Nicaragua. «Non ho voluto tradire la Chiesa e mi hanno torturato»

Di Leone Grotti
11 Settembre 2023
Medardo Mairena Sequeira, attivista in esilio negli Stati Uniti, racconta come il regime di Ortega l'ha imprigionato per essersi rifiutato di inventare false accuse contro i vescovi cattolici
Medardo Mairena Sequeira racconta come è stato rapito, torturato e imprigionato in Nicaragua

Medardo Mairena Sequeira, leader del movimento dei contadini del Nicaragua, ha preferito farsi incarcerare e torturare piuttosto che cedere al ricatto della dittatura di Daniel Ortega: inventare false accuse contro i vescovi della Chiesa cattolica in cambio della libertà. L’attivista, che oggi vive in esilio negli Stati Uniti come tanti compatrioti, ha raccontato la sua storia ai giornali a Los Angeles, dopo aver organizzato una manifestazione di protesta davanti al consolato nicaraguense.

«Inventa false accuse contro i vescovi e sei libero»

Il potere di Ortega è così vasto, spiega Mairena, che ormai «chiunque sia anche solo percepito come suo oppositore viene immediatamente rapito, torturato e nel peggiore dei casi anche ucciso».

L’attivista non si dice sorpreso dalla persecuzione senza precedenti della Chiesa cattolica da parte del regime. Lui stesso ha patito per questo già nel 2018: «A quel tempo mi hanno preso e mi hanno proposto uno sporco affare: mi avrebbero rilasciato se mi fossi inventato false accuse contro la Conferenza episcopale. Dovevo dire che i vescovi erano gli organizzatori di un presunto golpe che non c’è mai stato», racconta.

«Io mi sono rifiutato», continua, «e per questo mi hanno torturato. Poi sono stato condannato a 16 anni di carcere. Dopo 11 mesi sono uscito grazie a un’amnistia generale e ho ripreso a fare il mio lavoro in difesa dei diritti umani».

Dal Nicaragua all’esilio negli Stati Uniti

Il suo attivismo lo ha riportato in carcere nel 2021, «quando il regime mi ha rapito di nuovo e poi condannato ad altri 13 anni di carcere». Mairena è stato rilasciato solo dopo 19 mesi di prigione ed esiliato negli Stati Uniti a febbraio insieme ad altri 222 prigionieri politici.

Altri sono stati meno fortunati di lui. «Ci sono ancora più di 80 prigionieri politici in Nicaragua, inclusi le nostre guide spirituali». Sono infatti in carcere per false accuse «cinque sacerdoti e uno dei nostri vescovi più amati», monsignor Rolando Alvarez di Matagalpa, «condannato a 26 anni di carcere solo per aver difeso i diritti umani e per il suo lavoro di guida spirituale. Lui è un discepolo di Gesù Cristo che annuncia e denuncia, come dice la Sacra Scrittura».

Il vescovo Alvarez, simbolo della resistenza al regime

Solo negli ultimi mesi il dittatore Ortega, insieme alla moglie Rosario Murillo, che ama definire i vescovi in pubblico «diavoli, figli di Satana, falsi pastori, terroristi, golpisti», ha confiscato i beni dell’Università centroamericana di Managua, requisendo l’ateneo di proprietà dei gesuiti, espulso le suore di Madre Teresa e tutte le altre religiose straniere, bloccato tutti i conti bancari della Chiesa cattolica, cacciato i rappresentanti del Vaticano, assediato le parrocchie, vietato le processioni durante la Settimana Santa, chiuso giornali e radio appartenenti alle diverse diocesi, solo per citare gli ultimi soprusi.

Il simbolo della resistenza alla repressione è proprio il vescovo incarcerato Alvarez, la cui condanna è stato commentata così dal vescovo ausiliare dell’arcidiocesi di Managua, Monsignor Silvio Báez, costretto all’esilio prima a Roma e ora a Miami: «Un odio irrazionale e sfrenato della dittatura nicaraguense contro il vescovo Rolando Alvarez. Sono vendicativi e non hanno resistito alla sua altezza morale e alla sua coerenza profetica. Rolando sarà libero, Dio non lo abbandonerà mentre loro sprofondano ogni giorno di più nella loro paura e nel loro male».

@LeoneGrotti

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