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Natale. La nascita di un Bambino è una novità esplosiva, e il potere tenterà sempre di neutralizzarla. Come ai tempi di Erode

Tra aborto, “procreazione responsabile” e la “pietosa” eutanasia infantile, la guerra contro gli innocenti continua. Ecco perché

Annalisa Teggi
23/12/2013 - 3:00
Società
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Sarebbe stato bello avere la borsa di Mary Poppins, qualche giorno fa. Trovandomi a corto di alternative, ho portato con me a una riunione di lavoro mio figlio di tre anni, età di piena esuberanza corporea e linguistica. Mi ero attrezzata con macchinine, biscotti e succhi sperando che il mio “pinguino talebano” (è tenerissimo, ma tremendo) procurasse danni moderati, magari in un luogo appartato. Inutile. Si è piazzato al centro della scena e, ad alta voce, ha interrotto la conversazione dei presenti per raccontare certe imprese avventurose del suo pirata Lego.

È stato allora che, guardando la mia borsa, ho desiderato le risorse del formidabile accessorio di Mary Poppins per riuscire ad arginare l’esplosione in atto. Ma mi è stata data una bella lezione. Uno dei colleghi ha preso spunto dall’intromissione di mio figlio per affermare che, quando in una conversazione è presente un interlocutore interessato, l’attenzione di tutti si focalizza meglio; e ne è derivata una proposta per risolvere una delle questioni per cui ci eravamo riuniti. La mia preoccupazione contenitiva è stata messa all’angolo dalla contentezza di mio figlio.

È curioso: contenuto e contento sono parole con la stessa origine, eppure il viaggio che per entrambe è cominciato dal verbo contenere ha portato a significati molto diversi, perché variabilissimi sono i modi di trattare ciò che teniamo con noi. Io avrei voluto contenere l’energia del figlio che avevo per le mani, mio figlio era contento del pirata che aveva in mano; la mia azione parlava di porre un recinto, quella di mio figlio esprimeva una condivisione. E il mio collega ha fatto come Mary Poppins, ha guardato dalla parte giusta – quella del bambino contento.

Tempi a Caorle per il Premio Luigi Amicone 2023 - Chiamare le cose con il loro nome Tempi a Caorle per il Premio Luigi Amicone 2023 - Chiamare le cose con il loro nome Tempi a Caorle per il Premio Luigi Amicone 2023 - Chiamare le cose con il loro nome
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Perché Mary Poppins compare in risposta alla lettera dei bambini e usa quell’accessorio formidabile che è la sua borsa non come volevo fare io, cioè per disinnescare la vitalità infantile, ma innanzitutto per estrarre gli oggetti che le occorrono per abitare nella cameretta insieme a loro. Dal momento in cui lei arriva, planando dal cielo col suo ombrellino, il centro di quella dimora si sposta dal salotto alla stanza dei bambini. Sono i genitori a dover spostare gli occhi dai loro vari progetti (il lavoro in banca, la causa delle Suffragette, il rigore domestico) per accorgersi che la casa non è una scatola piena di stanze, ma un vincolo vivo di persone reciprocamente affezionate.

C’è sempre bisogno di qualcuno che si precipiti giù dal cielo per farci rendere conto che contenuto e contento possono essere sinonimi. È il mestiere di Babbo Natale, che si intrufola dal camino per donarci pacchi che ci fanno lieti. È il mistero a cui volgiamo gli occhi ogni anno a Natale: cantando Tu scendi dalle stelle e guardando la capanna di Betlemme, ci ricordiamo che la gioia venne ad abitare sotto un tetto improvvisato. Per scardinare i nostri recinti c’è bisogno dell’incursione ardita di un paracadutista che atterri nel nostro giardino con un fuoco d’artificio: nel descrivere il paradosso dell’Incarnazione, Gilbert Chesterton paragonò Dio a un brigante che scelse di minare il mondo dal basso, mettendo il suo pirotecnico esplosivo in una grotta. E ne L’uomo eterno descrisse questa sorpresa deflagrante di Dio dicendo di Gesù Bambino: «Le mani che avevano fatto il sole e le stelle si erano fatte troppo piccole per arrivare alle grosse teste degli animali». Le mani sono la miccia con cui il bambino mette in subbuglio il mondo, con esse manifesta candidamente un tratto distintivo della natura umana, e cioè il nostro essere creature relative.

Una bella stretta di mano
All’inizio del 2013 è dilagata sul web l’immagine della nascita della piccola Nevaeh Atkins. Il fatto, accaduto in Arizona, è stato immortalato dal papà, che ha scattato una foto durante il parto cesareo di sua moglie, in cui si vede la minuscola mano della bimba che spunta dal grembo materno aggrappandosi alla mano del medico che la sta facendo nascere. Nascere è una bella stretta di mano, l’inizio di quel tripudio di relazioni continue che è la vita.

Ed è nell’infanzia che l’essenza relativa dell’uomo si mostra nella sua forma fondamentale ed estrema. Se vogliamo, il bambino è proprio un estremista e un fondamentalista, rivendica il suo posto di interlocutore interessato a tutti gli interlocutori: i verbi adatti a lui sono “ridere”, “piangere”, “correre”, “afferrare”, “spingere”, le parole che usa sono “sempre”, “mai”, “mio”, “perché”, “voglio”, “ancora”. Con la voce e con le mani accende il suo contenuto, che è una materia infiammabile, perché si nutre del legame vivo con ciò che incontra.

tempi-copertina-gesu-banditoA ben vedere, gli eventi narrati dal Vangelo sul Natale contengono, oltre alla novità esplosiva che è la nascita di un bambino, anche tutti i tentativi di disinnescare un soggetto a così alta pericolosità: prima si chiudono le porte in faccia a quella famiglia, poi arriva la spada di Erode. Prima si prova a tenere fuori, poi a fare fuori.

Perché non c’era posto per loro nell’albergo. Da allora non è cambiato nulla; attorno a noi il mondo si fa sempre meno ospitale alla vita, come scrive Michael O’Brien: «L’uomo è arrivato a credere, consciamente o meno, che la salute, la fertilità, la generosità siano problemi che occorre limitare, cambiare o controllare a ogni costo» e aggiunge: «La nostra società sta costruendo un mondo in cui non ci sono più stanze. Voglio dire che ci sono sempre meno stanze nel cuore degli uomini moderni. Se il mondo sta diventando qualcosa di inadatto per i bambini, allora cambiamo il mondo, non eliminiamo i bambini, perché eliminare i bambini rende il mondo un luogo in cui è assolutamente inadatto vivere» (da L’Attesa).

Le nostre scatole troppo piccole
Certi contenuti ostentati come battaglie di civiltà non renderanno la nostra vita più contenta, perché stanno chiusi in scatole molto piccole. Scatole di preservativi, in lode alla procreazione responsabile e a estemporanei incontri senza contatto; relazioni senza vincoli relativi. Blister di pillole, in lode alla libertà della donna di fare le proprie scelte, offrendole la premura di esercitare questo diritto in perfetta solitudine. Scatole per educare i bambini, come la sex-box distribuita negli asili della Svizzera (un kit formativo per introdurre i bambini di età prescolare a conoscere tutte le declinazioni esperienziali legate alle pratiche sessuali e al “piacere responsabile” che ne deriva).

Un decreto di Cesare Augusto ordinò che si facesse il censimento di tutta la terra. Il potere fa sempre i suoi controlli e i suoi bilanci; di recente ci si è messi a fare censimenti sui medici obiettori di coscienza, quelli che negli ospedali esercitano il diritto di non praticare aborti, e ci si scandalizza che siano in aumento. Dalle colonne de L’Espresso si è anche puntato il dito contro la Regione Lombardia, che ha confermato i finanziamenti ai Centri di aiuto alla vita – quasi fossero organizzazioni terroristiche.

E alle misure contenitive si affianca la violenza della spada. «Erode ebbe senza dubbio – scrive sempre Michael O’Brien – delle importanti argomentazioni per commettere la strage degli innocenti e immagino che il motivo principale fosse la necessità di tutelare il bene del suo popolo, l’economia, la sicurezza interna del paese, tutte cose che non significano altro che la tutela della sua corona». Il caso del Belgio, in cui la legge sull’eutanasia è stata estesa ai bambini, è emblematico di quanto una spada possa camuffarsi da medicina. Si può fare una strage, proprio mentre si vuol far credere che ci si sta prendendo cura dell’uomo.

La testa fuori dalla finestra
Il contenuto muore se viene solo contenuto, cioè sigillato dentro scatole a tenuta stagna. Invece, del bravo creativo si dice che pensa out of the box; in altre parole, si sporge oltre il recinto della propria testa e guarda da vivo un mondo che è vivo. Faceva così anche il signor Pickwick, le cui avventure – ci racconta Charles Dickens – cominciano il giorno in cui, guardando la via trafficata fuori dalla sua stanza, riflette sul fatto che a molti basterebbe guardare quel via vai di uomini da dietro il vetro di una finestra: «Tali sono gli angusti criteri di quei filosofi che tenendosi paghi all’esame delle cose direttamente tangibili, non guardano alle verità che vi si nascondono. Allo stesso modo, io potrei esser soddisfatto di contemplare per sempre questa via, senza fare alcuno sforzo per penetrare nelle misteriose regioni che da ogni lato la circondano». Pickwick esce di casa con valigia, cannocchiale e quaderno degli appunti; sale su una carrozza e osserva ciò che incontra sporgendo la sua testa fuori dal finestrino di quella vettura in corsa.

Il tumulto del mondo è un grande fermento di eventi insospettabili, a cui l’uomo partecipa con la variabile altrettanto grande che è la sua libera capacità relativa. «È difficile dire se il Big Bang sia stato un bene o un male», affermava poco tempo fa Claudio Magris dalle colonne del Corriere della sera, in un articolo dedicato al valore della vita e a temi drammatici come l’eutanasia e il suicidio. Considerando la cosa in termini generali, non è affatto scontato dire che il contenuto dell’esplosione primordiale ci lasci contenti. Su questo argomento le scatole anguste della pura teoria possono offrire infinite analisi, interpretazioni e pensieri; il Creatore, invece, ha pensato out of the box. Dio mise la testa fuori dalla finestra della sua eternità, si lanciò nel mondo e fu adagiato in una mangiatoia. E fu come se l’attenzione del mondo si spostasse dal salotto degli adulti alla cameretta dei bambini.

In fondo, una bella sorpresa può essere avvolta anche in una scatola semplice e per accogliere una vita non occorre il lusso. In Finlandia il governo fornisce a ogni donna in attesa una scatola di cartone piena del necessario per accudire i neonati nei loro primi mesi di vita, e la scatola stessa può essere usata come primo letto per il bimbo. Tra le pareti altrettanto semplici di un rifugio improvvisato si udì il pianto di Gesù Bambino e quello resta l’unico scoppio vitale in grado di garantirci che per quanto difficile sia stare dentro il contenuto del Big Bang, non è solo sentimentale esserne contenti.

Il primo respiro di Oliver Twist
Dickens direbbe che, a chiunque abbia voglia di ascoltarlo, il pianto di un bambino ha sempre una storia da raccontare: «Non sono disposto a dire che venire alla luce tra quelle squallide pareti sia una fortuna, ma affermo tuttavia che nel caso particolare di Oliver Twist non sarebbe potuto accadere niente di meglio. In effetti, solo con gran difficoltà fu anzitutto indotto a respirare – operazione noiosa, ma tuttavia necessaria alla nostra esistenza. Per un poco rimase steso e boccheggiante su di un materasso, più nel mondo di là che nel mondo di qua. Orbene, se in quel breve periodo Oliver avesse avuto intorno a sé nonne prudenti, zie ansiose, infermiere esperte e abilissimi medici, sarebbe certo stato subito ammazzato. Ma non essendo presente che una povera vecchia, un po’ confusa per aver bevuto un’insolita razione di birra, la questione fu dibattuta tra Oliver e la Natura. Con il risultato che, dopo alcuni sussulti, il bambino respirò, starnutì ed informò tutti che quell’ospizio aveva un nuovo fardello da sostenere e lo fece con gli strilli più acuti che ci si potesse aspettare da un maschietto, venuto in possesso da non più di 3 minuti e 15 secondi di quell’utile accessorio che è la voce».

@AlisaTeggi

Tags: AbortobambiniCharles Dickenschestertonclaudio magriscontraccezioneerodeEutanasiafigligesùgesù bambinomichael o'briennataleNevaeh Atkinsobiezione coscienzaoliver twistvangelo
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