoli alla libertà religiosa, ma i fondamentalisti vorrebbero imporre la sharia perché non distinguono tra religione e politica, per loro è la stessa cosa. Anche noi cristiani in passato abbiamo pensato questo ma abbiamo fallito. Bisogna ragionare, la fede senza ragione porta all’integralismo. L’atteggiamento giusto è l’unità tra fede e ragione. Alcuni musulmani, vedendo Boko Haram massacrare le persone con tanta brutalità, si chiedono se ciò che dice la loro religione sia vero. Ma l’Islam punisce con la morte la conversione, per questo tanti hanno paura. Ad ogni modo, la strada è il dialogo con i musulmani moderati. La sfida è un dialogo nella verità, che parta dal fatto che siamo esseri umani e siamo deboli».

UN TEMPO DI GRAZIA. Ciò che permette a Padre Peter di vivere una situazione così difficile è vedere «le tante vocazioni al sacerdozio che stanno sbocciando in Nigeria. Le chiese sono piene, anche nei luoghi minacciati dalla presenza di Boko Haram. Per noi tutto questo è un dono di Dio, è una grazia e dobbiamo approfittarne. Per noi questo è un tempo di grazia, facciamo esperienza della presenza del Signore tra di noi. La vita non è un problema da risolvere ma un mistero da vivere».

@matteofanelli86

Foto Ansa/Ap

Tags: Boko HaramChiesaCristianijosNigeriapeter kamai
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