«Morte all’Occidente»: i talebani celebrano il ritorno al potere in Afghanistan

Di Leone Grotti
17 Agosto 2023
A due anni dalla conquista di Kabul, il paese è in crisi e i diritti umani calpestati dall'applicazione della sharia. Ma il regime islamico dialoga con gli Usa e fa affari con la Cina
I talebani celebrano il secondo anniversario del ritorno al potere in Afghanistan

I talebani celebrano il secondo anniversario del ritorno al potere in Afghanistan

A due anni dal ritorno al potere dei talebani in Afghanistan, dalla passarella trionfale dei tagliagole a Kabul e dal disastroso ritiro degli Stati Uniti e delle forze alleate voluto da Joe Biden, il paese continua a essere in forte crisi economica, la popolazione ridotta in povertà, i diritti, soprattutto delle donne, calpestati dalla fedele applicazione della sharia, mentre il terrorismo islamico ritorna in auge. Eppure il governo, per quanto non riconosciuto dalla comunità internazionale, non fatica a parlare e trattare con le più grandi potenze del mondo.

«Morte agli europei e agli americani»

Mentre gli esperti dei diritti umani dell’Onu hanno ricordato in un comunicato che quella dei «talebani riformisti» è una favola – ma ci avevano creduto solo coloro che cercavano disperatamente una giustificazione per andarsene dal paese dopo 20 anni di intervento militare – e che la persecuzione è «sistematica», la leadership islamista ha festeggiato il suo “giorno dell’indipendenza” nel modo consueto.

«Morte agli europei, morte agli occidentali, lunga vita all’Emirato islamico dell’Afghanistan, morte agli americani», hanno gridato migliaia di manifestanti nella regione occidentale di Herat.

L’Afghanistan fa affari con la Cina

La «segregazione e disumanizzazione delle donne», come denunciato da un gruppo di attiviste afghane, ha spinto la comunità internazionale a isolare l’Afghanistan, anche se in realtà «tutti stanno dando una possibilità ai talebani», per dirla con Limes.

Diplomatici americani discutono regolarmente con i rappresentanti del governo di Kabul a Doha di diritti umani, ma anche di sostegno umanitario al popolo afghano e di questioni di sicurezza.

La Cina, dal canto suo, abituata a fare affari con chiunque, pur non avendo riaperto l’ambasciata a Kabul tratta con il governo dei talebani. A inizio anno ha ottenuto l’accesso al bacino dell’Amu Darya per estrarre petrolio promettendo di investire 150 milioni di dollari all’anno e di impiegare 3.000 afghani.

I talebani imparano dal Partito comunista

Ma la collaborazione tra talebani e Cina non si ferma qui. Lunedì il viceministro dell’interno afghano ha incontrato i rappresentanti di Huawei per raggiungere un accordo sulla fornitura e installazione di sistemi avanzati di telecamere di sorveglianza in tutto il paese.

L’obiettivo, ha dichiarato Abdullah Mukhtar, è «attivare il sistema in ogni provincia dell’Afghanistan» e poter così reprimere in modo più efficace ogni forma di dissenso, come fa il Partito comunista cinese, oltre che offrire un occhio elettronico in più alla polizia incaricata di far rispettare la sharia.

Kabul torna un «paradiso» del terrorismo

Mentre i talebani fanno affari con amici e nemici, le Nazioni Unite hanno ricordato che «l’Afghanistan sta tornando ad essere un luogo di ritrovo per i gruppi terroristici per addestrarsi, organizzarsi e lanciare attacchi contro il resto del mondo».

Giustificando il ritiro dal paese, Biden aveva giurato che non sarebbe mai accaduto e che l’Afghanistan non sarebbe mai più stato una minaccia per la sicurezza americana. Il Pentagono ha confermato ad aprile che l’Afghanistan è di nuovo un «paradiso sicuro» per il terrorismo internazionale.

@LeoneGrotti

Foto Ansa

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