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L’impressionante piano della Cina per sorvegliare ogni singolo cittadino

Dopo un anno di lavoro il New York Times, attraverso documenti inediti, svela il progetto del regime comunista per riunire in enormi database tutti i dati dei suoi 1,4 miliardi di abitanti attraverso telecamere e software

Leone Grotti
22/06/2022 - 14:00
Esteri
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Telecamere di sorveglianza in Cina

Il regime comunista in Cina sta costruendo un database onnicomprensivo per schedare e monitorare ogni singolo cittadino dei suoi 1,4 miliardi di abitanti. E lo sta facendo molto più velocemente, collezionando molti più dati e utilizzando tecnologie molto più invasive di quanto si fosse a conoscenza in precedenza. È il risultato, in estrema sintesi, di un anno di lavoro dei giornalisti del New York Times che hanno analizzato oltre 100 mila contratti commerciali redatti dai governi delle 31 province cinesi per appaltare la sorveglianza a decine di aziende. I documenti sono stati raccolti e condivisi con il quotidiano americano da ChinaFile e gettano una nuova inquietante luce sullo Stato di sorveglianza cinese che ha l’obiettivo ultimo di «controllare e gestire l’intera popolazione».

Mezzo miliardo di telecamere in Cina

Il primo strumento utilizzato dalla Cina per monitorare i propri cittadini sono le telecamere di sorveglianza. Secondo gli analisti, oltre la metà del miliardo di telecamere di sorveglianza utilizzate in tutto il mondo si trova nel paese guidato da Xi Jinping. Le telecamere, dotate perlopiù di tecnologia per il riconoscimento facciale, vengono scientificamente installate nei luoghi più affollati: dalle vie dello shopping a quelle dove si trovano i principali supermercati, dai centri con i ristoranti più frequentati ai più importanti luoghi di ritrovo.

Il governo non installa le telecamere soltanto all’aperto, ma anche all’interno degli edifici. Un documento della polizia della città di Fuzhou dettaglia la richiesta di montare obiettivi nelle hall dei brand americani di hotel Days Inn, Sheraton e Marriott International. Le telecamere sono in grado di determinare e schedare non solo il volto delle persone, ma anche sesso, razza e vestiario. Secondo la polizia della provincia di Fujian, in ogni momento vengono immagazzinate 2,5 miliardi di immagini facciali. E questo per quanto riguarda una sola delle 31 province cinesi.

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I software per violare gli smartphone

Ma il regime non si ferma qui. Dai contratti si evince che tutte le province del paese utilizzano “Wi-fi sniffers” e “Imsi catchers” per sottrarre le informazioni personali di tutti i telefoni a portata di segnale. Si tratta di software che, dislocati dovunque, possono non solo determinare in ogni momento dove si trovi il proprietario del telefono, ma anche identificarlo.

Inoltre, sfruttando la bassa percentuale di smartphone dotati di sistemi di sicurezza, sono in grado di individuare le app installate, schedando così interessi e abitudini dei proprietari. Secondo un contratto firmato dalla polizia di una contea del Guangdong, un obiettivo esplicito è individuare chi ha scaricato un’applicazione che traduce il cinese dall’uiguro. Dal 2017 la Cina ha arrestato e rinchiuso in centri di rieducazione attraverso il lavoro almeno 1,5 milioni di uiguri, sottoponendoli in molti caso al lavaggio del cervello e al lavoro forzato.

Dna, iride, timbro della voce

Poiché però il volto di una persona è soggetto al cambiamento nel tempo, il regime comunista ha iniziato a raccogliere anche dati biometrici più specifici di ogni singolo abitante, come il Dna, l’iride e il timbro della voce. Quest’ultimo viene spesso raccolto attraverso appositi registratori di cui le telecamere di sorveglianza sono dotate e che funzionano fino a 100 metri di distanza.

Per quanto riguarda la schedatura dell’iride e del Dna dei cinesi in un unico database, nel 2014 è partito un progetto pilota nell’Henan. Dopo soli otto anni, simili progetti sono stati sviluppati in 25 province su 31.

La Cina è un «totalitarismo digitale»

L’obiettivo finale di questo enorme sforzo di sorveglianza è costruire un database nazionale che contenga vita, morte e miracoli di ogni singolo cittadino della Cina, identificabile in ogni istante e dal più piccolo particolare. Al momento però, come rivela un contratto redatto dal ministero per la Pubblica sicurezza, l’enorme quantità di dati raccolta non è ancora stata centralizzata, ma è dislocata nelle diverse province.

Se si aggiunge a questo progetto l’enorme potere acquisito dalle autorità durante la pandemia di Covid-19 per bloccare i movimenti dei cittadini grazie al “codice Qr sanitario”, si capisce perché la Cina è già diventata un «totalitarismo digitale».

@LeoneGrotti

Foto Ansa

Tags: Cinapartito comunista cinese
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