Nicaragua, persecuzione continua. Álvarez e i sacerdoti restano in carcere

Di Paolo Manzo
07 Luglio 2023
Il vescovo liberato per sole 24 ore. Il regime di Ortega continua a vessare i cattolici con la riscossioni di tasse illegali. Espulse sette missionarie
Nicaragua monsignor Alvarez
Monsignor Alvarez

Per 24 ore monsignor Rolando Álvarez, il vescovo nicaraguense ingiustamente imprigionato dalla dittatura di Daniel Ortega e di sua moglie, la poderosa copresidente Rosario Murillo, è stato un uomo libero. Addirittura, il sito nicaraguense indipendente 100% Noticias aveva confermato che un aereo di una compagnia aerea italiana era da martedì a Managua, dopo il rilascio lampo di Álvarez lunedì notte, in attesa di riportarlo con un volo diretto a Roma.

«Attualmente non ho alcuna informazione sulla liberazione del vescovo di Matagalpa Rolando Álvarez. Spero vivamente che lo vedremo presto libero grazie alla grandezza della sua fede e alla preghiera incessante del popolo di Dio. Invito tutta la Chiesa a sperare in Dio e continuate a pregare per lui», aveva scritto su Twitter Monsignor Silvio Báez, l’ex arcivescovo di Managua, dal suo esilio forzato di Miami. Più fonti diplomatiche e religiose avevano confermato a Reuters e al Confidencial che «le carceri erano prive di sacerdoti», dando per certa la liberazione non solo di monsignor Álvarez ma anche di altre cinque preti.

Purtroppo, però, le trattative tra la dittatura di Ortega, la Conferenza episcopale del Nicaragua (Cen) e il Vaticano non sono andate in porto e tutti i sei religiosi sono stati ricondotti in carcere. Il motivo? Monsignor Álvarez ha rifiutato per l’ennesima volta l’esilio e ha anche chiesto la liberazione degli altri sacerdoti incarcerati e lo scongelamento di tutti i conti delle diocesi della Chiesa cattolica. Le richieste sono state respinte da Ortega.

Sacerdoti in cella

Fonti ecclesiali e diplomatiche hanno rivelato che il Vaticano aveva inviato a Managua un rappresentante diplomatico per negoziare con il governo del Nicaragua la liberazione e l’esilio del monsignore. «L’unica circostanza in cui monsignor Álvarez accetterebbe di andare in esilio è se Papa Francesco glielo chiede o glielo ordina, e questo non è accaduto mai prima, né è accaduto nei colloqui avvenuti questa settimana con un rappresentante diplomatico della Vaticano», hanno spiegato dopo il fallimento del negoziato alcune fonti a Confidencial.

Da parte sua, il cardinale nicaraguense Leopoldo Brenes ha rilasciato una breve dichiarazione al giornalista Marcos Medina di Radio Corporación, assicurando che il rilascio del vescovo Álvarez è stata una «speculazione». E ha aggiunto che l’ultima volta che aveva parlato con lui era stato prima che il gruppo dei 222 partisse per gli Stati Uniti. «Poi non l’ho più visto. Ma non era malato, non era né iperteso, né aveva glicemia, né pressione alta, era un uomo che stava molto bene, mi dicono».

Oltre a monsignor Álvarez il regime di Ortega continua a mantenere in cella i sacerdoti Leonardo Urbina, Manuel García, entrambi condannati per “reati comuni” non meglio precisati, e padre Jaime Montesinos, accusato di «minacciare la sovranità nazionale». Rimangono detenuti in un “seminario carcerario” anche i preti Rodríguez e Leonardo Guevara, entrambi associati alla Caritas, accusati falsamente di riciclaggio dopo che il regime ha bloccato tutti i conti bancari della Chiesa cattolica in Nicaragua, circa un mese fa.

Confisca delle chiese

Lo scorso marzo, il regime di Ortega ha rotto i rapporti con il Vaticano poche ore dopo che papa Francesco in un’intervista aveva parlato del regime nicaraguense come di una «dittatura hitleriana» aggiungendo, «con grande rispetto», che il dittatore soffriva di «squilibrio mentale». Allo stesso tempo, aveva elogiato il vescovo Álvarez, che «voleva dare la sua testimonianza non accettando l’esilio».

Dopo l’arresto del vescovo, la dittatura di Ortega ha aumentato la repressione contro la Chiesa cattolica con il congelamento dei conti bancari, gli assedi alle parrocchie, il divieto delle processioni e l’espulsione di almeno 84 religiosi, tra sacerdoti e suore. Le ultime sono le sette missionarie della Fraternidad Pobres de Jesucristo, di origine brasiliana, espulse domenica scorsa. Non bastasse, da un mese il regime ha iniziato ad inviare riscossioni di tasse illegali alle parrocchie e molti temono che Ortega si stia preparando a confiscare le chiese. Alcuni preti hanno denunciato il fatto a condizione di anonimato alla ricercatrice e avvocato in esilio Martha Molina: «Tutti mi hanno detto che è la prima volta che ricevono questo salasso e hanno paura che sia il preludio per la confisca delle chiese».

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